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Febbre-fobia!

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febbre


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È ricominciato. Tutte le regioni italiane sono a rischio alto o moderato, diverse passeranno a rosso, e la stagione dell’influenza è ormai qui, sovrapponendosi al temuto Covid. Uno dei segni? L’aumento della temperatura corporea.
Questo sintomo occasionale, associato all’infezione, è una parte della condizione umana, comunemente nota come febbre.

Nonostante quanto possiamo pensare, questa è una risposta fisiologica potente ma incompresa, ed è stata documentata in pesci, rettili e mammiferi, inclusa la specie esseri umani.

Tutti abbiamo avuto la febbre, probabilmente diverse volte nella vita. E molti di noi, da genitori, hanno passato alcune notti cullando i piccoli, temendo più le conseguenze della febbre stessa che quelle potenziali della malattia che la causa.

In questo senso, la febbre è una delle ragioni più comuni per cui tutti noi richiediamo assistenza medica. Sfortunatamente, la maggior parte dei professionisti medici, ne ha una scarsa conoscenza della fisiopatologia, e il nostro approccio è spesso dettato dal panico scatenatosi nei pazienti e parenti: test di laboratorio, studi di imaging, antibiotici ad ampio spettro. non necessari, ed a volte corticosteroidi. Inoltre, aumenta l’ansia dei pazienti, scatenando un circolo vizioso autoperpetuantesi.

Qualsiasi discussione sulla febbre deve partire dalle nozioni su cosa essa non sia: non è ipertermia; e quest’ultima non è la fisiologica risposta ad un’infezione: è surriscaldamento, nonostante il fine termostato che regola la nostra temperature corporea sia impostato alla normalità.

L’ipertermia si verifica quando tratteniamo il calore in eccesso da una fonte esterna, come quando un bambino viene dimenticato in macchina in un’afosa giornata di agosto, o quando c’è una sovrapproduzione di calore causata da una reazione anomala ad alcuni farmaci. Questa comporta un rischio significativo di mortalità: la febbre raramente porta a danni diretti.

Forse parte della paura provata dal solo pensiero di ‘avere la febbre’ dall’intreccio di questi due concetti.

Siamo animali omeotermi. La temperatura del nostro corpo rimane costante nonostante le marcate variazioni della temperatura ambientale e dello sforzo fisico. Questo grazie all’interazione dei nostri sistemi nervoso autonomo ed endocrino, nonché da alcuni comportamenti istintivi evoluti.

Il nostro “termostato” è l’ipotalamo, che bilancia la produzione con la perdita di calore, che è principalmente prodotto dall’attività metabolica nel fegato e nei muscoli, e viene disperso attraverso la pelle e i polmoni.

Quando il nostro ipotalamo innalza il valore soglia del nostro corpo, si verifica un aumento della temperatura corporea: è un processo omeostatico.

Quando siamo esposti a virus e batteri, dei fattori pirogeni sono prodotti come parte della risposta infiammatoria. Questi pirogeni agiscono sul “termostato” per aumentare il set point della temperatura.
Una volta alzato il set point, il corpo intraprende azioni che generano calore per aumentare la temperatura interna a quel nuovo punto: si entra nella fase di “freddo” della febbre.

Il metabolismo cellulare aumenta un po’ dappertutto, ma la risposta più drammatica è nei muscoli. Conserviamo il calore restringendo i vasi sanguigni della nostra pelle, diminuendo l’apporto di sangue caldo alle nostre estremità. In pratica, abbiamo freddo e proviamo i tipici brividi.

Cerchiamo di coprirci, ed aumentiamo il riscaldamento, o ci mettiamo più vicini al camino. Tutto questo prima che la temperatura corporea sia aumentata.

L’aumento della temperatura corporea con la febbre è guidato da una serie di fattori, in gran parte genetici o specifici dell’organismo infettivo. Alla produzione di pirogeni, grazie ad un meccanismo di feedback negativi, corrisponde la produzione di criogeni, in modo che tutto sia tenuto sotto controllo.

Quando la malattia si risolve o quando vengono somministrati farmaci antipiretici, il set point della temperatura corporea torna verso la normalità. Si verifica quindi la fase di “vampata”. I vasi cutanei si dilatano, sangue caldo giunge in superficie, aumenta la dissipazione del calore attraverso la sudorazione, il nostro metabolismo cellulare diminuisce, e ci scopriamo.

Niente più febbre.

Fobia della febbre?

Sebbene sia un ortopedico, devo prendermi cura di pazienti con questo sintomo. Di volta in volta, vedo un’enorme varietà di reazioni, dall’accettazione del fatto che la febbre sia una risposta fisiologica ad un insulto chirurgico, alla ragionevole preoccupazione fino, occasionalmente, al terrore.

Spesso, soprattutto nelle nuove generazioni, la risposta tipica è panico. Quando chiedo ai pazienti ed ai parenti di cosa sono preoccupati, le risposte tipiche sono paura di danno cerebrale fino alla morte.

Al centro di queste preoccupazioni è l’erronea idea che l’aumento della temperatura corporea rappresenti di per sé una malattia potenzialmente letale, piuttosto che un sintomo relativamente benigno evolutosi attraverso milioni di anni di accurate selezione darwiniana derivante da un processo infettivo. Questa è la fobia della febbre.

Il numero di malintesi, soprattutto in bambini, è assolutamente sbalorditivo. Dagli anni ’80, diversi studi hanno dimostrato che tale fobia esiste negli adulti, nei genitori di bambini ammalati, e nei medici.

La quasi totalità dei genitori pensa che la febbre poossa causare effetti collaterali dannosi, compresi danni cerebrali, coma, perdita dell’udito, e cecità.

Ad eccezione delle convulsioni febbrili, un’entità comune e benigna vista solo nei bambini piccoli, la febbre non causa nessuna di queste cose.

Nessuno, neanche quando eravamo studenti di medicina, ci ha insegnato la fisiopatologia della risposta febbrile. Il risultato è che la misurazione della temperatura corporea ha assunto un significato quasi ritualistico, e potrebbe essere considerato negligente non misurarla nei pazienti che sono ricoverati in ospedale.

La febbre è spesso la prima informazione che, come medici, chiediamo, e il primo segno vitale che controlliamo. Diciamo poi che le nostre indagini di laboratorio e di imaging sono necessarie a causa della temperatura corporea elevata. Tendiamo a trattare qualsiasi febbre con antipiretici.

Riveste anche un ruolo importante alla dimissione: comunemente chiediamo ai pazienti e loro parenti di chiamare in reparto o tornare se si sviluppa o la febbre.

La nostra enfasi, senza spiegare accuratamente cosa sia la febbre, lascia i pazienti ansiosi e li costringe a fare affidamento su fonti di informazione alternative: Internet, però, consente a chiunque di pubblicare qualsiasi cosa.

Alcuni autori l’hanno descritto come una nostra cara amica. Il concetto che abbia uno scopo benefico rimane controverso. L’aumento della temperatura corporea in risposta ad un’infezione è una reazione praticamente universale, vista anche negli animali a sangue freddo.

Alcuni batteri e virus non crescono, o crescono male, quando sono esposti a temperature più elevate. Temperature elevate possono aumentare l’attività di vari componenti del sistema immunitario. Ci sono alcuni studi sull’uomo che mostrano sintomi prolungati quando la febbre viene trattata in modo aggressivo.

Tutto questo significa che non dovrebbe essere presa sul serio? Ovviamente no. I bambini molto piccoli o non immunizzati sono ad alto rischio di gravi infezioni del sangue e del cervello. Pazienti immunocompromessi hanno bisogno indagini di laboratorio e di una copertura antibiotica empirica anche se stanno benissimo.

Anche la febbre prolungata e inspiegabile che dura più di una settimana giustifica preoccupazione. È semplicemente un indizio, a volte l’unico, che è in corso un’infezione. Per fortuna, nella stragrande maggioranza di noi, questa è autolimitante e virale. Ma siamo umani, e vulnerabili.

Le vecchie abitudini sono difficili da infrangere in medicina, paradossalmente specialmente nei giovani medici. Avremo sempre una componente soggettiva in quello che facciamo: è il motivo per cui la medicina non è una scienza esatta e contiene una componente quasi artistica.

Ma la scienza della medicina, preferibilmente sostenuta dall’acquisizione di buone capacità di pensiero critico, è necessaria per evitare la fobia della febbre.

Il Prof. Nicola Maffulli sarà a disposizione per rispondere ai quesiti che gli arriveranno alla mail ortopedicorisponde@expartibus.it.

Autore Nicola Maffulli

L'autore più citato in ortopedia, il Professor Nicola Maffulli, è superspecializzato in traumatologia sportiva. Ha pubblicato più di 1.200 articoli su riviste scientifiche e 12 libri e ha descritto oltre 40 nuove tecniche chirurgiche in chirurgia del ginocchio, piede e caviglia e chirurgia sportiva, molte delle quali sono state ampiamente adottate in tutto il mondo. Atleta in gioventù, il suo sogno di andare alle Olimpiadi è stato realizzato a Londra: ha guidato un gruppo di sette chirurghi ortopedici per le Olimpiadi e le Paralimpiadi di Londra, ed ha poi organizzato i servizi medici delle Universiadi 2019. Giornalista pubblicista, risponde ai lettori alla mail ortopedicorisponde@expartibus.it su problematiche di natura ortopedica e traumatologica.