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Diritto alla prole e sovrappopolazione – Riflessioni scomode

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Volantino meno figli


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Ha fatto discutere la vicenda del volantino rilasciato qualche giorno fa dal comune di Cremona dal titolo ‘Fai una spesa responsabile’. Tra le ‘Quattro azioni individuali più efficaci per mitigare i cambiamenti climatici’ figura infatti, a pag. 15, quella di fare meno figli.

La brochure, firmata dagli Assessori Rosita Viola, con delega alle politiche familiari, e Simona Pasquali, Mobilità sostenibile e Ambiente, ha alzato un polverone non da poco, varcando in poche ore i confini cittadini.

Il Sindaco Gianluca Galimberti prende le distanze, affermando dal suo profilo Facebook:

Non avevo visto il libretto prima della notizia. Quello che è stato scritto è profondamente sbagliato e stupido, grave e non condivisibile. Gli assessori hanno spiegato che è un contenuto estrapolato malissimo da un contesto più generale di uno studio.
Verrà ritirato!

Ancor più duro ‘Cremona Oggi’, che si chiede se sia

mai possibile, ma soprattutto accettabile, che un assessore della nostra città, quand’anche addetto all’Ambiente ed ancor più se addetto alle Politiche sociali e alla famiglia, consigli ai concittadini di scongiurare le nascite di bambini e di evitare di crearsi una famiglia, tanto più numerosa, ritenendoli altrimenti responsabili dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento? Un assessore “alla Fragilità”? Di quale fragilità? Quelle delle piantine e delle verdure…?

Eppure non tutti hanno considerato totalmente peregrino il quesito. Già, perché la sovrappopolazione è davvero un problema, come decine di studi provano a dimostrare da decenni. Uno su tutti, un celebre paper del marzo dello scorso anno, pubblicato su Sustainability da Ehrlich e Harte, dal titolo ‘Pessimism on the food front[Pessimismo sul fronte alimentare].

I due ricercatori – non proprio gli ultimi arrivati: il primo è Presidente del Center for Conservation Biology e bing professor of population studies al Dipartimento di biologia della Stanford University; il secondo insegna a Berckley, presso il Dipartimento di scienze ambientali, politica e management – si chiedono: riuscirà l’umanità a nutrire in modo soddisfacente i bisogni alimentari di 11 miliardi di persone verso la fine di questo secolo?

Risposta:

Chiaramente non dopo 60 anni di assicurazioni sul fatto che il problema alimentare sarebbe stato risolto: oggi non ne non stiamo alimentando 7,5 miliardi.

Seguono le cifre, impietose, che parlano di

… un numero di persone denutrite in aumento, che nel 2016 ha raggiunto circa gli 815 milioni, mentre diversi miliardi di esseri umani soffrono di malnutrizione da micronutrienti.

Ciò che emerge dagli studi scientifici è che il problema delle nascite non è più demandabile alle sfere, opposte e incomunicanti, dei dati scientifici e della morale individuale. Ed è un’urgenza di cui il pensiero critico non può non farsi carico.

Certo, discutere della possibilità individuale di farsi una famiglia ingenera un blocco analitico quasi ancestrale, non soltanto di tipo empatico ed affettivo, ma incardinato in una invincibile volontà evolutiva, e nel diritto – per taluni addirittura un obbligo – di perpetrarla.

Non solo. I Paesi che hanno davvero affrontato un problema, come la Cina ed il suo progetto delle econascite – la cosiddetta ‘politica del figlio unico’, abrogata nel 2013 -, hanno operato in maniera lato sensu “politica”, il ché accentua, ovviamente, il tremendo fastidio verso la problematica. Ciò non può tuttavia significare ostracizzare – o peggio ridicolizzare -, mai come ora, le possibilità di analisi.

È forse tempo di costringersi a ripensare l’impatto globale dell’indiscriminato aumento demografico – abbiamo provato a farlo, da una prospettiva totalmente diversa, in un precedente articolo di questa rubrica. Soprattutto quando il problema incrocia diseguaglianze di tipo economico, tecnologico, medico, che lo acutizzano e lo esasperano, differendone drammaticamente la soluzione. È vero, ciò comporterebbe un’indagine faticosissima di alcuni capisaldi filosofici, sociali, giuridici del mondo occidentale.

Da Aristotele a Weber, dallo sviluppo individuale alla dimensione etica della famiglia – e, per quanto riguarda il nostro Paese, alla sua sacralità costituzionale – si tratta di vagliare problemi che destabilizzano la faticosa emersione moderna dell’individuo nel suo rapporto “libero” con la prole.

Ma bisogna farci necessariamente i conti, perché non è “della fragilità delle piantine e delle verdure” che si tratta, ma di un tema vitale, meta-individuale, che finirà col coinvolgere tutti al di là delle posizioni di ciascuno. Un problema che considera la tenuta formale di un involucro che mostra tragicamente le proprie ferite, e che non può essere più piegato alle esigenze della volontà, dei desideri o delle aspirazioni del singolo.

No, non può trattarsi solo di un problema scientifico, o peggio di una scelta autoritativa e cogente che trovi individui brutalmente impreparati. È tempo, per la filosofia, di tornare al faticoso aratro della sopravvivenza. Ne va non solo del senso ultimo della sua esistenza, ma della stessa vita dell’uomo e del Pianeta che lo ospita.

Autore Giuseppe Maria Ambrosio

Giuseppe Maria Ambrosio, giornalista pubblicista, assegnista di ricerca in Filosofia Politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’. Ha all'attivo numerose pubblicazioni su riviste italiane e straniere e collabora con diverse riviste di settore. Per ExPartibus cura la rubrica ScomodaMente.