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Feste, Farina e Festival

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Quando si dice Napoli a Venezia

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Quando passano diversi mesi dal Festival di Sanremo, ma tristemente per qualcuno anche il giorno dopo, si fa fatica a ricordare chi fossero i protagonisti, i vincitori, persino i presentatori della kermesse

Questo nonostante il Festival rappresenti un evento mediatico di proporzioni stratosferiche. A volte, fscossaorse, proprio l’eccessiva quantità di informazioni ne determina un effetto calderone nel quale tutto poi appare confuso, perdendosi tra presentatori, cantanti, ospiti edizioni e vallette, pardon copresentatrici.

Il festival di Venezia, che chiaramente si occupa di cinema e non di canzoni, ahimè, soffre un effetto ancor più anonimo. Se non si è addetti ai lavori od amanti del cinema, il festival del Cinema di Venezia non ha, appunto, per il pubblico “normale”, le grandi platee, insomma, la vetrina che meriterebbe. O no?

Mi viene da pensare alla notte degli Oscar che il pubblico segue, nel suo evento televisivo/mediatico, soprattutto perché è particolarmente apprezzato lo spettacolo televisivo costruito intorno all’evento Oscar.

“Diceva di essere nervoso per questi Oscar e infatti Neil Patrick Harris ha fallito la sua missione al Dolby Theater. La serata negli Usa è stata seguita da 36,6 milioni di spettatori, (36 milioni, capito o no???) il 16% in meno rispetto al 2014 (43,7 milioni): gli ascolti più bassi degli ultimi 6 anni…” Dagospia

Ma ci rendiamo conto che le cifre sono ben lontane, per l’attenzione del pubblico, a quelle del Festival nostrano.

http://movieplayer.it/news/cielo-ottimi-ascolti-per-la-notte-degli-ocar_34078/

https://blog.screenweek.it/2014/03/oscar-2014-ascolti-da-43-milioni-e-il-miglior-risultato-degli-ultimi-10-anni-333062.php

Per questo motivo, probabilmente, è più facile che si ricordi chi ha vinto l’ultimo Oscar (anche quando non è Sorrentino), mentre a stento si ricorda chi c’era a Venezia questo pomeriggio.

Il campanilismo, invece, non fa mai difetto e ogni Regione è pronta a sollevare l’attenzione dovuta ai partecipanti, in gara o meno, della rassegna.
E a questo proposito ecco Repubblica Napoli dedicare ai campioni di casa un bell’articolone.

<ahref=”http://napoli.repubblica.it/cronaca/2016/08/30/news/sorrentino_orlando_e_braucci_napoli_a_venezia_col_tris_d_assi-146862652/?refresh_ce” target=”_blank”>http://napoli.repubblica.it/cronaca/2016/08/30/news/sorrentino_orlando_e_braucci_napoli_a_venezia_col_tris_d_assi-146862652/?refresh_ce

Non si tratta di feste farina filmuna novità.

Nel 1980 il Mattino illustrato di Napoli dedicava a Nino Russo la copertina, in onore della presentazione a Venezia del suo lavoro: “… Russo ha infatti girato due telefilm per la Rai <<Quanta gente per la via>> e <<Parteciperanno noti artisti  della RAI-TV>> che, col titolo unico di <<Feste, Farina e…>> saranno le uniche opere che porteranno sugli schermi della Biennale veneziana l’<<aria>> partenopea…”.

I due film raccontano di Napoli e del rapporto che la città ed i suoi personaggi hanno con il cambiamento, quello tecnologico nel caso specifico.

NapoliIl protagonista, è sempre Pippo Ciotola (Francesco de Rosa), che nel primo film veste i panni di un radiocronista che deve utilizzare la tecnica del reportage per raccontare “i fujenti” di Madonna dell’Arco.

Il suo rapporto frustrato con i mezzi tecnici rende complicata la telecronaca. Il colmo è che il suo lavoro lo priverà anche dell’amore di Maria, la sua fidanzata, che ella stessa fujente non vorrà più saperne di lui dal momento che l’ha ripresa “in trance” e dunque ha commesso un sacrilegio, dal momento che non doveva venire assolutamente immortalata in piena crisi mistica.

Il secondo filmNino Russo, invece, “Parteciperanno molti artisti della RAI-TV” racconta delle peripezie dello stesso Ciotola nelle vesti di attore che cerca un ingaggio. Vorrebbe partecipare ad una festa di piazza, in una “povera” piazza che cerca di attrarre pubblico proprio con la fantomatica scritta che dà il titolo al film.

“… il mio “doppio telefilm” … approfondisce quel discorso (della realtà meridionale tanto contraddittoria da non poter essere definita dalle forme tradizionali di spettacolo). Innanzitutto c’è Napoli che è per me l’esempio più ricco di questa contraddizione. Una città dove vecchio e nuovo convivono in maniera caotica e “meravigliosa”, dove la tecnologia non esclude la magia, il “cambiamento” non scalfisce convinzioni ataviche. Dove ci si adatta al nuovo, ma sempre con una sorta di riserva mentale…”

Nino Rusfilmso è un regista sensibile ed intelligente che mangia pane e cinema e scrive, ancor oggi, autorevolmente della situazione del cinema italiano e mette sovente la sua esperienza al servizio dei giovani.

A Venezia ritorna fuori concorso, nel 2011 con un film a 16 mani che racconta del terremoto, titolo dunque tristemente attualissimo, che distrusse Messina e Reggio Calabria nel 1908. Terremoto da centomila morti. Si tratta del lavoro di quattro registi: “Speranza” di Carlo Lizzani, “Le rive della morte” di Ugo Gregoretti, “Sciacalli” di Francesco Maselli e “Sembra un secolo” appunto di Nino Russo.

Scrive Tonino de Pace:

“QuattNapoliro episodi che lavorano su due direttrici fondamentali: i sentimenti e la critica politica. L’intento dichiarato è quello di utilizzare la memoria collettiva e i resoconti dell’epoca, per raccontare il cataclisma, per farlo diventare memoria condivisa di un Paese, spesso a corto di dispositivi mnemonici di portata popolare.

(…) Nino Russo firma Sembra un secolo. Una metafora dell’oggi che deriva dal quel disastro. Un elogio va fatto a Gianfranco Quero protagonista assoluto del film che incarna zio Turi, un eterno deluso o illuso di questo Paese, un’Italia che non si trasforma con il passare del tempo. L’episodio è il ritratto, un po’ scontato, di un Paese immobile pronto a festeggiare questa sua immobilità. È l’unico episodio girato sui luoghi. Ma va detto che non è vero quanto si afferma nella didascalia finale. Le baracche di Messina (e quelle di Reggio Calabria) non sono quelle del terremoto, ma frutto del successivo malgoverno che continua nei secoli senza scosse”.

http://www.sentieriselvaggi.it/venezia-68-scossa-di-carlo-lizzani-ugo-gregoretti-francesco-maselli-e-nino-russo-fuori-concorso/

Franco De Rosa Vittorio De BisognoLa storia del cinema mostrato a Venezia comprende sicuramente opere ed artisti meritevoli quanto il nostro Nino Russo, a me, però, è venuto in mente lui perché appartiene a quei registi capaci di raccontare una storia mettendola sempre prima di se stessi. Non lo fanno tutti tutti.

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Autore Barbara Napolitano

Barbara Napolitano, nata a Napoli nel dicembre del 1971, si avvicina fin da ragazza allo studio dell’antropologia per districare il suo complicato albero genealogico, che vede protagonisti, tra l’altro, un nonno filippino ed una bisnonna sudamericana. Completati gli studi universitari si occupa di Antropologia Visuale, pubblicando articoli e saggi nel merito, e lavorando sempre più spesso nell’ambito del filmato documentaristico. Come regista il suo lavoro più conosciuto è legato alle dirette televisive dedicate a opere teatrali e liriche. Come regista teatrale e autrice mette in scena ‘Le metamorfosi di Nanni’, con protagonisti Lello Arena e Giovanni Block. Per la narrativa pubblica ‘Zaro. Avventure di un visionauta’ (2003), ‘Il mercante di favole su misura’ (2007), ‘Allora sono cretina’ (2013), ‘Pazienti inGattiviti’ (2016) ‘Le metamorfosi di Nanni’ (2019). Il libro ‘Produzione televisiva’ (2014), invece, è dedicato al mondo della TV. Ha tenuto i blog ‘iltempoelafotografia’ ed ‘il niminchialista cinematografico’ dedicati alla multimedialità.