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Femminicidio e Don Chisciotte

Don Chischiotte


Viaggio in un problema vecchio come il tempo

Non c’è un solo modo per ammazzare una donna, ce ne sono molti, e quello di farla sentire in colpa per la sua bellezza è il maggiore in assoluto.

In questo caso gli assassini nei suoi confronti non sono solo i maschi, ma anche le femmine, proprio quelle che dovrebbero essere, invece, sue alleate.

Rispolverando il Don Chisciotte ne troviamo traccia nella vicenda tra Marcella e Grisostomo.

Quest’ultimo si suicida perché respinto da Marcella, una ragazza bellissima, autonoma, indipendente e di squisita intelligenza filosofica, tanto che tutti l’avrebbero voluta in moglie.

Ma dopo la tragedia di Grisostomo che cosa accade in paese? Tutti colpevolizzano Marcella, come se lei fosse la causa diretta della sua morte, come se lei fosse un mostro, una schifiltosa, nonostante la sua innocenza.

Si presenta allora al funerale di Grisostomo con un discorso di una logica disarmante – del quale vi riporto cenni in ordine sparso – per poter difendere la propria immagine:

Io son nata libera, e, per poter vivere libera, scelsi la solitudine dei campi: gli alberi di queste montagne son la mia compagnia, l’acqua chiara di questi ruscelli i miei specchi; agli alberi e all’acqua confido i miei pensieri e dono la mia bellezza. Sono un fuoco lontano e una spada riposta. Quelli che ho fatto innamorare con il mio aspetto, li ho disingannati con le mie parole, e se i desideri si nutrono di speranze, non avendone io data alcuna a Grisostomo, né ad alcun altro di loro, ben si può dire che li uccide la loro ostinazione, piuttosto che la mia crudeltà.

Ciò che avete appena letto è l’essenza da me scelta per voi, ma Marcella, in verità, iniziò il suo discorso in questo modo:

M’impartì il cielo, a detto vostro, bellezza tanto singolare che vi trovate costretti, anche vostro malgrado, di dovermi amare; e sostenete che io, perciò, sia in dovere di ricambiarvi con altrettanto affetto. Il naturale mio intendimento mi persuade che amabile è tutto il bello, ma non trovo però che ne venga di conseguenza che l’oggetto amato debba amare chi lo ama; e tanto più che potrebbe accadere che l’amatore del bello fosse brutto, dove si deduce che toccando al brutto di essere abborrito cade male in acconcio il dire: Ti amo perché sei bella, e tu devi amare me benché io sia brutto.

Ma supposto anche il caso che dall’una e dall’altra parte si abbia uguale bellezza, non è per questo che eguale debba essere in ambedue la inclinazione, perché tutte le bellezze non fanno innamorare, e talune piacciono a vederle, ma non legano la volontà. Che se le bellezze tutte facessero innamorare e incatenassero, si troverebbero confuse e fuor di sentiero le volontà, non sapendo a quale specialmente applicarsi.

Mi rammarica davvero non riportarvi il discorso completo di Marcella, ma temo di tediar qualcuno che, non solito alle prolungate letture, potrebbe stancarsi anzitempo, perciò concluderò con queste sue parole, da me leggermente rivisitate:

Perché volete che io pieghi a forza la volontà mia costringendomi ad amare chi mi ama? Rispondetemi. Se invece di crearmi bella mi avesse il cielo fatta nascere brutta, sarebbe stato giusto che io mi fossi rammaricata di voi, che certamente non mi avreste amata?
Oh quanto vi starebbe bene il considerare che io non mi sono fatta bella da per me stessa, e che qualunque sia la bellezza mia, è il cielo che me l’ha data in dono, senza che io l’abbia o chiesta o voluta!

E siccome non può accusarsi la vipera del suo veleno, benché con quello uccida, poiché lo ha dalla natura, così nemmeno io merito d’essere censurata per essere bella; mentre la bellezza è nell’onesta femmina come fuoco lontano, o come spada acuta, giacché né quello brucia né questa ferisce chi non si avvicina.

Inutile aggiungere che Don Chisciotte, per quanto folle, fu l’unico a capire Marcella, comprenderla e difenderla.

Tratto dal Corso Naturopatia dell’Anima – PNF – Counseling Filosofico

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Autore natyan

natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.

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