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Febbraio: Cannelora, cannelora, state dinto, vierno fora

Dea Cibele e Madonna di Montevergine, illustrazioni Marco Monty


Il 2 febbraio si ricorda la presentazione di Gesù al tempio quaranta giorni dopo la sua nascita. La Chiesa ha attribuito a questo giorno il nome di Candelora, la festa della luce, dal latino candelorum, benedizione delle candele. Dalle prime luci dell’alba centinaia di pellegrini e tutto il popolo della tammorra accorre in massa al santuario di Montevergine per omaggiare la grande Mamma Schiavona, la Madonna nera.
Un giorno tanto atteso che apre il ciclo delle feste mariane, il giorno ideale per partecipare a centinaia di tammurriate davanti all’antico luogo di culto che molti secoli prima ospitava un tempio dedicato a Cibele la grande madre degli dei.

La tradizione, per me imperdibile, vuole che le candele benedette in questo giorno posseggano dei poteri straordinari. Esse vanno conservate a casa e verranno accese durante l’anno in momenti particolari in cui si sentirà il bisogno dell’aiuto divino: in situazioni di grave pericolo, per placare l’ira della natura durante il mare in burrasca o violenti nubifragi, durante l’assenza di una persona cara, per la richiesta di assistenza per una persona malata o moribonda.

Ogni volta che partecipo al rito, oltre a benedire una candela per me, che ha valore solo se viene accesa durante la benedizione, non dimentico di accenderne qualcuna da regalare poi a qualche amico credente che ritengo abbia bisogno del sostegno ultraterreno!

Ma torniamo al racconto della nostra montagna sacra ricca di storia, aneddoti e leggende.
Non è sufficiente questo spazio per rendere giustizia ad un luogo tanto affascinante e ricco di misticismo.

Anticamente si chiamava monte Partenio dal greco pàrthenos ossia vergine. Si racconta che anche il poeta Virgilio fosse un adoratore di Cibele e che si recasse su questa vetta per onorarla e chiederle grazie per i suoi malanni. La dea pagana aveva nei suoi cortei di adoratori uomini e donne chiamati coribanti guidati da sacerdoti ermafroditi chiamati arcigalli che, al suono di tamburi a cornice, cantavano e ballavano danze ipnotiche per raggiungere l’estasi che li avvicinava al divino.

Ancora oggi folle di giovani mistici capeggiati da carismatici capi paranze, uno su tutti Marcello Colasurdo, armati di tammorre e castagnette, cantano e ballano sfrenate tammurriate per onorare la Vergine.

L’articolo è tratto da ‘Tammurriata. Riti e Miti di una Sirena Millenaria’ di Cosimo Alberti, Valtrend Editore.

Illustrazioni Marco Monty

Autore Cosimo Alberti

Cosimo Alberti, attore con la tammorra, cantante, esperto di danze popolari e docente in seminari su balli della tradizione campana.

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