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Fine delle vacanze, cambio vita e mollo tutto

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Cambio vita


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Quello del ‘cambio vita’ è un fenomeno diffuso, particolarmente in crescita negli ultimi anni, sintomo di una soggiacente delusione per la routine quotidiana

Le vacanze sono una generosa occasione per uscire dal quotidiano e avvicinarsi al’autenticità di luoghi che offrono l’opportunità di assaporare il piacere di ritrovarsi fuori dalla caotica stressante routine.
Un toccasana a breve termine, che si interrompe lasciando l’amaro in bocca al rientro nel turbinio della vita ordinaria.

Immergersi nella rilassante pace di piccoli centri con vista sul mare o su splendidi panorami di montagna è la terapia contro il logorio della vita moderna. Ritornare alle tradizioni riproposte da fiere locali, processioni, feste di paese con musiche dal vivo nella piazza centrale e nelle viuzze circostanti, al suono di fisarmoniche con accompagnamento di chitarre, mandolini e l’immancabile tamburello, prescindendo dai dirompenti ritmi rockettari, hip hop, rap, trap.

E ancora… le antiche trattorie, ormai scomparse nelle grandi città e nei sobborghi, dove assaporare la cucina casalinga, che propone piatti ogni giorno sempre diversi, dipendendo da ciò che offre il mercatino locale.

Cenare all’aperto nelle tiepide sere d’estate, sedie impagliate e tavoli in legno massiccio dalle tovaglie a quadri rossi e bianchi, al di sotto di pergolati ricoperti di viti rampicanti, glicine, edera, gelsomino, che ascendono da radici ancorate alle strutture del casolare.

Allegoria di un tempo che fu, riproposto senza soluzione di continuità, il quale, nonostante il progresso vertiginoso della contemporaneità, non scompare e riemerge, aprendosi un varco che spacca la cronologia dei tempi moderni, con rintocchi di memorie verso la semplicità a cui più nessuno è abituato, distratto dalla ricerca di un continuo divenire, senza un preciso fine ultimo.

Un tempo ciclico reiterato dal battere delle campane che il campanile del borgo diffonde in ogni direzione, a scandire il tempo per richiamare a ciò che segue nei giorni vissuti uno dopo l’altro, dove tutto ritorna al debito tempo e, nel fare quotidiano, tutti sanno sempre dove andare, senza ricerca spasmodica di qualcosa di indefinito pur di dare senso ad una aleatoria ulteriorità.

Quante volte è affiorato il pensiero:

Mollo tutto e me ne vado, voglio vivere una vita nuova…

sintomo sempre più diffuso di una profonda insoddisfazione, nonostante che il centro dell’attenzione sia il benessere, il desiderio di vivere una condizione di vita agiata, prevalentemente non lussuosa ma per meglio stare.

Ecco invece che l’avvicinamento, seppur temporaneo, alla semplicità, fuori dal caos cittadino, dalla spasmodica stressante routine, fa riemergere il desiderio dell’autenticità, riappropriandosi di una vita più conforme alla naturalezza di un contesto di vita scevro dalla frenesia, considerando con maggior profondità il ritorno al passato, per volare in una società meno competitiva, cedendo il posto alla concretezza, ricercando lavori del passato, artigianali, antiche tradizioni, rimbalzando verso la ruralità un tempo fugata.

Una ricerca su un campione di circa mille lavoratori, condotta dalla società di recruiting Hays Italia e dal centro medico Serenis (fonte: “Analisi Hays Italia e Serenis: “Mollo tutto e cambio vita”), ha rilavato che il ‘cambio vita’ è più che una semplice idea.

Circa un lavoratore su dieci ha già pianificato il balzo, ed entro un anno sarà pronto a lasciarsi alle spalle il passato, e il 25% ha invece intenzione di fare il salto più avanti, in relazione all’evoluzione della situazione personale che potrebbe far cambiare idea.

Numeri che testimoniano un senso di infelicità diffuso tra i lavoratori, tanto che quasi quattro su dieci si ritengono insoddisfatti del loro attuale lavoro, solo il 28% è invece pienamente appagato, e quasi sei su dieci pensano almeno una volta a settimana, di dare un taglio all’attuale vita per una totalmente diversa.

Molte le ragioni del cambio vita, che riguardano sia la sfera lavorativa che quella privata, quali la felicità, indicata da sei lavoratori su dieci come molla principale che fa scattare il desiderio di provare qualcosa di nuovo, insieme all’esigenza di migliorare la qualità della vita, 57%, avere più tempo a disposizione con ritmi meno frenetici, 54%, e ridurre lo stress, 44%.

Ci sono altresì motivazioni più personali, come seguire le proprie passioni, ritrovare sé stessi, la voglia di vivere a contatto con la natura o far vivere i figli in ambienti più sani.

Per la maggior parte dei lavoratori, comunque, il cambio di vita resterà solo un sogno nel cassetto: la paura di fallire e di rimetterci a livello economico, per il 50% degli intervistati, e l’impatto che potrebbe avere sulla famiglia, per il 47%, in particolare su figli e partner, sono le principali barriere che frenano gli italiani.

Una forte spinta al cambiamento verso il nuovo, arriva dalle esperienze dirette di persone tra i conoscenti che hanno avuto il coraggio di sperimentare il ‘Piano B’.

Secondo gli intervistati, solo il 6% degli amici che ha fatto il grande passo nel nuovo progetto di vita si è poi pentito, e solo il 4% è tornato indietro. Quasi tre quarti sono invece soddisfatti o addirittura entusiasti della loro scelta.

Tutti elementi che, insieme ad una diffusa insoddisfazione del proprio lavoro, fotografano una società sempre più lontana dalle esigenze dei cittadini e dei lavoratori.

Un senso di inadeguatezza soggettiva, presupposto della sensitività al disordine che, in qualche modo, è provocato da un fondo di delusione per non avere riscontrato le aspettative riposte all’inizio di un percorso lavorativo o di una carriera, che, seppur realizzate, non appagano il bisogno di naturalezza e le nostalgie conseguenti all’alienazione della tranquillità, ricorrendo così all’abbandono, anche solo a fasi intermittenti, di un contesto che non lascia spazio al fondamento al quale tutti siamo, inevitabilmente e sostanzialmente, umani più o meno desiderosi di un migliore equilibrio vita – lavoro e di un tocco di semplicità.

Autore Adriano Cerardi

Adriano Cerardi, esperto di sistemi informatici, consultant manager e program manager. Esperto di analisi di processo e analisi delle performance per la misurazione e controllo del feedback per l’ottimizzazione del Customer Service e della qualità del servizio. Ha ricoperto incarichi presso primarie multinazionali in vari Paesi europei e del mondo, tra cui Algeria, Sud Africa, USA, Israele. Ha seguito un percorso di formazione al Giornalismo e ha curato la pubblicazione di inchieste sulla condizione sociale e tecnologia dell'informazione.