Site icon ExPartibus

Discorso integrale di Rossi a commemorazione Gronchi a Pontedera (PI)

Enrico Rossi


Il Presidente della Regione Toscana alle celebrazioni del 40° anniversario dalla morte del Presidente Gronchi

Riceviamo e pubblichiamo da Agenzia Toscana Notizie.

È un onore per me essere qui oggi a Pontedera, alla presenza del Presidente della Repubblica, a commemorare Giovanni Gronchi.
Mi fa piacere ricordare che già nel 1995, da Sindaco, accolsi l’allora Presidente Oscar Luigi Scalfaro venuto in occasione del 50° anniversario della Liberazione e del 40° dell’elezione di Gronchi alla Presidenza della Repubblica.
Il percorso politico di Giovanni Gronchi fu segnato da un’attenzione profonda alle questioni sociali e alle ragioni del lavoro. Ragioni che fece valere durante tutta la sua lunga carriera politica. In tutto il suo percorso mantenne sempre, inoltre, un forte legame con questo territorio, con Pontedera e con la zona pisana.

Proveniva da una famiglia di estrazione popolare. Queste origini gli ricordarono sempre l’importanza della lotta per il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e dei ceti più umili. Insistette sempre su quanto questo fosse necessario per il loro inserimento nella vita democratica del Paese. Nato nel 1887, dopo un’infanzia di sacrifici e di stenti, Giovanni Gronchi compì studi umanistici e letterari, venendo ammesso nel 1904 alla Scuola Normale di Pisa. Fu seguace delle dottrine di Giuseppe Toniolo e agli studi e alla successiva attività di insegnamento affiancò un precoce impegno nel mondo cattolico.

Giovanissimo divenne Presidente del circolo giovanile cattolico “S. Luigi” di Pontedera. Aderì al movimento democratico cristiano di Romolo Murri e, alla fine della guerra, partecipò alla fondazione del Partito Popolare. A 32 anni, nel 1919, venne eletto deputato nella circoscrizione di Pisa e Livorno.

Sempre attento ai problemi sindacali, nel 1920 divenne anche segretario generale della Confederazione Italiana dei Lavoratori.

La tutela del lavoro e dell’occupazione, anche nel territorio pisano, furono una sua costante preoccupazione. Dopo la seconda guerra mondiale, infatti, intervenne con i dirigenti della Marzotto, della Piaggio, della Saint Gobain, della Richard-Ginori e della stessa FIAT per difendere il tessuto produttivo locale e per promuoverne la ricostruzione. Notevole fu anche il suo impegno per dotare questo territorio di infrastrutture importanti, tra cui vorrei ricordare lo Scolmatore dell’Arno, fondamentale per superare il problema delle inondazioni a Pisa.

La ripresa dell’impegno politico nel secondo dopoguerra veniva dopo una lunga fase di ritiro a vita privata, in dissenso rispetto al regime fascista, rispetto al quale Gronchi seguì le posizioni di Sturzo e del Partito Popolare. Da parlamentare aveva denunciato con forza le intimidazioni e le responsabilità del fascismo nell’omicidio Matteotti. Fu membro del Comitato di Liberazione Nazionale e, dal 1943, lavorò per la costruzione del sindacato unitario, confrontandosi lungamente con Di Vittorio. Da Presidente della Camera, dieci anni dopo, della Resistenza sottolineerà il carattere di “moto popolare nel senso più largo ed effettivo della parola”.

Dopo la sua elezione a Presidente della Repubblica, avvenuta anche grazie ai voti delle sinistre comuniste e socialiste, nel discorso di insediamento Gronchi richiamava la “percezione precisa” presente nella coscienza pubblica “che un ciclo decennale si è chiuso e una nuova fase si inizia”. Gronchi poneva l’attenzione su “quelle masse lavoratrici” e “quei ceti medi che il suffragio universale ha condotto sino alle soglie dell’edifico dello Stato senza introdurle effettivamente dove si esercita la direzione politica di questo”.

Elementi della sua presidenza furono il tentativo di superare il centrismo, l’impulso all’attuazione della Costituzione per le parti ancora disattese e un notevole attivismo per una politica estera più autonoma nel contesto del Mediterraneo.

Dopo la fine del suo mandato presidenziale, Gronchi fu senatore a vita fino alla sua morte, avvenuta il 17 ottobre 1978, 40 anni fa. Si concludeva una vita segnata da un impegno costante, vissuto in forme e ruoli diversi, per le ragioni del lavoro, della Costituzione, della democrazia e dell’uguaglianza.

Impegno evidenziato dalle parole che rivolse nel 1956 agli industriali di Detroit:
“la democrazia trae forza e alimento non solo dal funzionamento di istituzioni liberali, ma anche dal conseguimento di una misura di prosperità e sicurezza economica, che sola può determinare la piena identificazione con lo Stato delle grandi masse della popolazione”.

Un insegnamento che conserva ancora oggi una grandissima attualità, così come la conservano i pensieri che l’11 ottobre 1944, a guerra ancora in corso, consegnò a un’intervista alla Nazione del Popolo, affermando che il piano di ricostruzione dell’industria italiana non poteva “non essere inquadrato nel piano più vasto dell’economia europea”. Parole che oggi, di fronte alla lunga crisi che attraversiamo, andrebbero ricordate e rimeditate.

Io ritengo che sia il momento di ritornare all’origine della nostra democrazia repubblicana, ai suoi ideali e ai suoi fondamenti. È giunto il momento, come direbbe Machiavelli, di “ritirare la Repubblica verso il suo principio”, per un nuovo inizio, nel secolo nuovo. E, come direbbe con parole ancora attuali Gronchi, “per costruire insieme forme superiori di convivenza sociale e politica”.

Benvenuto Presidente a Pontedera e in Toscana!

Exit mobile version