Autore e attrice si raccontano ad ExPartibus in occasione della trentesima replica napoletana dello spettacolo
Lo spettacolo sull’eroina della Rivoluzione napoletana, ‘Eleonora Pimentel Fonseca. Con civica espansione di cuore’ di Riccardo De Luca sabato 19 maggio, alle ore 19:00, e domenica 20 maggio, alle ore 18:00, torna in scena a Palazzo Serra di Cassano di Napoli, nella sede dell’Istituto Italiano per gli Studi filosofici, e festeggia le trenta repliche in città.
Una scommessa vinta quella di questo spettacolo, di cui parliamo con i protagonisti, l’autore e regista Riccardo De Luca e l’attrice Annalisa Renzulli che ha commosso le platee con la sua interpretazione di Eleonora.
Annalisa quando è nato questo progetto?
Nel dicembre 2015 quando il regista Riccardo de Luca pensò di riscrivere la drammaturgia dello spettacolo che aveva presentato in occasione del bicentenario della Repubblica napoletana nel 1999 in una versione che vedeva allora sei attrici alternarsi nel ruolo di Eleonora.
Il debutto è stato alla Sala del Capitolo di San Domenico Maggiore nel gennaio 2016 nell’ambito della rassegna ‘Natale a Napoli’ del Comune di Napoli.
Ricordo che non avevamo la più pallida idea di quanti spettatori sarebbero arrivati e d’improvviso vedemmo il foyer pieno e una lunga fila di persone disposte lungo tutto lo scalone che dava nel cortile. Nonostante la Sala ospitasse duecento posti non si riuscì a accogliere tutti. Al termine dello spettacolo non nascondo la sorpresa e la commozione per quel balzo in piedi degli spettatori alla parola ‘sipario’.
E la cosa più sorprendente è che, salvo rare eccezioni pur dettate dal fatto che lo spettacolo in teatro è ogni sera diverso, durante tutte le trenta repliche il pubblico ha continuato ad avere la stessa reazione, prolungando gli applausi per minuti interminabili. Si è generato un incredibile passaparola e spesso ci siamo trovati a dover chiudere le prenotazioni diversi giorni prima delle repliche programmate.
De Luca quale crede sia stato il motivo di un tale successo?
Annalisa Renzulli in primis senz’altro. Una capacità immedesimativa fuori dal comune unita a uno studio continuo della recitazione 24 ore su 24 che la fa essere in scena pensante, vigile e contemporaneamente emotiva.
Gli altri eccellenti sette, otto attori – ogni tanto c’è un turn over – scelti oltre che per la bravura anche per le straordinarie capacità camaleontiche, interpretiamo più di trenta personaggi, e qui mi permetto di citarci tutti: Gino Grossi, Francesca Rondinella, Salvatore Veneruso, Marianna Barba, Dario Barbato, Lucrezia Delli Veneri, Giovanni Sicignano, Riccardo De Luca.
E lei come autore e regista?
Io provo sempre a fare uno specchio del contemporaneo da qualunque epoca parli, sia essa quella di Shakespeare o il ‘700, perché il teatro senza il nostro oggi è puro esercizio archeologico.
I documenti sulla Rivoluzione del ’99, gli originali “della” Pimentel e i romanzi storici e la Storia – fior di storici hanno scritto sulla perfetta ricostruzione storica dello spettacolo – da cui prendo spunto sono da me organizzati drammaturgicamente e poi registicamente in modo tale che inducano il pubblico a riflettere sul presente e sul futuro.
Se parlo di lazzaronismo, di camorrismo, del potere cieco che spezzò quella meravigliosa classe dirigente della Repubblica Napoletana del 1799, scelgo i passi e invento lo spettacolo in modo tale che il legame con il presente sia sempre chiaramente percepibile al pubblico e che gli spettatori avvertano che i pensieri e ancor di più le azioni di quei signori del ’99 siano un punto di partenza, un vero e proprio riferimento per il futuro.
Se però il tutto non passa attraverso la fascinazione emotiva l’operazione intellettuale fallisce. E qui entrano in ballo gli attori.
Il pubblico ha due reazioni: chi rimane travolto dalle emozioni e poi ci pensa razionalmente nei giorni a venire e chi il contrario.
Catarsi immedesimativa, ho visto spesso il pubblico piangere, e critica brechtiana, altrettanto spesso uscire interrogandosi, devono essere entrambe potenti, perché al di là delle forme, dell’estetica e delle mode intellettualistiche questo è il teatro che resta.
Annalisa con le repliche di maggio festeggerete le trenta rappresentazioni di questo lavoro, quale retroscena può raccontarci?
Beh in merito ai retroscena mi vengono in mente le parole o talvolta i comportamenti sorprendenti di alcuni spettatori che venivano a conoscermi a fine spettacolo.
Ricordo una signora molto commossa che mi ha dichiarato ‘avrei voluto alzarmi e salvarti’, diversi spettatori che mi hanno detto che cercavano da tempo di dare volto e sangue alla Eleonora di Striano e che finalmente adesso l’avevano trovata, ‘resterà la mia Eleonora per sempre’, chi mi ha parlato di una gratitudine immensa perché a Lenòr avevo restituito la vita e così contribuito a rendere la Storia meno ingiusta. E poi ci sono le lettere che mi hanno scritto.Ho riflettuto su quanto sia difficile che uno spettatore tornando a casa senta il bisogno di scrivere, di scrivere dello spettacolo, di entrare in qualche modo in contatto con gli attori. Parole commoventi e profonde, di cui non smetterò mai di ringraziare e che porto incise sul cuore. E poi, ancora, chi ha atteso paziente il momento per avvicinarsi nei camerini, mi ha guardata in silenzio e senza parlare mi ha abbracciata… ma così forte!
Ricordo un signore che mi parlava anche a nome della moglie della grande emozione che avevano provato. Alla mia domanda ‘e sua moglie dov’è? Mi piacerebbe ringraziare anche lei’, la sua risposta è stata ‘qui dietro l’angolo, non crede di farcela a reggere due parole senza commozione’. Mi volto e la vedo lì, che ci guardava in silenzio con lo sguardo carico di gratitudine. L’ho abbracciata. Insomma una valanga di affetto e mi vengono in mente due considerazioni importanti sul teatro in generale che spero mi concederà ancora lo spazio di esprimere.
Trenta repliche per uno spettacolo prodotto dal basso non sono poche, specie considerato che siamo stati ospiti in sale di media grandezza, di 200 o 150 posti, sempre con il tutto esaurito.
E gli spettatori più volte hanno confessato di ricordare o addirittura sapere poco o nulla di quanto era accaduto a Napoli nel 1799.In altre parole, abbiamo raggiunto ben presto un pubblico che andava ben oltre quello di ‘nicchia’ degli appassionati, degli storici, degli studiosi a significare che quando il teatro incontra la Storia vestita di emozione può essere più forte di libri o lezioni, accendere la curiosità e allargare la conoscenza. Questa è stata senz’altro una grande soddisfazione.
E, infine, c’è un ultimo aspetto che mi preme sottolineare in un momento come questo che è anche inevitabilmente di bilanci. Per una produzione privata, che non può contare su fondi di alcun genere da investire in pubblicità, né sui finanziamenti ministeriali o su un circuito di abbonati come accade per i teatri, Eleonora rappresenta davvero un’eccezione alla regola.
In genere, le repliche di ogni spettacolo sono poche e in sale più piccole e presto bisogna passare al progetto di un nuovo lavoro. L’incredibile passaparola che si è generato intorno a questo spettacolo ci ha permessi di arrivare fino a qui e dimostrato che può vivere il fare teatro anche con le sole proprie forze. Dovesse finire domani il viaggio di ‘Eleonora Pimentel Fonseca. Con civica espansione di cuore’ non vi è dubbio sia stato un piccolo grande miracolo.
Per maggiori dettagli sullo spettacolo si rinvia alla recensione.
Autore Lorenza Iuliano
Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.