Mi presento con la mia faccia su Facebook. Sì, ma con quale foto?
Quando non si è proprio in grado di farsi un buon selfie, si preferisce andare a pescare, nel serbatoio di foto, quella nella quale si è venuti meglio.
La scelta cade spesso proprio sulle fotografie scattate in occasione delle cerimonie o delle vacanze, non a caso. Non vi meravigli questa scelta, perché soprattutto nel Sud Italia, la cerimonia è ancora una importante occasione nella quale presentarsi al meglio.
La foto di cerimonia, infatti, benché abbia l’handicap di privare il soggetto di una parte importante del corpo, il braccio ad esempio al quale è incollato il “compagno” di foto, lo mostra nella sua forma migliore, o quanto meno ben vestito e “truccato”.
C’è chi, sebbene iscritto come singolo (si badi che potrebbe essere iscritto a Facebook anche un gruppo familiare, o di altro tipo) pubblica come foto identificativa del profile proprio la foto di cerimonia in cui compare con la famiglia, o almeno la moglie/il marito, a scanso equivoci, anzi a sottolineare che la motivazione per la quale si è su Facebook è lontana da qualunque mira poco lecita.
Se la posa per la foto scelta nel profilo, invece, è troppo ammiccante aprirà il fianco ad un altro tipo di disquisizione.
La moglie: “Perché hai pubblicato la tua foto senza di me?”
Il marito: “Ma sono io che ho l’account perché non ti iscrivi pure tu?”
Chiaro che la moglie sospettosissima non prenderà per buona questa affermazione e pretenderà di apparire con il marito all’interno della foto.
Vi invito a considerare, per esempio, all’interno delle vostre amicizie quante foto di coppie ci sono nei profili dei vostri amici, per scoprire chi ha il compagno più geloso.
La foto delle vacanze, invece, propone un soggetto abbronzato, con corredo di occhiali da sole ed alle spalle un panorama mozzafiato…. di New York… di Londra… di Parigi… chiaro che il protagonista è, come la sottoscritta, probabilmente residente in una, sconosciuta ai più, Provincia, e allora? Si sente cittadino del mondo ed il network lo autorizza!
Un’altra categoria rappresentativa è formata dalle ragazzine che alternano la posa sexy/imbronciata a quella ironica. Quelle meno sicure di sé, insomma, preferiscono metterla sul ridere.
I ragazzi, invece, propongono pose spavalde, proprio come i loro coetanei, giovani negli anni Cinquanta.
Si dà per scontato che tutti inseriscano la foto nella quale ritengono di essere “venuti meglio”, ma quel che mi preme sottolineare è che quella foto nella quale si sta bene è spesso quella delle vacanze o della cerimonia. Non sembri paradossale il fatto che anche per la foto tombale, e per il santino da commemorazione, la foto scelta è spesso quella di una “festa”.
Noterete, poi, gli stessi atteggiamenti che ricorrono nel tempo.
Se ad esempio per i ragazzi è valido uno stesso modello culturale di riferimento, la “spregiudicatezza” dimostrata dalla foto di una giovane di oggi non è decisamente associabile alla foto “pudica” delle loro coetanee di sessant’anni fa.
Purtroppo, però, e la cronaca di questi giorni lo dimostra, gli intenti della persona che pubblica una foto non sempre vengono trattati come l’attore della foto vorrebbe.
Didascalie e sottolineature, commenti e post dedicati non servono.
Ma perché siamo così disperatamente bisognosi di rappresentarci?
Perché ci hanno insegnato che attraverso questa rappresentazione passa la nostra identità, ma mentre una volta quella immagine rimaneva nella “cornice” della nostra casa, esposta alla vista di qualcuno che “entrava” in casa nostra, oggi l’ospite è il mondo “potenzialmente”.
E il mondo non è fatto solo di amici e parenti. Quindi pur scegliendo la foto di una cerimonia a rappresentarci, coloro che la guardano non hanno lo sguardo affettuoso e benevolo del congiunto.
Che dire, poi, di quelli che mettono a rappresentarli animali o panorami… contravvenendo al titolo stesso della pagina incriminata, ovvero negando appunto la FACE a Facebook…
Mi si scusi i giochi e le considerazioni antropologico-filosofiche, ma guardare con l’occhio dell’osservatore partecipante mi pare ogni giorno più necessario per non soccombere alla mania della rete che si sforza più dei totalitarismi, di renderci tutti sempre un po’ più uguali e meno riconoscibili… una schiera di cloni tutti preoccupati più di piacere che di essere.
Autore Barbara Napolitano
Barbara Napolitano, nata a Napoli nel dicembre del 1971, si avvicina fin da ragazza allo studio dell’antropologia per districare il suo complicato albero genealogico, che vede protagonisti, tra l’altro, un nonno filippino ed una bisnonna sudamericana. Completati gli studi universitari si occupa di Antropologia Visuale, pubblicando articoli e saggi nel merito, e lavorando sempre più spesso nell’ambito del filmato documentaristico. Come regista il suo lavoro più conosciuto è legato alle dirette televisive dedicate a opere teatrali e liriche. Come regista teatrale e autrice mette in scena ‘Le metamorfosi di Nanni’, con protagonisti Lello Arena e Giovanni Block. Per la narrativa pubblica ‘Zaro. Avventure di un visionauta’ (2003), ‘Il mercante di favole su misura’ (2007), ‘Allora sono cretina’ (2013), ‘Pazienti inGattiviti’ (2016) ‘Le metamorfosi di Nanni’ (2019). Il libro ‘Produzione televisiva’ (2014), invece, è dedicato al mondo della TV. Ha tenuto i blog ‘iltempoelafotografia’ ed ‘il niminchialista cinematografico’ dedicati alla multimedialità.