Garavaglia, Baffi e Forte: ‘Il dono della vita va sempre tutelato’
Riceviamo e pubblichiamo.
Si è tenuta oggi la seduta congiunta della Commissione II Affari istituzionali ed Enti locali, presieduta dal Consigliere regionale Matteo Forte e della Commissione III Sanità, presieduta dal Consigliere regionale Patrizia Baffi, relativa al suicidio medicalmente assistito: non è stato approvato il documento ed è stata votata una relazione negativa, da trasmettere all’Aula.
Christian Garavaglia, capo gruppo FDI in Consiglio regionale, ha così commentato:
La votazione ha espresso chiaramente una posizione convergente di diverse sensibilità sulle posizioni già espresse a suo tempo da Fratelli d’Italia rispetto al fine vita.
Permangono, infatti, criticità su aspetti tecnici e giuridici nonché di competenza, oltre a valutazioni che poniamo dal punto di vista etico e culturale: Fratelli d’Italia ha sempre scelto la difesa e la cultura della vita e le risposte non si possono trovare esclusivamente all’interno di un iter terapeutico o di procedure medicali.
Siamo per il supporto ai pazienti gravemente ammalati attraverso procedure già in essere presso le stesse ASST. La terapia del dolore e le cure palliative sono e rimangono gli strumenti affinché sia il malato che i propri famigliari possano pienamente accedervi al fine di lenire le sofferenze. Queste sono le nostre priorità.
Il Presidente della III Commissione Sanità, Patrizia Baffi, ha commentato:
Da un punto di vista tecnico e normativo, dopo l’iter che ha visto numerose audizioni, con differenti realtà e soggetti, che hanno rappresentato le proprie posizioni al riguardo, abbiamo con massima trasparenza e chiarezza affrontato, sotto diversi profili e contenuti, i vari punti del progetto di legge, dando ascolto e presenza ai tanti punti di vista.
Come peraltro evidenziato in più audizioni, abbiamo sempre sostenuto sia la difesa del bene vita così come il pieno e totale supporto ai malati, attraverso servizi e percorsi che già le Aziende Socio Sanitarie Territoriali prevedono, rivolti alla terapia del dolore e alle cure palliative.
Il Presidente di Commissione II e relatore di maggioranza, FDI, Matteo Forte, ha evidenziato:
La posizione che sempre abbiamo sostenuto è che tale provvedimento non sia di competenza regionale e, quindi, vi è una pregiudiziale di costituzionalità.
Tra i docenti di Diritto costituzionale, infatti, vi è la sottolineatura del fatto che la sentenza n. 242 del 2019 è intervenuta a dichiarare parzialmente illegittimo l’art. 580 del codice penale relativo all’agevolazione dell’esecuzione del proposito suicidario.
Peraltro, in materia di suicidio assistito la Corte non parla di un diritto alla prestazione garantito da parte dello Stato, come emerso in alcune audizioni.
Inoltre, rispetto all’esigenza di un controllo sull’effettiva esistenza delle quattro condizioni previste dalla 242 del 2019 affidato alle strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale, come ha spiegato anche la DG Welfare nel corso della sua audizione, la valutazione clinica per certificare la sussistenza di quelle condizioni è un qualcosa che già avviene in virtù della stessa pronuncia della Corte senza bisogno di alcuna legge o determina di Giunta.
Com’è stato osservato in dottrina, la PDL regionale in materia di suicidio assistito presenta, quindi, vizi di competenza “per ciò che essa disciplina e non già per come disciplina il suo oggetto”.
In questa argomentazione è assorbita evidentemente anche la questione circa la cosiddetta “cedevolezza invertita”, ovvero quella secondo cui è possibile prevedere una sorta di supplenza regionale fintantoché non intervenga la legge statale.
Del resto, non appare sufficiente a giustificare un intervento normativo regionale nemmeno l’esigenza di un controllo sull’effettiva esistenza delle quattro condizioni previste dalla 242 del 2019 affidato alle strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale.
Nel merito, è la stessa Corte costituzionale ad aver dato una risposta all’esigenza di una chiara norma statale, cui quella regionale può eventualmente fare riferimento, intervenendo in un caso analogo.
Quando, infatti, la Regione autonoma del Friuli-Venezia Giulia legiferò sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, le cosiddette DAT, prima del relativo intervento del Parlamento nazionale, la sentenza n. 262 del 2016 sancì: «una normativa in tema di disposizioni di volontà relative a trattamenti sanitari nella fase terminale della vita […] necessita di uniformità di trattamento sul territorio nazionale, per ragioni imperative di eguaglianza».
Serve, dunque, «una specifica legislazione nazionale, la cui mancanza, però, non vale giustificare in alcun modo l’interferenza della legislazione regionale in una materia affidata in via esclusiva alla competenza dello Stato».