Il buddismo insegna che la comprensione è la base dell’amore. Quando sei consapevole, ti rendi conto che l’altra persona soffre. La vedi soffrire e all’improvviso non vuoi che soffra più. Sai che ci sono cose che puoi astenerti dal fare per farla smettere di soffrire, e ci sono cose che puoi fare per portarle sollievo. Nell’insegnamento buddista, questo è molto chiaro.
Thich Nhat HanhPer ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire.
Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare.
Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
Antico Testamento – Ecclesiaste, 3,1-15.
Adesso non è tempo di ascoltare, è tempo di parlare, di agire, di operare. Umberto Galimberti, interrogato ad un Convegno su come ritrovare il senso della vita e riprendersi dai momenti di débâcle, di dolore, di perdita, di sconfitta, risponde:
Bisogna agire, non ripiegarsi su se stessi, sul proprio dolore.
È l’agire che ci dice quello che siamo e che ci permette di ricominciare anche quando la vita ci mette con le spalle al muro. Un’esaltazione dell’operatività iniziatica a noi tanto cara. Ecco perché ho esordito con l’idea provocatoria di parlare soltanto e di non ascoltare. C’è un tempo per tutto.
Non sto negando o sottovalutando la dimensione meditativa. Tutt’altro: la sto solo finalizzando, riposizionando, immaginandola rivolta ad un’obiettivo trasformativo. Perché non possa diventare compiacimento, letargia, autocommiserazione. Ecco, meditare per modificare il proprio stato vibrazionale, ricapitolare un vissuto, trasmutare un proprio difetto, cogliere il senso di un mondo superiore angelico, noumenico. Meditare “camminando” nella vita.
In questi giorni di guerra, mentre scrivo, ricorrono due avvenimenti contigui ed apparentemente dissonanti, ovvero apparentemente opposti. La venuta dell’Equinozio di Primavera, 20 marzo 2022, e la distruzione dell’Ordine del Tempio, 18 marzo 1314.
L’Angelo della Primavera ci parla di comunicazione, di dialogo, di osmosi tra stati dell’essere microcosmici e misteri macrocosmici. Un mondo superiore, “alto”, che vive a nostra insaputa dentro di noi e fuori di noi, sopra le nostre bassezze, che vibra incontaminato sopra la lugubre Matrix della nostra illusione, una gogna infernale fatta di dinamiche, di furbizie patetiche, di affezionamenti, di rancori e cilici autoinflitti, difesi a spada tratta per non liberarci dall’Orgoglio e dalla falsa sicurezza di un ego minuscolo, stanco e disperato che si fa grande per non morire, come certi rospi o pesci che si gonfiano per sembrare più forti.
Sopra, anche se è solo l’Ombra della Luce, c’è un giacimento d’amore dove la vita fluisce libera. Una visione cinematica oltre le tre dimensioni, una frequenza incessante di guarigione verde smeraldo, che ci trascende e penetra in ogni poro e cellula per medicarci e ristorarci.
Omraam Mikhaël Aïvanhov, il padre della Fratellanza Bianca, ci ricorda:
Quando si avvicina l’equinozio di primavera, tutti gli spiriti e le forze della natura lavorano sotto la guida di Raphaël per rianimare la vita ovunque nell’universo. Questo rinnovamento nella natura è per gli esseri umani sinonimo di rigenerazione, dunque anche di guarigione.
Sull’Albero della Vita, Raphaël è l’arcangelo della sefirah Hod, regione in cui i kabbalisti hanno posto il pianeta Mercurio. Ora, il dio Mercurio (Hermes, nella mitologia greca) ha come attributo il caduceo, che è a tutt’oggi l’emblema della medicina; e il nome Raphaël significa “Dio ha guarito”. Per i cristiani, Pasqua è la grande festa della primavera: tutta la natura celebra la resurrezione del Cristo, che è anche la resurrezione di tutte le creature.
Ecco perché quando arriva la primavera, per ogni creatura c’è un gran lavoro da fare: è il momento di sbarazzarsi di tutto ciò che è interiormente vecchio e caduco. Rivolgetevi all’arcangelo Raphaël e chiedetegli di rendervi ricettivi alle virtù nascoste degli alberi, dei fiori e delle erbe, al fine di entrare in comunione con quella grande corrente che proviene dal cuore dell’universo e porta la nuova vita.
Al contrario, l’anniversario del 18 marzo 1314, data funesta in cui i Templari vennero bruciati vivi sul rogo acceso dal sovvertimento di Filippo il Bello, è l’apoteosi della ragion di stato, del dualismo, della menzogna, dell’anti-comunicazione. Proprio come in questi giorni.
René Guénon, ne ‘L’esoterismo di Dante’, scrive che il punto di partenza della rottura tra vicino Oriente ed Occidente
fu caratterizzato in modo nettissimo dalla distruzione dell’Ordine del Tempio; ricorderemo solamente che quest’ultimo costituiva in qualche modo un legame tra l’Oriente e l’Occidente, e che nello stesso Occidente era, per il suo duplice carattere religioso e guerriero, una sorta di mediatore tra lo spirituale e il temporale; anzi, tale duplice carattere si potrebbe addirittura interpretare come il segno di un rapporto più diretto con la fonte comune dei due poteri.
Ancora una volta, per contemporanea analogia, notiamo che la mancanza di dialogo, di mediazione e di comunicazione, ieri come oggi, sono muri innalzati per non comprendere l’altro, il diverso-da-noi.
E queste incomprensioni, la demonizzazione dell’avversario, la mancanza di accettazione che possano esistere nel mondo sistemi diversi dai nostri personali modelli socio-economici, approdano a forme contrapposte di pensiero unico che, non riconoscendo la varietà del “multipolarismo” geopolitico e filosofico, portano fatalmente allo scatenarsi di violenza e guerre, tutte ugualmente condannabili da qualsiasi parte provengano.
Scegliamo dunque, operando, di non scegliere il duale. Evadiamo dalla prigione di un pensiero divisivo già morto in partenza. E, soprattutto, cominciamo davvero ad amare il nostro nemico. Ce l’abbiamo ad un passo, esattamente come oggi la Russia è ad un passo dall’Europa: siamo noi stessi!
Ma come si può amare il proprio nemico più grande, noi stessi? Semplicemente vivendo ed amando il tutto: le nostre ombre e la nostra luce. Più le parti sono spaventose e orribili più le proiettiamo negli altri.
Come scrive Jeff Foster nel suo post ‘Non c’è bisogno di perdonare in questo momento’:
Il perdono è principalmente perdono di sé, un amore che brucia dentro e irradia fuori nel tempo. Amo quando perdono e amo quando non lo amo. Una presenza feroce e indulgente ci tiene tutti, sempre.
Autore Hermes
Sono un iniziato qualsiasi. Orgogliosamente collocato alla base della Piramide. Ogni tanto mi alzo verso il vertice per sgranchirmi le gambe. E mi vengono in mente delle riflessioni, delle meditazioni, dei pensieri che poi fermo sul foglio.