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Dall’Oracolo di Delfi a Cuma: la Sibilla d’Aspromonte

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La Sibilla d'Aspromonte - disegno di Daniela La Cava
La Sibilla d'Aspromonte - disegno di Daniela La Cava


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Sin dalla notte dei tempi l’essere umano ha sempre sentito la necessità di rivolgersi ad entità superiori, per conforto, contemplazione o in cerca di risposte.

Non riuscendo a cogliere messaggi divini, si trovò rimedio grazie all’aiuto di persone prescelte a cui era stato concesso il privilegio di comunicare con gli dei.

A questo ruolo non erano esenti le donne, che spesso rivestivano un ruolo straordinariamente potente. Nacquero così gli Oracoli, le Vestali e, naturalmente, le Sibille, sacerdotesse di Apollo o Ecate, scelte tra le più belle, nobili e ricche ragazze dell’epoca, devote al culto del dio per l’eternità.

Ma in che modo queste donne mortali riuscivano a rimanere giovani e bellissime per millenni?

Il trucco è presto svelato: quando la donna iniziava a mostrare i segni dell’età, i sacerdoti provvedevano tempestivamente al riciclo di una nuova e giovane sacerdotessa ben istruita alle arti divinatorie; il potere della Sibilla, infatti, risiedeva nella sua carica non nel suo corpo.

Diverse furono queste figure nella storia dell’antichità ma pochissime ricordate, come la Pizia, la sacerdotessa di Apollo a Delfi e, ovviamente, la Sibilla Cumana, che risiedeva nei monti Sibillini della capitale.

Anche in Calabria esistono testimonianze della presenza di una Sibilla, una giovane e bellissima sacerdotessa di Apollo, molto stimata dalla gente del posto, alla continua ricerca dei suoi saggi responsi: la Sibilla Aspromontana, conosciuta anche con altri appellativi quali: Saba Sibilla, Maga Sibilla, Maga Saba, Fata Sibilia…

Difficilmente si trovano documentazioni su questa figura non molto amata dalla chiesa ma sappiamo che la sua residenza si trovava nel punto più alto dell’Aspromonte, che oggi chiamiamo Montalto, in una spelonca che dà accesso alla sua dimora.

Lì assolveva ai suoi compiti di sacerdotessa finché, come accadde con le altre profetesse, fu sopraffatta dal vento ostile della nuova religione cristiana.

Miti e leggende sopravvissuti per millenni vennero spazzati via, sostituiti da racconti popolari inverosimili, privi di riferimenti geografici e culturali credibili, come la leggenda della Madonna che, allieva della Sibilla, rubò alla sua maestra il segreto della lievitazione del pane grazie ad un espediente ordito dalla madre Anna, oppure l’ira scatenata dalla delusione provata dalla maga dopo aver compreso che non sarebbe stata lei la prescelta a generare il Messia, bensì una sua allieva, contro cui nulla poteva.

Decise, quindi, di punire gli uomini, privandoli degli insegnamenti e ordinò alle sue allieve di bruciare il taccuino contenente il suo sapere, affinché la conoscenza andasse perduta per sempre. Così sarebbe accaduto se anche la Madonna avesse gettato sul rogo il prezioso taccuino.

Invece, quando la Maga le chiese se aveva già provveduto a lanciarlo tra le fiamme, la Madonna rispose che ‘l’aveva’, risposta incompleta, che la Sibilla interpretò come positiva, mentre la fonte della conoscenza era rimasta ben nascosta sotto il suo braccio.

Un racconto a dir poco inattendibile, eppure, su queste fragili fondamenta si ritrovano i legami con il culto della veneratissima Madonna di Polsi.

Nonostante fonti storiche accennino alla sua presenza da millenni, notizie della sua vita in Aspromonte ci provengono dal famoso poema di Andrea di Barberino ‘Guerrino detto il Meschino’, che narra le vicende di un condottiero di incerte origini, il cui soprannome gli venne dato per via dalla sua misera condizione di schiavo venduto in tenerissima età, alla ricerca della sua famiglia attraverso le guerre contro i turchi, che lo condurranno fino ai confini d’Europa.

Durante il suo viaggio in Calabria, Guerrino si rivolge alla Sibilla per chiederle di rivelargli la sua origine per poter ritrovare i suoi parenti.

Come Guerrino, in tanti, cavalieri o avventurieri attraversano montagne aspre e pericolose in cerca della maga ma, dopo aver ascoltato la profezia, molti di loro, spinti da un senso di colpa, si rivolgevano al pontefice per ottenere la remissione dei peccati.

Ma se molti cristiani, dopo essersi presentati al cospetto della Sibilla, correvano dal pontefice, sperando in un’assoluzione, che spesso non veniva concessa, come mai queste donne sono presenti anche nelle raffigurazioni sacre?

Gli esempi più lampanti riconducono ai bellissimi affreschi della Cappella Sistina, dove il divino Michelangelo raffigura, tra santi e personaggi biblici, anche varie sibille, come la celebre Sibilla Cumana.

Il motivo?

Originariamente, il cristianesimo era ben diverso da come si presenterà in epoche successive, alla luce del sole e senza rischio di persecuzioni. Agli albori della nuova religione le donne non venivano considerate inferiori all’uomo ed era concesso loro di praticare gli insegnamenti di Cristo in qualità di diaconesse. La figura più rappresentativa della donna sacerdote nella storia della cristianità è sant’Elena, madre dell’Imperatore Costantino.

In questo clima di indipendenza spirituale dagli idoli pagani le sacerdotesse che preannunciavano l’arrivo del Messia avrebbero mantenuto la loro leadership ma, come sappiamo, la storia cambiò direzione, associando, sempre più, la figura delle sibille a quella delle maghe e dei demoni da scongiurare.

Donne così peccaminose da necessitare dell’assoluzione papale per chiunque si fosse avventurato in cerca della loro conoscenza.

Lentamente il culto pagano viene sostituito con quello mariano e l’antica sapienza delle sibille bandita dai confini cristiani; ma tra gli antri di anguste spelonche da secoli attraversate dai più coraggiosi o disperati in cerca di un responso divino, antichi rituali, canti propiziatori, vaticini pronunciati con versi sibillini risuonano ancora in ogni soffio tra i monti che un tempo furono residenze delle supreme sacerdotesse.

Autore Daniela La Cava

Daniela La Cava, scrittrice, costumista, storica del Costume. Autrice di volumi sulla storia del costume dal titolo "Il viaggio della moda nel tempo". Collabora con terronitv raccontando storie e leggende della sua terra, che ha raccolto nel volume "Calabria: Echi e Storie di una Terra tra due Mari".