Quando il proprio benessere dipende dalla presenza accudente dell’altro
Gli uomini onorano ciò che giace nella sfera della loro conoscenza, ma non si rendono conto di quanto dipendano da ciò che agisce oltre.
Chuang Tzu
Ognuno di noi è, in qualche misura, dipendente dall’altro, in quanto ha bisogno di approvazione, validazione e ammirazione per trovare sostegno e regolare la propria autostima.
Quando una persona ha difficoltà a prendere decisioni da sola, ha bisogno di rassicurazioni, assume comportamenti di sottomissione e non riesce ad essere funzionale senza qualcuno che si prenda cura di lei siamo di fronte ad un disagio.
Il termine “dipendente” deriva dal latino “de pendere”, ossia “essere appeso”, “attaccato”, e sono proprio questi vissuti che inducono a credere che il proprio benessere e il proprio valore siano soggetti alla presenza accudente dell’altro.
In tale condizione psicologica il singolo mostra difficoltà a porre un confine psichico tra se stesso e l’altro e a conservare la propria individualità. Nelle coppie in cui uno dei due è un dipendente, osserviamo un’assenza cronica di reciprocità, che tende a stressare e a creare dei “donatori d’amore a senso unico”, malessere psicologico o fisico.
La dipendenza affettiva è più diffusa tra le donne che tra gli uomini. Questo dato, però, può essere correlato a stereotipi culturali legati al genere, che la considerano più accettabile nel gentil sesso che, quindi, la esprime in maniera più vistosa.
Colei che ne soffre sacrifica i propri talenti, i propri bisogni e tutta se stessa per il proprio compagno, che viene vissuto come una sorta di “droga” assunta per riempire un vuoto interiore. Tale stato di assoluta dedizione all’altro la porta a perdere interesse per tutto ciò che non riguardi il suo oggetto d’amore e a chiudersi, sempre di più, nel rapporto di coppia.
Vive nella costante paura di essere abbandonata e questo timore la spinge a fare qualunque cosa per l’altro, anche andare contro i propri valori e la propria morale.
La paura del distacco, a sua volta, scatena altri sintomi, come l’ansia, la depressione, pensieri ossessivi e diverse forme di dipendenza: cibo, alcool, Internet.
La donna con un simile disagio, di solito, proviene da contesti familiari in cui i genitori, troppo presi dalle loro sofferenze, hanno trascurato la figlia da un punto di vista emotivo.
La bambina che cresce in questo tipo di contesto affettivo crede di non essere degna d’amore e di potersi guadagnare l’affetto del partner solo sacrificando a lui tutta se stessa.
La ricerca, inoltre, ha messo in evidenza che in famiglie del genere c’è un modello genitoriale che tende a rinforzare la subordinazione e a svalutare ogni tentativo di separazione e di individuazione. Nella psicoterapia, con queste pazienti, bisogna chiedersi ed esplorare, insieme a loro, che cosa le spaventi della separazione e dell’indipendenza.
Autore Dominga Verrone
La dottoressa Dominga Verrone è laureata in Psicologia clinica e di comunità e specializzata in Psicoterapia. Si occupa di ansia, depressione, attacchi di panico, fobie, disturbi di personalità, disturbi del comportamento alimentare, disfunzioni sessuali, problemi relazionali, mediazione familiare, dipendenza affettiva, disturbi specifici dell’apprendimento, valutazione psicodiagnostica delle demenze, consulenze tecniche di parte nelle cause civili e penali. Riceve dal lunedì al sabato negli studi di Napoli in via Belvedere e di Sant’Antimo (NA) in via Saragat. https://www.facebook.com/Dominga-Verrone-Psicologa-Psicoterapeuta-2006202949647763/