Solo chi ha sofferto capisce chi soffre?
Non aveva mai sofferto in vita sua, perciò non credeva nei dolori altrui.
Era quasi propenso a pensare che la sofferenza non esistesse e che tutti coloro che se ne lamentavano fossero esagerati, frignoni, vittime della loro stessa debolezza mentale.
Pensava:
E che sarà mai! Se dovessi ammalarmi mica reagirei in quel modo così poco dignitoso; farei le mie cure e non romperei le scatole a nessuno!
Coloro che hanno avuto la fortuna di essere sempre in salute non possono capire, comprendere chi soffre, e colpevolizzano chi sta male reputandolo perfino responsabile in gran parte dei propri malanni.
Si spazientiscono in fretta, non tollerano richieste di attenzioni poiché non amano affatto dover sottrarre il proprio tempo a svantaggio dei propri piaceri.
Diversamente, colui che è stato coinvolto nel dolore, come per esempio una malattia, la perdita di una persona cara o una depressione dovuta a cause particolari, riconosce nell’altro i propri malesseri e ne prova compassione.
È consapevole del fatto che l’umanità si muova costantemente alla ricerca di un rifugio che possa salvarla dalla sofferenza e posa il suo sguardo compassionevole laddove ci sono lamentazioni e preghiere.
Solo chi ha compreso che la vita è fatta anche di inevitabili patimenti non colpevolizza chi soffre e, anziché passare il tempo a rimproverare coloro che non hanno la fortuna di vivere un buon momento, si propone come appoggio consolatorio.
Non pretende certamente di caricarsi sulle spalle il dolore altrui, come potrebbe?
Il male non è trasferibile. La sua compassione lo porta però a sostenere e consolare almeno con la propria vicinanza, con il proprio aiuto, dove sia possibile, e con le proprie parole, chi fatica ad uscire dal baratro dei rimpianti, della malattia o della solitudine.
Non dirà mai:
Smettila di lamentarti dei tuoi malanni!
Quanto piuttosto:
Le tue invocazioni sono più che ragionevoli, ti capisco e ti comprendo, le tue lamentele sono i primi passi, le tue prime tentennanti azioni per cercare di ottenere la libertà, sono il desiderio di essere sollecitato a reagire, ad uscire, a non abbatterti e a combattere.
Ora lotti in questa maniera, pregando un Dio o qualcuno che ti aiuti, ma è solo il primo passo, e io voglio aiutarti a compiere il secondo, quello di prendere rifugio anche e soprattutto nella tua forza interiore.
Questo straordinario e solidale fenomeno di empatia dimostra che possiamo identificarci con chi soffre e l’io prettamente individualista scompare, diventa un non-io, per poi riapparire e moltiplicarsi in un sì-noi.
Tratto dal Corso Naturopatia dell’Anima – Counseling Filosofico
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Autore natyan
natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.
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