L’idea stessa di Esoterismo è legata ai Misteri del mondo antico e all’iniziazione. Esisteva una parte degli insegnamenti che tutti potevano ascoltare, detta essoterica, esteriore, e una parte destinata ai soli adepti, agli iniziati, detta esoterica, attinente cioè al significato interiore e segreto, sottile di un mito, di un rito, di una formula verbale.
È fonte di dibattito se ciò fosse vero anche per il cristianesimo delle origini. La distinzione tra insegnamenti esoterici ed essoterici è presente in molte odierne società segrete, a cominciare dalla massoneria.
Un fatto è essenziale: il segreto a cui sono vincolati gli iniziati a proposito degli insegnamenti esoterici non è tanto legato alla loro espressione verbale, quanto al fatto che tutte le Tradizioni che prevedono una iniziazione e una ritualità per entrare in contatto col sacro ritengono che l’iniziazione consista essenzialmente in una trasmissione di energie trasformatrici dall’iniziatore all’iniziato: il rito di iniziazione ha il compito di “risvegliare” tali energie nell’iniziato, di dischiudergli una seconda vista della realtà attraverso la quale egli possa percepirne aspetti più sottili.
In altri termini, gli iniziati vengono a contatto con le Eggregore delle Tradizioni a cui appartengono, attraverso il rituale che viene officiato e l’intento comune della loro comunità. Questo contatto col sacro viene poi rinnovato quando la comunità degli iniziati si riunisce in uno spazio e in un tempo a ciò deputati.
Ma il rituale, le azioni e le parole che ne fanno parte, hanno valore solo nel luogo e nel tempo carismatici in cui il contatto con le Eggregore, con il sacro, viene stabilito. Compiere quelle azioni o ripetere quelle parole in un contesto diverso, in cui non vi sia nessun contatto con il sacro, significherebbe svilirle e fraintenderne il senso.
In Mt 7,6 è scritto:
Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
Anche Erodoto, nelle sue ‘Storie’, a volte tace sul nome di un dio o di un luogo
perché sarebbe empio pronunciarlo lontano da lì.
L’Occultismo è invece la ricerca di ciò che è nascosto o invisibile, o meglio la ricerca del controllo su quei fenomeni. Spesso degenera in un’eccessiva attenzione per tutto ciò che è fenomenico e in un’attrazione per il potere: spiritismo, telepatia, telecinesi, preveggenza, evocazioni teurgiche, mesmerismo, magia finalizzata a scopi concreti…
Il XIX e il XX secolo hanno segnato un vero e proprio trionfo dell’Occultismo – spesso scambiato per spiritualità – e l’Occultismo è anche alla base del successo di molti dei movimenti New Age fioriti nel XX secolo, che hanno promesso ai loro adepti potere, successo mondano e la realizzazione dei loro desideri materiali.
È importante comprendere che, in realtà, l’Occultismo è una forma estrema di materialismo. La ricerca affannosa di fenomeni eclatanti – apparizioni, materializzazioni e “apporti” miracolosi, precognizioni verificate dai fatti, “prove” dell’esistenza degli spiriti, esercizio di “poteri occulti” – con cui dimostrare, a sé stessi e al mondo, che “l’essenziale è invisibile agli occhi”, nasconde una sostanziale mancanza di visione e di contatto con le realtà sottili.
L’interlocutore ideale dell’Occultista, la sua Ombra, è il materialista scettico che egli vorrebbe convincere delle sue ragioni, come avviene al povero Canterville Ghost nel romanzo di Oscar Wilde, che tenta in ogni modo, e invano, di convincere una famiglia di scettici americani di essere un fantasma. Anche per questo che il mondo dell’Occultismo pullula di ciarlatani, imbroglioni e plagiatori: alla fine l’universo dell’Occultismo si adegua e viene modellato dalla weltanshauung del materialismo che vorrebbe “convertire” e che resta il suo interlocutore privilegiato.
Nel Sutra Yoga Patanjali parla di un’esplicita rinuncia ai poteri via via sviluppati dall’esercizio dello yoga e al desiderio di autoaffermazione, rinuncia attraverso la quale deve passare lo yogin se non vuol restare bloccato a questo stadio della sua evoluzione, ma proseguire il suo cammino.
L’Ermetismo ha anzitutto un aspetto storico: vennero attribuiti alla figura mitica di Ermete Trismegisto, tre volte grande, una serie di scritti, tra cui il Pimandro e l’Asclepio, per lo più raccolti da Stobeo sotto il nome di Corpus Hermeticum. Gli scritti erano tradotti in greco, ma venne loro attribuita un’origine molto remota: sarebbero stati redatti nella notte dei tempi, nell’antico Egitto. Nel XVI secolo il filologo Isaac Casaubon dimostrò che quegli scritti erano più tardi, concepiti nel IV secolo d.C. in ambiente greco alessandrino. Umberto Eco, non a caso, ha chiamato Casaubon il protagonista del suo romanzo ‘Il pendolo di Foucault’, in cui si fa spesso beffe dell’ermetismo.
Gli scritti ermetici indicano una via sapienziale al lettore e sono caratterizzati da un linguaggio da molti percepito come oscuro e incomprensibile. Per estensione sono stati chiamati ermetici anche gli scritti degli alchimisti. I primi scritti alchemici conosciuti sono coevi del Corpus Hermeticum e furono raccolti alla fine dell’Ottocento da Berthelot e Ruelle nella loro opera Collection des anciens alchimistes grecs.
Gli scritti alchemici attraverseranno poi, come un fiume sotterraneo, il pensiero europeo, arrivando fino ai giorni nostri. “Riscoperti” da Carl Gustav Jung, verranno da lui interpretati come proiezione sulla materia di quel percorso di individuazione che è al centro della psicoanalisi junghiana. Nel senso più lato, la Tradizione ermetica viene intesa come una serie di pratiche e insegnamenti volti ad affinare la nostra capacità di entrare in contatto con i simboli e sviluppare l’immaginazione attiva.
In questo contesto i simboli vengono intesi come catalizzatori di energia psichica, come agenti di trasformazione e come “messaggeri del Sé”. Sono i secchi con cui attingiamo acqua dal pozzo dell’inconscio. Questo è un notevole punto di contatto tra Ermetismo ed Esoterismo. La “seconda vista” a cui abbiamo accennato parlando dell’Esoterismo si avvale proprio dei simboli per giungere agli aspetti più nascosti e sottili della realtà, per “interiorizzare” le esperienze.
L’Immaginazione attiva invece, che non va confusa con la fantasia o con il fantasticare, è la capacità di lasciar agire i simboli per “far vivere” delle parti di noi e dei contenuti inconsci che dormono ordinariamente del sonno di piombo di Saturno e che, senza l’intervento dell’immaginazione attiva, resterebbero compressi e inespressi.
È per questo che i sogni, le fiabe, i miti, gli apologhi possono avere un effetto terapeutico, portare alla guarigione chi li concepisce o li ascolta, perché parlano ad un aspetto dell’anima profondamente addormentato e possono destarlo dal sonno.
Molti dei più noti scritti alchemici – Il sogno verde di Bernardo Trevisano, Le nozze chimiche di Valentin Andreae, Le 12 chiavi della Filosofia di Basilio Valentino, Le figure geroglifiche di Nicolas Flamel, Le Visioni di Zosimo, L’Hermes svelato di Cyliani – si avvalgono dell’Immaginazione attiva, e il cosiddetto Libro rosso di Jung è proprio un diario delle esperienze di immaginazione attiva del grande psicanalista.
Come agisce l’Immaginazione attiva? Molto è stato detto da Jung, in particolare nei suoi libri “alchemici”: Psicologia del transfert, Psicologia e alchimia, Misterium coniunctionis, La simbolica dello spirito, L’uomo e i suoi simboli…
L’Immaginazione attiva, di cui parla anche, da un altro punto di vista Henri Corbin nei suoi scritti sull’esoterismo islamico, è uno strumento per far emergere contenuti attivi dall’inconscio e metterli in condizioni di agire, per accelerare i tempi del percorso di individuazione del Sé. C’è tuttavia un aspetto di cui Jung non poteva occuparsi, un aspetto che è più vicino alla magia che alla psicologia e che la scienza considererebbe superstizione.
In molte Tradizioni si ritiene che gli esseri umani possano creare, alimentare o distruggere delle entità invisibili che potremmo chiamare forme pensiero, le stesse che i tibetani chiamano tulpa e che i greci definivano eidola. Queste forme pensiero possono essere anche il frutto di una attività collettiva e, allora, prendono il nome di Eggregore.
Inutile illustrare, a chi dovesse credere nella loro esistenza, quali orrori la civiltà di massa stia accumulando nell’invisibile. I tibetani, poi, a cominciare dal loro Bardo Thodol, dispongono di una vera e propria guida Michelin sull’argomento. Uno dei loro riti, il Tchod, consiste proprio nel dissolvere le forme pensiero che, come vampiri, si alimentano delle nostre energie.
Sia l’Opera al nero degli alchimisti, che precede le altre operazioni dell’Opus Alchemicum, che la “morte” simbolica che precede ogni iniziazione, consistono proprio in questo: per iniziare un cammino di trasformazione e conoscenza di Sé bisogna, come prima cosa, dissolvere le forme pensiero impure che abbiamo inconsapevolmente creato e che si alimentano delle nostre energie.
Secondo il Libro tibetano dei morti queste forme pensiero circondano ogni essere umano come uccelli rapaci e aspettano la nostra morte per banchettare con le nostre energie psichiche, le stesse con cui le abbiamo alimentate in vita. Nell’alchimia, sia orientale che occidentale, si parla addirittura della creazione, o meglio del risveglio, di un corpo sottile e immortale in cui trasferire la coscienza al momento della morte fisica.
Per concludere, l’autentico insegnamento che ci viene da pensiero ermetico è questo: esistono due universi paralleli che comunicano costantemente, uno interno e l’altro esterno all’uomo. Thomas Moore nel suo Pianeti interiori, l’astrologia psicologica di Marsilio Ficino, dimostra come questa convinzione fosse largamente condivisa dal grande filosofo ermetico.
Nell’uomo esiste un gemello monozigote dell’universo esterno e il microcosmo interiore è in costante rapporto con quello esteriore. Tra i due c’è l’intelligenza, che costantemente valuta e misura, collegando il nostro interno con l’esterno. La conoscenza simbolica ed ermetica è anche e soprattutto la capacità di saper ritrovare dentro di noi l’eco e l’origine degli eventi esterni… Beninteso è una strada che richiede grande equilibrio interiore.
L’Ermetismo è, purtroppo, anche il paradiso degli squilibrati e dei paranoici affetti da nevrosi ossessiva, che vedono un segno del Destino in ogni targa di macchina e in ogni volare di foglia.
Autore Alessandro Orlandi
Alessandro Orlandi (1953) matematico, museologo, curatore per 20 anni dell'ex museo kircheriano, musicista, saggista ed editore della Lepre edizioni, è autore di numerosi articoli e libri riguardanti la matematica, la museologia scientifica, la storia delle religioni, la tradizione ermetica, l’alchimia, le origini del Cristianesimo e i Misteri del mondo antico.