Baffi e Forte: ‘Su fine vita il servizio sanitario fa già un lavoro prezioso’
Riceviamo e pubblichiamo dall’Ufficio Stampa del Consiglio regionale della Lombardia.
Si è tenuta oggi la seduta congiunta delle Commissioni Affari istituzionali ed Enti locali, presieduta da Matteo Forte, e della Commissione Sanità, presieduta da Patrizia Baffi, durante la quale sono proseguite le audizioni sul progetto di legge di iniziativa popolare relativa sul suicidio medicalmente assistito.
I Presidenti Forte e Baffi, FdI, hanno dichiarato:
Continua come da cronoprogramma l’analisi e l’approfondimento della proposta di legge di iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito.
Il funzionario della Direzione Generale Welfare di Regione Lombardia, intervenuto oggi, ha fatto luce su alcuni passaggi fondamentali interessati dalla stessa proposta di legge, dimostrandosi oltretutto complementare a quanto contenuto nel parere legislativo illustrato nel corso della precedente seduta delle Commissioni congiunte.
Innanzitutto, ha chiarito le procedure: dopo la decisione del 2019 della Corte Costituzionale, le domande di applicazione della sentenza vengono indirizzate alla ASST territorialmente competente, che ha un ruolo effettivo nella valutazione delle condizioni cliniche e in quella della reale capacità di offerta da parte della rete delle cure palliative e della terapia del dolore.
Il tutto in un lasso di tempo congruo, individuato nei 90 giorni.
Come emerso anche a fronte delle domande dei Consiglieri, il servizio sanitario regionale lì si deve fermare. Infatti, nessuno che opera al suo interno può garantire modalità per l’assistenza al suicidio, non essendo stato riconosciuto alcun diritto all’erogazione.
La sentenza n. 242 del 2019, infatti, come ha definitivamente chiarito la scheda tecnica già illustrata dal servizio legislativo del Consiglio regionale, non fissa alcun diritto per il paziente, ma individua semmai una circostanza scriminante per l’autore materiale dell’assistenza al suicidio.
La valutazione delle condizioni cliniche del malato da parte di ASST è dunque funzionale a certificare l’esistenza di quella circostanza scriminante. Ma non solo.
Il ruolo fino ad ora svolto dal nostro servizio sanitario regionale è fondamentale, perché fa qualcosa di più: delle 10 richieste fino ad ora pervenute da tutta la Lombardia a partire dal gennaio 2023, 2 si sono dimostrate non rientranti nei criteri fissati dalla Corte, ma ben 3, dopo la presa in carico da parte di ASST e dopo che gli interessati se ne sono convinti, sono state indirizzate verso le cure palliative.
Queste, infatti, sempre secondo la pronuncia della Consulta ribadita anche nella sentenza 135 del 1° luglio scorso, sono prerequisiti ai quali le strutture sanitarie non devono mai rinunciare, offrendo così ‘sempre al paziente medesimo concrete possibilità di accedere a cure palliative diverse dalla sedazione continua, ove idonee a eliminare la sua sofferenza sì da porlo in condizione di vivere con intensità e in modo dignitoso la parte restante della propria esistenza’.