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Finestra profana sugli Arcana Arcanorum

Finestra profana sull'Arcana Arcanorum


Cosa sono gli Arcana Arcanorum? Una ritualità teurgica che fonda le basi sulla magia eonica? Un rituale d’invocazione angelica rivolto ad una singola creatura celeste o ad un insieme di queste, mediante l’ausilio di talismani o sigilli? Un percorso di alchimia interiore? Una serie di tecniche di trasmutazione totale?

Non disponendo di una risposta esaustiva possiamo andare per ordine e cercare di capirci qualcosa.

Chi s’interessa o si è occupato di esoterismo e vive nel napoletano, ha sentito sicuramente parlare di Arcana Arcanorum, insegnamenti ermetici, ma se non ha esperito una ricerca meticolosa, non ha potuto beneficiarne, perché poco è stato scritto o divulgato in merito.

Arcanum è un sostantivo neutro del latino e deriva da arca, cassa, e significa segreto.
Il suo nominativo plurale è arcana, mentre il genitivo plurale è arcanorum e da qui Arcana Arcanorum, “i segreti dei segreti”.

I precetti di questo impenetrabile sistema, come da classica tradizione orale della scuola ermetica napoletana, sono stati propagati da bocca a orecchio, ma sono stati anche trasmessi mediante scritti realizzati da allievi di un ristretto cenacolo di ermetisti che ha conservato e divulgato la tradizione alchemica partenopea e ha coniato la definizione di “Scala di Napoli”, che, per certi versi, richiama alla mente la Scala di Giacobbe.

Per Scala di Napoli s’intende un percorso evolutivo che necessita, operativamente, del corpus rituale degli Arcana Arcanorum per ambire all’Ascenso iniziatico, che potrebbe significare l’alchemica trasformazione, lo sviluppo dei propri poteri, il superamento degli squilibri, delle passioni e dei difetti.

Nella città di Napoli, affacciandosi da un’immaginaria finestra posta nei pressi di un piccolo spiazzale, lungo Spaccanapoli, si scorge una stupenda ed espressiva prospettiva che potremmo immaginare come Arcana Arcanorum. Lo spiazzale denominato largo Corpo di Napoli ospita la statua del dio Nilo e testimonia gli scambi culturali degli abitanti con le antiche comunità egizie.

Collegando il Corpo di Napoli con il convento di San Domenico e con il Palazzo di Sangro, si ottiene una sorta di triangolo magico ed energetico legato all’antica tradizione egizia e che, ancora oggi, è probabilmente pregno di energia occulta. La connessione tra i tre punti, oltre a essere simbolica, era anche reale perché questi erano uniti tra loro mediante cunicoli sotterranei.

Presso il convento di San Domenico dimorò Giordano Bruno, il quale, oltre a pensare che la religione egizia fosse preliminare a quella cristiana, perorava la fusione delle dottrine. Il palazzo di Sangro, oltre a essere dimora del Principe, ospitava l’alchimia e l’ermetismo. Il Corpo di Napoli, che aveva custodito il fulcro della religione egizia, il tempio d’Iside.

Questo triangolo geografico, oltre ad accogliere il nolano Bruno, fu frequentato dal già citato Principe di Sangro e dal Conte di Cagliostro, che all’interno di tale perimetro ebbero la possibilità di confrontarsi con quel gruppo di ermetisti e occultisti napoletani che custodiva le arcaiche tradizioni alessandrine, anello di congiunzione, appunto, tra le tre succitate figure di intellettuali.

L’affermazione di Cagliostro

Ogni luce viene dall’Oriente, ogni iniziazione dall’Egitto

fornisce ampi spunti di riflessione, da farsi, però, in altro momento. Il Conte fu iniziato a Napoli, gli furono rivelati i segreti egizi ed ebbe la ventura di ricevere un arcano manoscritto che sembrerebbe esser stato la base della ritualità esoterica egizia. Nel caso in cui questo dovesse corrispondere a verità storica, significherebbe che il capoluogo campano, e nella fattispecie, il triangolo succitato, sia da considerarsi il luogo d’origine dell’esoterismo occidentale.

Qualora fosse, bensì, vera la tesi che vedrebbe nel Conte di Cagliostro e il Principe di Sangro due gemelli eterozigoti, non uguali tra loro, ma mossi dall’analoga sete di conoscenza, allora sarebbe corretto dire che questi avrebbero attinto l’antica sapienza dalla stessa fonte sapienziale, dal medesimo Antico Ordine Egizio, anche se in modo differente.

Questa teoria certificherebbe l’esistenza di Arcana Arcanorum prettamente napoletani e di altri, invece, legati al Conte di Cagliostro, frutto degli insegnamenti ricevuti dal suo Altothas, quella figura immateriale racchiusa nel contesto ermetico arcaico presente nella sua formazione.

Cagliostro, anche grazie alla sua formazione esoterica, si convinse ed affermò che il fine del messaggio dell’Antico Ordine Egizio fosse la rigenerazione fisica e spirituale dell’uomo, il ripristino, mediante il lavoro iniziatico, dello stato antecedente la rovina cagionata dal peccato originale.

Il Conte, allo scopo di riappropriarsi dell’iniziale innocenza, si sottoponeva alle quarantene, i digiuni della durata di quaranta giorni, nei quali s’impegnava, mediante pratiche e segreti ermetici, a realizzare la purificazione o perfezione fisica e morale. Questi periodi conosciuti come “quaresime iniziatiche di Cagliostro” richiamano alla mente la rigenerazione presente nell’iniziazione isiaca.

Il Principe Raimondo di Sangro, oltre a essere esperto di esoterismo e competente di cabala, era anche inventore, scrittore e letterato. Grazie ad un cospicuo percorso spirituale, celò e trasmise, con grande acume, mediante le sue sculture, la simbologia dei segreti iniziatici. In materia di simbologia, senza soffermarci sul Cristo Velato, che merita una trattazione esaustiva a parte, possiamo occuparci della statua che raffigura Cecco di Sangro. Dove questi, prima scomposto in sette pezzi, esce dalla tomba, spada in pugno, coadiuvato da due grifoni e da un’aquila stringente tra gli artigli delle folgori. Nell’osservare con attenzione tale statua, si pensa, spontaneamente, ai miti di resurrezione e ai Misteri Osiridei.

Don Raimondo di Sangro Principe di San Severo è ritenuto il vero padre della tradizione egizia partenopea, in quanto continuatore della cultura egizio – pitagorica, custodita da secoli in città, da un cenacolo di iniziati in possesso di corpose e provate nozioni operative risalente agli alessandrini del Tempio d’Iside, che apprese e tramandò il “Segreto delle Piramidi”, cioè la vera fonte degli Arcana Arcanorum, ovvero le tecniche di mutazione alchemica, realizzate, appunto, dal Principe.

A proposito poi di Arcana Arcanorum, vertice dell’iniziazione misraimita, non è un’idea peregrina collegarli ai rituali di rivitalizzazione del Medio Regno Egizio descritti nel ‘Libro dei morti’. Più specificamente, non sarebbe errato riflettere sugli eventuali parallelismi esistenti tra gli Arcana Arcanorum e la dottrina iniziatica egizia del “Libro di ciò che è nell’Amduat”, ciò che persiste nell’aldilà.

Karl Lepsius, grande egittologo tedesco, studiò, tra i tanti argomenti, le invocazioni e gli incantesimi che, secondo la credenza, avrebbero consentito al defunto di rinascere; ciò farebbe pensare che il vero significato del ‘Libro dei morti’ sarebbe quello di fornire gli strumenti atti a permettere la vita.

A Raimondo di Sangro si riconosce anche il merito di aver creato e promosso, assieme al suo cenacolo iniziatico, un’arcana scuola, fucina dell’insieme di quelle teorie o pensieri ermetici denominati Scala di Napoli che affondava le radici nell’insieme d’insegnamenti atti a richiamare alla mente l’antico simbolismo greco, la sibilla di Cuma, gli Eleusi, il Pitagorismo, i culti misterici e quelli alessandrini attivi nel Tempio d’Iside.

Lo studio di un’alchimia in armonia con la mistica e la scienza, la ricerca filosofica e della luce perpetua, gli insegnamenti operativi insiti nel nodo egizio napoletano furono, nel tempo, serbati e trasmessi da vari personaggi, tra cui Vincenzo di Sangro, figlio di Raimondo, Paolo d’Aquino Principe di Palena, Pietro d’Aquino Conte di Caramanico, Pasquale de Servis, Domenico Bocchini, Filippo Lebano, Giustiniano Lebano.

Sarebbe impossibile trattare adeguatamente tutti gli iniziati che ebbero la fortuna di conoscere e trasmettere gli Arcana Arcanorum. Una sommaria descrizione può dare l’idea dello spessore esoterico di custodi e divulgatori dei segreti della tradizione napoletana.

Anche se vissuti in periodi diversi, si potrebbe affermare che il Bocchini, Giustiniano Lebano e De Servis fecero parte dello stesso nodo esoterico o comunità iniziatica, quello stesso gruppo d’iniziati napoletani che prima entrò in possesso dell’antica sapienza ermetica e poi la trasmise a chi fu reputato idoneo ad apprenderla e divulgarla. Con le dovute distinzioni, anche Ciro Formisano, alias Giuliano Kremmerz, edificò fondamenta e struttura portante di una pregevole conoscenza ermetica.

Domenico Bocchini, alias Geronta Sebezio, ma anche Nicodemo Occhiboni o vecchio del Sebeto, conosceva bene l’ebraico, il greco e il latino. Era un grande ermetista e aveva arcane e antiche conoscenze tramandate dal Principe di Sangro e da Cagliostro. Esponente di rilievo nelle lotte risorgimentali, si distinse per l’acume dimostrato nella stesura del canto ‘L’inferno’, in cui derideva con palesi allusioni, le opere di modesti scrittori. Attirò su di sé l’attenzione per la stesura del canto ‘Il Congresso delle Ombre’, che conteneva verità e simbolismi di grande levatura. Mediante il settimanale Geronta Sebezio avviò il processo che avrebbe portato al filone ermetico. Condusse lungo uno specifico percorso, un gruppo d’iniziati, che, spinto dal bisogno di trasmettere la scienza ermetica e dal desiderio di far conoscere le energie arcane, sarebbe stato il germe dell’Ordine Osirideo Egizio.

Filippo Lebano, padre di Giustiniano, uomo di ampia cultura esoterica e umanistica, fu un importante membro del cenacolo esoterico cittadino e ricoprì incarichi apicali negli ambienti iniziatici. Si dedicò all’arcana tradizione egizia, frequentò la Scala di Napoli, conobbe Domenico Bocchini e, pur appartenendo ad una differente corrente ermetica, ebbe con questi corposi scambi sapienziali. Nobile di nascita, aveva un rilevante spessore esoterico, umanistico e culturale, e diventò archivista e bibliotecario di Don Gerardo di Sangro, Principe di San Severo.

Pasquale de Servis, ritenuto figlio naturale di Francesco I di Borbone, ermetista di grande levatura, dotto in magia, custodì e trasmise la tradizione della Scala di Napoli e gli Arcana Arcanorum. Oltre a questa tradizione, proveniente dalla Francia, apprese e preservò gli arcani insegnamenti di Eliphas Levi. Seguace della scuola alchemico-occulta di Raimondo Di Sangro conosceva, forse, gli arcani magici dell’ordine osirideo.

Di Giustiniano Lebano, dei marchesi di Lustra Cilentano, molto si è detto e altrettanto si è letto, ma merita menzione la sua conoscenza della Magia Trasmutatoria. Dopo aver appreso da suo padre Filippo le conoscenze trasmesse da Domenico Bocchini, custodì la tradizione iniziatica napoletana della Scala di Napoli. Per comprendere lo spessore culturale ed esoterico, basterebbe leggerne il testo ‘Dell’inferno. Cristo vi discese colla sola anima o anche col corpo?’ in cui l’autore, avvocato, evidenziava la natura esoterica dell’insegnamento di Cristo e commentava il pensiero che si era fatto in merito al viaggio del Redentore negli inferi, uno degli artefici del martirio di Giordano Bruno, il Cardinale Bellarmino.

Per concludere e volendo rendere comprensibile a chi legge, l’argomento Arcana degli Arcani, bisognerebbe citare Socrate e far riferimento al dialogo riguardante la morte e l’anima. Il filosofo greco riuscì, infatti, attraverso la ragione, a far comprendere che le anime dei defunti, anche dopo la morte, continuerebbero a vivere in un altro “luogo”.
Egli dichiarò, inoltre, che tutto ha il suo opposto, il cattivo è l’antitetico del buono, il giusto quello dell’ingiusto e ogni cosa, a sua volta, trae origine dal proprio contrario.

In tutto, poi, c’è una sorta di pausa di generazione, cioè: dal minore al maggiore intercorre l’accrescimento, dal grande al piccolo la diminuzione. Nel primo caso si dice accrescere, mentre nel secondo diminuire. Questo principio vale anche per il congiungersi e il separarsi, lo scaldarsi e il raffreddarsi, ecc. Esiste, quindi, sicuramente il contrario di vivere, che è morire, pertanto vita e morte sono generate una dall’altra, perché contrarie tra loro e ognuna di esse dipende dalla propria generazione. Per rendere più comprensibile il concetto possiamo anche citare come opposti il restar sveglio e il dormire, dove l’esser desto genera l’addormentarsi e l’assopirsi il risvegliarsi.

Quindi, se morire è l’opposto di vivere, se dalla vita nasce la morte, allora, l’estinguersi genera la rinascita. Se questo assioma è vero, esso rappresenta un buon motivo per credere, quindi, che le nostre anime continuino a “vivere” anche dopo la morte.
Se, a sua volta, questo corrisponde a verità, allora rappresenta, altresì, una buona ragione per credere che il nostro apprendere, non è altro che il ricordo delle cose “Arcane” e archetipali.

Autore Domenico Esposito

Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.

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