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Detenuto può essere privato di libertà personale ma non di dignità

detenuto


L’iniziativa prosegue la lunga tradizione del Partito Radicale di trascorrere il periodo feriale e torrido nelle carceri nel solco del nobile principio che lo vede impegnato nelle battaglie per la vita del diritto e per il diritto alla vita

Nell’ambito dell’iniziativa ‘Estate in carcere’, promossa da Forza Italia e dal Partito Radicale, martedì 6 agosto 2024 una delegazione del Partito Radicale ha fatto visita ai detenuti e al personale della Casa circondariale di Napoli – Poggioreale Giuseppe Salvia.

Nonostante gli sforzi della Direzione, degli Agenti di Polizia Penitenziaria e di tutti gli altri operatori, anche volontari, che con la loro dedizione, il senso del dovere, di responsabilità e di umanità, la situazione è a dir poco drammatica, giacché i detenuti vivono in celle malsane, con presenza di muffa, di insetti, con poche docce, molte malfunzionanti, e ristretti in pochi metri quadrati al limite degli spazi minimi vitali.
E, si badi bene, questa drammaticità non è solo per i detenuti, ma anche per gli agenti che lavorano in condizioni ben più che disagiate.

Il sovraffollamento, le poche risorse sia di personale che finanziarie a disposizione, la presenza di detenuti che dovrebbero essere collocati nelle REMS o ricoverati in apposite comunità terapeutiche o in strutture ospedaliere, costituiscono l’ennesima dimostrazione di uno Stato che vìola i principi fondamentali dell’Uomo come scolpiti nella nostra carta costituzionale e in quelle sovranazionali.

Costituzione della Repubblica italiana

Art. 13, 3° comma, “È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”.

Art. 27, 3° comma, “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

Art. 3 – “Proibizione della tortura – Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti“.

Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Art. 5 – “Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a tratta-mento o a punizione crudeli, inumani o degradanti”.

Lo Stato, cui il giudice affida in custodia – spesso inutilmente e per lungo tempo cautelare – il condannato ad espiare una pena detentiva dovrebbe osservare un comportamento adeguato ai principi fondamentali innanzi richiamati.

Ma così non è.

Lo Stato vìola quotidianamente, costantemente e sull’intero territorio nazionale le sue stesse leggi, il divieto di trattamenti disumani o degradanti di cui all’art. 3 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, incurante del dramma che vive chi viene privato della libertà personale, prima ancora che delle innumerevoli sentenze di condanna da parte della CEDU.

Tutto ciò è intollerabile e qualunque persona dotata di buon senso dovrebbe indignarsi.
Entrare, ad esempio, in una cella di pochi metri quadrati dove sono costretti e sopravvivono 24 ore su 24 nove persone, di età, nazionalità, cultura e ceto sociale diversi, fotografa perfettamente il significato di “tortura” e suscita una grande emozione ed una profonda indignazione.

Ma ritengo che per un parlamentare la necessità di ricevere consenso nei sondaggi e voti nelle tornate elettorali è più forte e sentita di qualunque sentimento.

E tutti quei deputati e senatori che brandiscono crocifissi o immagini sacre e fanno appello ai sentimenti dei “cattolici”, salvo poi sposarsi e divorziare più volte o mettendo al mondo figli al di fuori del matrimonio, restano però sordi e ciechi ai richiami dei più elementari principi umanitari.

Papa Giovanni Paolo II in occasione del giubileo del 2000 chiese un gesto di clemenza nel documento per il Giubileo nelle carceri e nella visita al carcere di Regina Coeli rinnovò la sua richiesta di amnistia; quando andò in visita al Parlamento italiano in seduta comune nel 2002 Papa Wojtyla rinnovò l’appello a che venisse concessa un’amnistia.

Tutto restò lettera morta.

E ancor più recentemente questo grido di dolore è stato lanciato da Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo 2025:

Propongo ai Governi che nell’Anno del Giubileo si assumano iniziative che restituiscano speranza; forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società; percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell’osservanza delle leggi.

Ma di amnistia è vietato parlarne.

E non si può certo pretendere dal quisque de populo un briciolo di umanità se, addirittura, un magistrato di sorveglianza arriva a sostenere in un provvedimento reso in nome del popolo italiano che

Con riferimento alla mancanza di acqua calda nel lavandino che si trova all’interno delle camere detentive, ritiene questo magistrato che la fornitura di acqua calda all’interno della cella non sia un diritto essenziale garantito al detenuto, ma una fornitura che si può pretendere solo in strutture alberghiere.

Aberrante!

Marco Pannella ha sempre e costantemente invocato l’adozione dell’amnistia, sostenendo che la stessa dovesse servire allo Stato per rientrare nella legalità, ponendo fine alle violazioni della carta costituzionale a causa del sistema carcerario e della insopportabile durata dei processi.

E in ossequio ai principi professati e praticati sul punto dal fondatore del Partito Radicale, Maurizio Turco e Irene Testa, rispettivamente Segretario e Tesoriera del Partito Radicale, hanno sempre sostenuto che

l’amnistia è un provvedimento tecnico giuridico di buon Governo, non a caso previsto in Costituzione che serve principalmente ai magistrati.

L’amnistia è un provvedimento di riforma strutturale per ricondurre in una cornice di legalità il processo penale e l’amministrazione della giustizia in Italia, il primo passo per affrontare la crisi della giustizia e l’emergenza del sovraffollamento delle carceri.

La crisi della giustizia e la situazione inumana delle carceri pongono in grave pericolo l’esistenza stessa dello Stato di diritto, come ci ammonisce da tempo il Consiglio d’Europa e con le sue sentenze la Corte europea dei diritti dell’uomo.

Purtroppo, resto convinto che per il nostro legislatore il consenso e il voto del quisque de populo siano molto più allettanti che non adottare una misura fondata su principi umanitari che, oltretutto, dovrebbe dare la stura ad una riforma radicale del sistema giustizia, senza cedere alle “imposizioni” della magistratura, rivendicando il principio costituzionale di separazione dei poteri.

Ma ci vorrebbe un legislatore coraggioso e insensibile agli ordini di quel regime partitocratico che indifferentemente da destra a sinistra condiziona la vita politica del nostro Paese.

Di questo regime il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito non ha mai fatto e mai farà parte, potendolo quindi combattere e osteggiare: per questo ogni sua iniziativa è coperta dal più assordante silenzio mediatico, per questo sono orgogliosamente iscritto al Partito Radicale, per questo chiedo a tutte le persone di buon senso di iscriversi come me [https://www.partitoradicale.it/iscrizioneonline/] per dare forza e sostegno al partito di chi continua a sostenere che:

Noi non “facciamo i politici”, i deputati, i leader… lottiamo, per quel che dobbiamo e per quel che crediamo.

E questa è la differenza che prima o poi, speriamo non troppo tardi, si dovrà comprendere.
Marco Pannella

Autore Umberto Limongelli

Umberto Limongelli, avvocato cassazionista, esperto in diritto bancario e societario. Già componente della Commissione Diritti Umani del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli; socio e probiviro della Camera degli Avvocati Civili di Napoli; Consigliere Generale e componente della Commissione Giustizia del Partito Radicale; Consigliere di Amministrazione della Centro di Produzione SpA - Radio Radicale

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