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Endoscopia digestiva: intervista al dr. Sergio Di Fenza

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Sergio Di Fenza


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Approfondimento con il primario di endoscopia dell’Ospedale Martiri di Villa Malta di Sarno (SA)

Abbiamo incontrato il dottor Sergio Di Fenza, primario di endoscopia dell’Ospedale Martiri di Villa Malta di Sarno (SA), considerato un reparto di eccellenza, che ha gentilmente risposto alle nostre domande.
Che cosa è l’endoscopia digestiva?

L’endoscopia digestiva dell’apparato digerente è utile per fare diagnosi per le patologie sia del tratto gastro intestinale alto, quindi dello stomaco e del duodeno, che di quello basso del colon e del retto. Una video capsula, inoltre, ci permette di esplorare l’intestino tenue.

Viene utilizzato anche la robotica per la diagnostica?

La tecnologia è sicuramente di supporto, i passi avanti fatti nell’endoscopia sono veramente enormi ed eclatanti, ma non solo per quel che concerne la diagnostica, dove gli strumenti sono sempre all’avanguardia per cui permettono una maggiore accuratezza, come, per esempio, la cromo endoscopia, una colorazione particolare che consente di capire se una lesione può essere di tipo benigno o meno.

A volte si può intervenire durante l’esame senza ricorrere ad un intervento.

Quali sono i sintomi per cui bisogna sottoporsi a un’endoscopia?

Per quel che riguarda il tratto intestinale alto, i campanelli d’allarme sono i sanguinamenti, cioè la fuoriuscita di sangue dalla bocca o, eventualmente, un’emissione di feci nere, che denotano un’emorragia ed è necessario e urgente sottoporsi a un esame endoscopico.

Segnaliamo anche altri sintomi, come la difficoltà ad ingoiare o a riversare cibo nella cavità respiratoria.

E le persone che hanno difficoltà a digerire?

La ‘cattiva digestione’ non è un sintomo per sottoporsi a un esame endoscopico, almeno non urgente. Può essere legata all’ernia iatale o al reflusso gastrico, oppure ad una gastropatia, e può essere curata con una terapia adeguata.

Spesso è più facile trovare delle situazioni neoplastiche in pazienti che non hanno sintomi di difficoltà digestiva.

Oltre agli istrumenti, c’è la formazione continua e tu organizzi corsi di aggiornamento per i tuoi collaboratori. Ce ne vuoi parlare?

Partiamo dal concetto che il paziente sottoposto ad un esame endoscopico debba avere due certezze: l’assenza di dolore e la sterilità degli strumenti.

Infatti, molte persone non si sottopongono ad esami invasivi, come può essere la colonscopia, perché temono di poter provare dolore.

Il primo corso che ho organizzato è stato sulla sedo-analgesia procedurale, detto in parole povere, l’anestesia, per evitare il dolore e permettere al diagnosta di operare meglio durante l’esame.

Questo corso ha visto la partecipazione anche di altre figure professionali come anestesisti e farmacisti.

Il secondo corso verterà sulla sicurezza e la sterilità degli strumenti usati durante l’esame endoscopico.

Le persone devono sapere che lo strumento è sterilizzato in modo completo, con la tracciabilità del lavaggio endoscopico e l’utilizzo di valvoline monouso, che consentano una sicurezza maggiore.

Sergio Di Fenza - corsi

Quanto conta l’imbarazzo dei pazienti?

Tantissimo, noi adottiamo alcuni efficaci accorgimenti che lo eliminano. Partiamo dall’accoglienza, che è fondamentale, poi, se si deve effettuare una colonscopia, che è forse l’esame più imbarazzante, il paziente non si deve spogliare, ma indossa dei pantaloni preposti, provvisti di una tasca in cui viene introdotto lo strumento.

Inoltre, il paziente è sedato sul lettino, tanto che, alcune volte, al risveglio non ricorda nemmeno di aver effettuato l’esame endoscopico.

Sono più giovani o anziani a sottoporsi ad esame endoscopico?

Entrambi. Solo la patologia colica, quella legata alla valutazione dello screening del cancro del colon, è eseguita su persone meno giovani.

Va però detto che un’alimentazione non equilibrata e la vita sedentaria fanno sì che anche ragazzi diciottenni accusino disturbi tali da sottoporsi agli esami endoscopici.

Hai trasformato, in breve tempo, il tuo reparto in un’eccellenza. Qual è il segreto?

Amare il proprio lavoro, tutto ciò che viene fatto con passione porterà ad ottimi risultati. Ammetto che la mia passione per la medicina è quasi totalizzante e cerco di infonderla a tutti coloro che lavorano con me e penso di esserci riuscito.

Lavorare in un ambiente dove si vuole migliorare per offrire un servizio d’eccellenza all’utenza è stimolante e ti rende orgoglioso, anche perché hai contribuito a salvare vite umane. Credo non ci sia al mondo cosa più bella di questa.

Un consiglio ai nostri lettori?

Evitare la sedentarietà e adottare un regime alimentare equilibrato.

Sergio Di Fenza - staff

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Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.