Va bene la trama toccante tratta da una storia vera; va bene l’atto d’accusa contro il sistema sanitario americano dipendente dagli interessi delle case farmaceutiche; va bene il tentativo di raccontare il periodo storico in cui cominciò a mietere vittime l’AIDS…
Elementi innegabili per un film che incuriosisce, ma ad essere sinceri ‘Dallas Buyers Club’ non sarebbe nulla più che un’opera discreta dai tratti crudi se non fosse per un’imperiosa interpretazione di Matthew McConaughey.
Già, Matthew McConaughey: il belloccio con corpo da modello che pubblicizza un famoso profumo; l’attore che faceva ridere più che storcere il naso in film come ‘Prima o poi mi sposo’, ‘Contact’ e persino nel decente ‘EdTv’; l’unica nota stonata di pellicole come ‘Tredici variazioni sul tema’ e ‘Amistad’.
Si potrebbe infierire all’infinito perché sarebbe solo un motivo in più per lodare quello che dimostra di essere diventato ora Matthew McConaughey: un ottimo attore.
Quelle tre, quattro persone che sono riuscite a vederlo in ‘Paper Boy’, le cinque, sei che l’hanno visto in ‘Killer Joe’, lo scarso centinaio che l’ha ammirato in ‘Magic Mike’ avevano già notato la metamorfosi, ma sono stati senz’altro i cinque minuti di ‘The Wolf of Wall Street’ di Scorsese, visto da molti milioni in tutto il mondo, a far capire che Matthew McConaughey non era più lo stesso.
L’interpretazione di ‘Dallas Buyers Club’ è, prima di tutto, sconvolgente a livello fisico: 23 chili in meno per calarsi nei panni dell’elettricista texano Ron Woodroof, donnaiolo omofobo, drogato e furfante razzista che negli anni ’80, dopo aver scoperto di essere affetto da AIDS, ingaggiò una battaglia contro il sistema sanitario americano importando dal Messico negli Usa medicinali illegali che, al contrario di quelli utilizzati negli ospedali statunitensi, risultavano benefici e palliativi.
Oltre ad usarli personalmente, Woodroof rivendeva e distribuiva i medicinali che importava ad altri ammalati facendoli iscrivere ad un club così da guadagnarci, anche se, con il tempo, la sua divenne quasi una sorta di missione, tanto che molti di quelli che non potevano pagare ricevevano comunque i farmaci.
Woodroof morì sette anni dopo aver contratto il virus dell’HIV, nonostante i medici gli avessero detto, dopo le prime analisi, che gli restava a stento un mese da vivere.
La malattia cambiò moralmente e caratterialmente Woodroof che, da omofobo e razzista, divenne socievole e comprensivo, scoprendo una solidarietà ed un’umanità verso quelle persone che prima odiava, omosessuali, immigrati, transessuali, che, paradossalmente, non si sarebbe mai rivelata se non si fosse ammalato.
La metamorfosi espressivo-comportamentale è il secondo sorprendente pregio dell’interpretazione di Matthew McConaughey.
Da lurido bastardo odioso con lo sguardo malvagio e truffaldino ad essere razionale con una crescente sofferenza in quegli occhi la cui rabbia si trasferisce dalle categorie di persone che non conoscendo non accettava verso quel sistema sanitario talmente marcio da dover aggirare e combattere in tutti i modi.
Metro essenziale per il giudizio positivo sul cambio di registro recitativo di Matthew McConaughey nell’arco del film è il rapporto del suo Woodroof con Rayon, il transgender interpretato, con bravura impressionante, da Jared Leto, cantante dei 30 Seconds To Mars.
Al primo incontro tra i due si percepisce, fin troppo chiaramente, il disprezzo, il disgusto di Ron, ma l’evoluzione della storia porta alla nascita di un’intesa che va al di là degli affari messi in piedi dai due e le attenzioni del protagonista verso il transessuale diventano quasi fraterne; la comparsa della consapevolezza in Ron si palesa nella preoccupazione e nel comportamento nei confronti di Rayon che vede, a poco a poco, peggiorare e spegnersi.
‘Dallas Buyers Club’ è sopratutto un’eccellente prova attoriale di Matthew McConaughey e Jared Leto, entrambi premiati sia con il Golden Globe che con l’Oscar nel 2014, l’aspetto tecnico e la regia di Jean-Marc Vallèe sono appena accettabili e forse non all’altezza di una buona sceneggiatura scrupolosa e sofferta scritta da Craig Borten.
A distanza di oltre vent’anni dall’incontro che ebbe con il vero Ron Woodroof un mese prima che morisse, Borten è riuscito finalmente a veder realizzato il film che aveva deciso di scrivere appena venuto a conoscenza della storia del ‘Dallas Buyers Club’.
Autore Paco De Renzis
Nato tra le braccia di Partenope e cresciuto alle falde del Vesuvio, inguaribile cinefilo dalla tenera età… per "colpa" delle visioni premature de 'Il Padrino' e della 'Trilogia del Dollaro' di Sergio Leone. Indole e animo partenopeo lo rendono fiero conterraneo di Totò e Troisi come di Francesco Rosi e Paolo Sorrentino. L’unico film che ancora detiene il record per averlo fatto addormentare al cinema è 'Il Signore degli Anelli', ma Tolkien comparendogli in sogno lo ha già perdonato dicendogli che per sua fortuna lui è morto molto tempo prima di vederlo. Da quando scrive della Settima Arte ha come missione la diffusione dei film del passato e "spingere" la gente ad andare al Cinema stimolandone la curiosità attraverso i suoi articoli… ma visto i dati sconfortanti degli incassi negli ultimi anni pare il suo impegno stia avendo esattamente l’effetto contrario. Incurante della povertà dei botteghini, vagamente preoccupato per le sue tasche vuote, imperterrito continua la missione da giornalista pubblicista.