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Del Digiuno – Silenzio alimentare

Del digiuno


Inutile iniziare dicendo che siano iper connessi in un turbinio di frenesia, esagerazione, che, il più delle volte, ci fa perdere il controllo del nostro tempo e la consapevolezza del nostro essere.

Inoltre, si sa pure che in vacanza e in compagnia a volte si esagera: pranzi, cene, serate fino a tardi, ecc. ecc. Anche io, come tanti di voi, mi sono trovato reduce da giornate che, come scherzo a dire a volte, mi hanno levato qualche anno di vita.

Ora proviamo a chiudere gli occhi tre minuti, concentriamoci un momento in tranquillità a focalizzarci sul digiuno e a riaprire gli occhi dopo aver raccolto le prime sensazioni e i primi pensieri.

Riprendete a leggere.

So cosa state pensando: a che ora si mangia?

Il digiuno gode di cattiva fama, perché è associato a concetti reconditi e atavici del nostro inconscio legati alla miseria e alla sofferenza della fame: quel fastidioso gorgoglio allo stomaco che inizialmente dà fastidio ma è sopportabile, poi si trasforma in qualcosa che stringe e pressa, non ci fa concentrare su altro.

Poi arrivano i dolori, quei notori ‘morsi della fame’, che diventano ad un certo punto insopportabili in modo molto soggettivo. Non è vero?

Da tutto ciò vorremmo scappare? Ma prima parliamone! E certamente non confondiamolo con l’inedia.

In italiano desinare e altre forme analoghe, in francese déjeuner e in inglese dinner, provengono da una composizione latina dis + ieiunare, ossia il non digiuno.

Una curiosità sta nell’orario: nel corso dei secoli, la colazione si è sempre più posticipata arrivando a coprire un orario che, ai giorni nostri, è diventata addirittura la cena.

La costruzione sociale da cui deriva, con una nuance di snobismo, la colazione, la seconda, per chi per status aristocratico la prima non la vedeva mai, il pasto di mezzogiorno, che tra il Settecento e l’Ottocento era chiamato in nobiltà déjeuner à la forchette, quando la sera iniziava a non esistere più il souper, sostituito dal grand déjeuner di tardo pomeriggio.

Ma per i lavoratori di una volta, più grevi nel senso di fatica sui campi e che si alzavano all’alba, la cadenza dei pasti modaioli comportava troppe ore di digiuno e, dunque, il perché del pranzo.

Ancor oggi per gli orari è necessario calcolare un po’ di fuso tra Milano o più a nord e Napoli e più a sud. Senza scordare che, in alcuni ambienti e particolari momenti, esistono esperienze di pasto notturno: fra i diversi, ricordate il piatto di spaghetti a mezzanotte? Quello aglio olio e peperoncino. Ma avete mai provato burro aglio e peperoncino? No eh…

Tornando più seri, esattamente come respiriamo ed espiriamo, così siamo costretti a mangiare e digiunare alternatamente per il naturale ciclo di luce, considerando la pausa più lunga durante il sonno.

In realtà, per quel ciclo circadiano dovremmo nutrirci all’interno delle 12 ore massimo, 8 meglio, nel mentre il nostro apparato digerente è ‘acceso’ ed evitare cibo nelle restanti, quando è ‘spento’.

Per il digiuno è importante sapere che in noi esistono due serbatoi di energia: gli zuccheri, una specie di frigo, che si apre spesso, e grassi, una specie di freezer, al quale si accede molto raramente, chetosi.

La maggior parte di voi non credo abbia provato, ma trascorso quel periodo fastidioso descritto prima, creato principalmente dalla grelina, l’ormone della fame, prodotto soprattutto dallo stomaco, man mano scema e l’organismo comprende di andare a cibarsi nel secondo serbatoio.

Una volta arrivati a quel punto, paradossalmente per una serie di meccanismi, in condizioni di salute ottimale, il corpo ritrova energia. Ma siccome il passaggio può creare crisi d’adattamento, anche di natura emotiva, è consigliabile non essere da soli e magari farsi assistere da esperti, anche per l’integrazione di micronutrienti come vitamine e minerali, nel caso si voglia sperimentare.

Tutte le religioni e le pratiche iniziatiche osservano il digiuno, ma vorrei tendere a vedere la questione non dal punto di vista della privazione e dell’espiazione, come una sorta di castigo, piuttosto una porta d’ingresso per accedere da un lato ad una purificazione e dall’altro ad energie diverse dall’usuale.

Mi spiego meglio: padroneggiare la propria mente è uno dei requisiti principali di chi volesse approcciare un percorso di ricerca interiore e uno degli strumenti è proprio quello rendere il corpo un alleato silenzioso e stabile e, ovviamente, più purificato: uno di questi strumenti è proprio il digiuno prolungato.

Sarebbe inimmaginabile per un mistico, ad esempio, rimanere in meditazione continua attaccato da interferenze di crisi ipoglicemiche o altre espressioni organiche che si imporrebbero a farsi sentire?

Il focus di concentrazione, quindi, è facilitato da un silenzio ambientale nel quale è incluso il nostro corpo, che vede l’abbinamento del digiuno al silenzio mentale che ci aiuta a indagare noi stessi e liberarci dalle scorie: le tossine che potrebbero iniziare a circolare durante la ‘pulizia’ di disintossicazione da assenza di nutrimento esterno e potrebbero acuire i nostri conflitti entrando, così, in un sistema di resistenza psicologica.

Il digiuno fisico è un simbolo di quello spirituale. Esso comporta la purificazione dell’anima da tutti i desideri egoistici, l’acquisizione di attributi spirituali.

In verità io dico, il digiuno è il supremo rimedio e il sommo medicamento per il morbo dell’egoismo.
Bahá’u’lláh

Il distaccamento dai desideri mondani è un mezzo necessario di rallentamento dei ritmi per chi cerca di avvicinarsi a quello spirituale e trovarne gran giovamento. Diamo tante cose per scontate, ma, con alcune pratiche, si impara anche a render loro la vera preziosità che hanno.

Esistono tanti digiuni che possono creare molto più benessere di quanto immaginiamo alla purificazione emotiva, oltre che a quella fisica: ad esempio, il digiuno tecnologico e sociale, la solitudine volontaria e anche il digiuno vocale.

Anche il silenzio non gode sempre di buona fama, anzi, lo si rifugge alimentando continuamente la nostra mente con contenuti, impegni, immagini e rumori che, vorticosi, si alternano, intasandola.

Ne abbiamo paura atavicamente, ci sentiamo insicuri, non protetti per tanti motivi, anche perché, in silenzio, di fronte a noi stessi, davanti al nostro abisso, si è davanti all’ignoto, da cui può emergere tutto: l’angoscia, il dolore e tanto altro da cui vorremmo scappare.

Così, però, non riusciamo più a cogliere l’essenziale. Se il digiuno è spazio vuoto fra i cibi, anche il silenzio è una pausa di parole e confusione.

Il cibo cucinato e la parola pensata sono tra ciò che più ci differenzia dal mondo animale ed entrambi passano, alternatamente, dalla nostra bocca, attraverso la lingua e il primo alimenta la seconda.

Spirito leggero e ancora non capace di un raccoglimento interiore è quello che si leva rispondendo ad ogni chiamata, ad ogni rumore casuale; esso ha ancora in sé qualche inquietudine e qualche apprensione che lo tiene in continua ansia sospettosa.

[…] Sappi dunque che tu avrai veramente formato la tua persona quando nessun clamore più ti toccherà, nessuna voce, sia di lusinga, sia di minaccia, sia di vano strepito, potrà più strapparti a te stesso.
Lucio Anneo Seneca

L’alimentazione entra in noi e la parola esce. E se invertissimo il senso, un cambio di prospettiva? Alimentandoci di noi stessi riusciremmo a esprimerci dentro di noi e coniugare, così, l’emergere ed il fluire?

Come il digiuno intacca le nostre riserve interne, così il silenzio tocca la dimensione dell’inconscio, del sacro, del divino, perché la parola crea comunicazione, mentre il silenzio produce comunione.

Come il digiuno assume valore di simbolo di forza d’animo e strumento purificatorio, anche il silenzio è un vuoto fecondo, per far tacere le passioni in cui si è spettatori contemplativi del simbolo, avvicinarcisi e incorporarcisi. Non siamo più in grado di parlare a noi stessi e pensare profondamente, chiederci i perché e tentare di rispondere alle fondamentali ed imperiture domande.

Facendo del tuo essere un ambiente anecoico si sente il suono della pace e la vibrazione dell’universo, si sviluppano altri sensi e si percepiscono nuove frequenze. Una sorgente miracolosa.

Il primo grado della saggezza è sapere tacere; il secondo è saper parlare poco e moderarsi nel discorso; il terzo è sapere parlare senza parlare né male né molto.
Abate Dinouart

Non è così anche per il digiuno?

Un’esperienza implosiva: Digiuno e Silenzio sono dieta e rigenerazione per l’anima.

Alcuni luoghi facilitano molto il raccoglimento interiore, lo stacco netto dal quotidiano. Consideriamo che da quando nasciamo a quando moriamo per la quasi totalità del tempo viviamo in scatole: case, uffici, mezzi di trasporto… per finire nell’ultima scatola…

Il mio luogo? La montagna! Qui ho tracciato questo scritto, in digiuno, solo e nel silenzio. Provare per capire!

Dove mi esercito nella camminata meditativa consapevole, girando per l’abetaia più grande d’Europa, nella quale molti si perdono ed io mi ci ritrovo, ad assorbire energie dimenticate, nell’intento di aumentare la mia Luce interiore e di avvicinarmi al vertice della mia profondità.

Il percorso dove ci porterà?

Stay tuned! Restate sintonizzati e direi anche sincronizzati!

Autore Investigatore Culinario

Investigatore Culinario. Ingegnere dedito da trent'anni alle investigazioni private e all’intelligence, da sempre amante della lettura, che si diletta talvolta a scrivere. Attratto dall'esoterismo e dai significati nascosti, ha una spiccata passione anche per la cucina e, nel corso di molti anni, ha fatto una profonda ricerca per rintracciare qualità nelle materie prime e nei prodotti, andando a scoprire anche persone e luoghi laddove potesse essere riscontrata quella genuina passione e poter degustare bontà e ingegni culinari.

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