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Cristina di Svezia nella terra del Giglio e della Rosa

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Ogni storica figura è ai nostri occhi, abituati ad indagare a tutto tondo, ricca di sfaccettature che poi depositiamo negli scaffali della memoria. E…ogni volta che le rileggiamo con “occhi nuovi” secondo il concetto proustiano, invece di liberare tutto l’insieme dalle ridondanze, aggiungiamo e per di più stratifichiamo altre elaborazioni.

La verità, è un “bozzolo” sul quale continuano ad intrecciarsi filamenti di supposizioni e analisi sempre più ingarbugliate che non lasciano intendere se all’ interno ci sia la “farfalla” oppure, i suoi resti mummificati e silenti. Un dato reale “scarnito” ma vivo invece si offre al progresso del mondo sublimando essenza libratile.

Molteplici i modi di raccontare e… ogni figura è un “insieme” di dati certi; con un coacervo di dicerie, leggende, aneddoti, spesso “impastati”, dai veleni di un’antipatia riguardo al personaggio in esame, di avversità ideologiche oppure, come in un “fronte” opposto, da forme di simpatia trasognata, quando la mente del narratore, si abbandona all’influsso di un “transfert”; sintomo del desiderio di immedesimazione.

Un rigore scientifico procede da un lato, non riuscendo ad essere tale fino in fondo per difetto di parzialità ed una sorta di “liberazione” creativa, travalicante ogni dato reale dall’altro che, si configura nel mito, certo più fascinoso ed affascinante, poetico ma… avulso; non corrispondente alla realtà. Esiste però un’altra condizione atta rilevare gli effetti di un “nascondimento” voluto dagli “incanalatori” del pensiero collettivo, per ricavarne almeno come in una sublimazione alchemica una goccia secreta utile a corroborare un sentimento “alto” della conoscenza, nel cammino verso un futuro che niente deve concedere alla perdita della Memoria.

Verità obnubilata dunque, ma questa… come la Pudicizia che ammiriamo a Napoli nella cappella Sansevero lascia intravedere, quando queste ci sono, l’abbondanza delle sue forme e la filosofale sostanza attraverso la lettura dei suoi simboli che non sono “orpelli” semplicemente decorativi.

Una cronaca vera, oggettiva delle figure o delle vicende è difficile da trovare, nella “mirabilia” cartacea e nelle testimonianze monumentali celebrative erette a “futura memoria”.

La Storia che dovrebbe essere sempre, maestra di vita, risulta essere la prima a “mentire” sul suo stesso svolgimento.

Essa è, troppo spesso “verità” postuma, al servizio di chi la fa raccontare; venendo “impartita” a coloro che devono apprenderla ricavandone di conseguenza “stilemi” esistenziali e comportamentali.

È così, anche se in maniera certamente più “dorata” per i figli dei governanti del mondo, dovendo ereditare un regno e con esso la propria “mitologia”. Per cui, esiste sempre una “storia segreta” di palazzo, ed un’altra “vulgata” per le masse che, apprendendola devono obbedire a progetti dei quali conoscono a mala pena, soltanto le facciate esteriori.

Cristina di Svezia

Cristina di Svezia è in questo caso, esempio “calzante” di quella “mitologia” plasmatrice. Differendo da altri che invece (uso il tempo presente perché, tutto è rimasto invariato) osservano attentamente i canoni della regalità, esercitando il Potere con il metodo ereditato dalla storia, in maniera pedissequa. Questi rimangono ancorati all’ interesse concreto, contingente. Essi vogliono “salvano” sempre il proprio ruolo e… ne vivono infine, solo gli aspetti materialistici.

Cristina, vola alta, più in alto dei “servitori” della Ragion di Stato, nell’esercizio del “Mestiere di Re”, accettando una resa a favore degli apparati più reazionari, più realisti del re; in questo caso di una regina. Si divincola da una Corona opprimente, asfissiante, a causa di una corte “granitica”, inamovibile sul piano d’ogni innovazione culturale, nonostante i suoi sforzi e le sue “impennate”.

Si sradica da luoghi definiti, in cerca di “mitiche radici”, mette le ali a quello che considera il suo tempio personale, montato sulle ruote della sua carrozza “vagabonda” per le strade d’Europa.

Realizza per se stessa un’immagine precisa della cultura alchemica ed ermetica propagandata dal movimento rosacruciano, in piena attività ed espansione fra le menti colte dell’Europa nord-orientale (cioè la Terra del Giglio e della Rosa); fa della sua “reggia” un Tempio sospeso tra Terra e Cielo; una sorta di Vimana abitato da lei come una Gran Sacerdotessa e dal Consesso di Sapienti con i quali si accompagna, insieme alla corte ed i suoi servitori.

Proclama se stessa, emissaria di un “messaggio” basato sulla Mistica del suo preziosissimo Sangue; cioè installa il suo desiderio di reintegrazione nella Legittima Pars, cioè sul “dodicesimo” del mondo secondo la definizione “sangraalica” che, conosce bene per essere in osmosi con tale “mitologia”, sul risultato degli intrecci dinastici che la collegano alle origini di una regalità Sacra e con pretese “messianiche”.

Ricordo che stiamo illustrando un probabile pensiero “incarnato” nel nome Cristina, derivante dal gr. Christòs “messia” e non di come oggi noi possiamo interpretare il tutto. Riferisco semplicemente a titolo d’inventario che esiste oggi d’altro canto, un interesse specifico da parte di alcuni narratori e studiosi sulla teoria “desposynica”, basata appunto sugli intrecci dinastici. Inoltre c’è da porre l’accento sulla sua particolare cultura di Cristina, della quale ella stessa è parte attiva e produttiva. Protegge tutta la vita (grande merito inconfutabile che sempre le va riconosciuto) le arti, le scienze, la filosofia, tanto da essere definita l’Athena del Nord. Una dea rediviva capace di far rifiorire i boschi d’Arcadia.

Ed il potere secolare? Beh quello, lo mantiene senza che venga messo in discussione, in un epoca che è ancora lontana dal veder fiorire i frutti della Ragione e gli inalienabili Diritti dell’Uomo; lo esercita con pugno di ferro, nel ristretto mondo della sua corte, con i suoi “famigli”, le dame di compagnia, i servitori di camera, i cocchieri, gli stallieri, guardie e spietati agenti, esecutori di efferate sentenze.

Tutto questo è nell’usuale “pacchetto” di una sovranità tipica nel XVII secolo. Non bisogna dimenticare le regole di vita, nel tempo in cui non si è ancora spenta l’eco della rovinosa guerra dei trent’anni, che in sostanza è stato il primo conflitto mondiale della Storia, per il numero di nazioni coinvolte e per le terre interessate che si estendevano già oltre oceano.

Con la sua casa ed il suo lignaggio diventato itinerante, mantiene feudi di famiglia e rendite, pur rivendicando appannaggi alla corona, ottenendoli anche se a fatica.

A suo cugino Carlo Gustavo, cioè Carlo X, abdicando lascia la Svezia, ma non il suo progetto personale che, riguarda la sua libertà di vita, di costumi e di conoscenza, insieme alla volontà di ricollocarsi su orme regali senza tempo, contrassegnate da attributi simbolici, pervenuti da una eredità millenaria. Un patrimonio che fa valere anche con la Chiesa ora più che mai attenta a non provocare ulteriori eresie e scismi che già per lungo tempo hanno infiammato la cristianità.

Vediamo una Madre Chiesa fortemente repressiva, (in Campo de’ Fiori aleggiavano ancora i fumi del rogo di Giordano Bruno) diventare improvvisamente tollerante e protettiva con lei, (è vero che è una regina, ma guerre di religione sono scoppiate anche contro potentissimi imperatori del Sacro Romano Impero e per molto meno) tanto da chiudere gli occhi sul fatto che a gran voce il popolo la definisca “Regina di Roma”. Tale definizione esaminandola oggi, lungi dall’essere una sorta di sovranità morale, appare invece come un concetto in cammino, ritagliato sulla sua particolare figura, mirante ad un regno meno imperioso per retaggio storico ma certamente più “solare”, centrale in quel mediterraneo culla d’ogni mito, il Regno di Napoli.

Il “Sangue”

È necessario a questo punto, dire qualcosa sul suo “Sangue”.

Che cosa c’è in questo Sangue Reale, tanto da essere creduto da lei così speciale e da farla sentire diversa dalle altre tipologie di regnanti?

Non intendo tediare con dettagli di intrecci dinastici; mi limiterò a citare solo le figure determinanti.

Incominciamo da Jogaila, l’eponimo. Primo governante Jagellone (Granduca di Lituania). Gli storici si riferiscono a lui come a Ladislao II di Lituania o come Ladislao II di Polonia e Lituania. Si convertì al cristianesimo, sposando la undicenne Jadwiga (Edwige di Polonia) che, proprio per aver spinto il consorte e le sue genti alla conversione viene fatta Santa dalla Chiesa di Roma.

Edwige è la seconda figlia del governante angioino di Polonia ed è cugina di Giovanna d’Angiò, regina di Napoli. Da loro nasce Caterina Jagellonica che sposa il Duca Giovanni di Finlandia che diviene in seguito re Giovanni III dei Vasa di Svezia. Da questi discende Sigismondo, poi Carlo IX ed infine Gustavo Adolfo che sposa Maria Eleonora di Brandeburgo. Sul piano simbolico si verifica l’unificazione; ma ciò non costringe a pensare o vedere concomitanze di accordi di mistici. Giglio angioino e Rosa palatina rappresentata dal “Brandeburgo” convolano a nozze meramente strategiche come in ogni avvicendamento politico. Nozze reali in ogni senso. Un “ricamo” mistico considerarsi funzionale alla “mitologia” prima enunciata.

Cristina di Svezia, viene al mondo, in una condizione “aurea”, ma generata come gli altri esseri umani, da un atto carnale, semplicissimo, del tutto naturale. Niente nozze alchemiche, mistiche come nella “traditio” dei Rosa+Croce.

Ma… forse sull’avvicendamento anche del tutto casuale, di questi due elementi che caratterizzano il pensiero ermetico, quel “gruppuscolo” alchemico rosacruciano deambulante a palazzo, avrà pure sviluppato ragionamenti per argomentare riflessioni, speculazioni sapienziali, convogliando tutto analogicamente, assiomaticamente, nell’ambito professato della “Imitatio Christi”. Tale è l’ambiente culturale che si muove a latere del processo educativo nella corte della regina bambina.  Ciò rappresenta per lei una fuga nel Numinoso. Possibilità di librarsi al di sopra della ferrea e poco fantasiosa preparazione ai Doveri di Stato. Seguiranno nella sua adolescenza e giovinezza per la sua propensione alle indagini della mente, attente letture degli scritti di John Dee e di Edward Kelley, nonché quelli del nostro Giordano Bruno; gli erano noti gli appunti e gli studi dei diagrammi ermetici ed un novero di dissertazioni provenienti dalle biblioteche imperiali del defunto Rodolfo II; scritti ricopiati dai suoi studiosi inviati a recuperare i carteggi del “nolano” prodotti nel suo soggiorno a Praga.

Apro qui una parentesi (Su Giordano Bruno c’è di più, sparso per l’Europa, di quanto ci sia in Italia; vediamo ad esempio l’abbondanza di “testimonianze” conservate nella Biblioteca Nazionale di San Pietroburgo).

Un via vai, sin dai tempi di Gustavo Adolfo, suo padre, di sapienti, scienziati di ogni settore, astronomi, astrologhi ed anche “lestofanti” indovini e poi ancora…musici, artisti d’ogni genere, influenzano ed indirizzano passioni, verso le scienze ed in particolare quelle non rivelate, praticate da pochi eletti. L’alternanza tra Ragione e Sentimento si rivelerà un meccanismo atto ad azionare una sorta di “Energia” di moto perpetuo per consegnarsi al futuro attraverso l’Opera Sapienziale. Scoprirà poi a sue spese che, la Ragione appunto perché è tale, va di pari passo con il rispetto delle leggi naturali, con limiti ed ostacoli “concreti”. Non si può comandare gli Elementi con “magiche millanterie” ma, deve imparare a governarsi al loro interno, così come cavalca da esperta cavallerizza, addirittura con piglio mascolino, il suo destriero in corsa. E… sa inoltre che, quando da questi vuole troppo, sia esso elemento, uomo o animale, si “sbrocca” facendola rotolare a terra. Così gli muore sotto gli occhi l’anziano Cartesio, colto da polmonite, così deve arrendersi alle ragioni di stato, abdicando, ed all’evidenza di ogni tradimento amoroso o politico, al diniego del re di Francia, ai temporeggiamenti dei papi che si succedono sulle sue aspirazioni al regno di Napoli prima e poi di Polonia. Soltanto vie creative e mecenatismo verso le alte espressioni del pensiero umano, in cui ella si riflette e si confronta riescono a darle quelle soddisfazioni puramente animiche e spirituali che, la consegnano alla Storia come personaggio illuminato.

Anche in quelle “promozioni” con cui fonda le sue accademie (come l’Arcadia) ed ordini mondani ed esoterici (come l’Amaranta e l’Aquilegia) si possono leggere e intravedere i fili che, collegano ai rivoli segreti del pensiero ermetico e soprattutto al “sotterraneo” Alfeo, fiume primigenio dell’Arcadia perduta, il pastorale mondo che tenacemente, cerca come appagamento sensuale ed intellettuale e… tenta, circondandosi di fervide menti, di risvegliarne idealmente i costumi.

Un dubbio ci assale, mordace ed ironico, a noi lettori moderni della Storia; una considerazione “caustica”: forse il mondo ed il tempo di un’Arcadia protostorica doveva essere certamente più cruento ed efferato e… ninfe e satiri armati di zufolo poco si aggirassero tra lande e pascoli ben difesi da agguerriti pastori, pronti ad assassinarsi tra loro per una pecora o per un confine travalicato.

Ma Arcadia sta per Paradiso, il Para-desha, il sanscrito Paese Supremo o l’Eden, il Giardino posto al centro della Creazione. Ed in realtà è proprio un Centro che, ella cerca, promuovendo circoli, cenacoli e certamen poetici. Protegge e dà l’aire ad un’intensa attività culturale e le personalità  appartenenti a tali circoli sono gli stessi che, daranno impulso anche in tempi successivi all’Alchimia, all’Esoterismo più alto e raffinato,  alle Arti, come i Vanvitelli, cioè Gaspar Wan Wittell e suo figlio Luigi Vanvitelli, fautore di un rinnovamento dell’Architettura ispirato proprio alla classicità ed al mito d’Arcadia, basti vedere la Reggia di Caserta ed i suoi giardini per capire come il lirismo del concetto poetico si trasformi, costruendo nello spazio organizzato da una Geometria Sacra un Arca-Dia, (Archa-Djàus), uno scrigno di Luce Sublime. Arrivando così da Arcade in Arcade ad Ugo Foscolo, fautore di una dimensione poetica che, liberata da ogni “melensaggine” si presenta al mondo con il suo “ruggito” titanico, muovendo i suoi passi fino all’esplosione del Romanticismo.

Cristina è continuamente “dentro”  geografie ermetiche, attraversando quella reale, nella terra del Giglio e della Rosa, vive, trasporta codesto concetto peregrinando di corte in corte, dalla Città Eterna ai palazzi reali d’Europa,  presa da interessi rivolti al mondo Rosa+Croce, all’Alchimia nella parte più “Alta”, quella Voarchadumia che, non lascia tempo e spazio alla semplice alchimia da banco che pure ha indagato nel laboratorio del marchese di Palombara, a tutte le scienze Alte, palesi o nascoste. La terra del Giglio e della Rosa è sì rappresentata dalle sue origini palatine per parte di madre o dal ceppo merovingio che si trasmette a lei attraverso gli Angiò ma, ancor di più, sempre più convintamente il paese del Giglio e della Rosa è in quel Tempio senza più radici, sospeso tra terra e cielo, tra Realtà ed Iperuranio. Il Giglio è Croce, la Rosa è Passione. L’alchemica “rugiada” il Ros Filosofarum che, la alimenta, la pone in una dimensione che non ha argini o confini ed ogni assioma alla fine coincide con un percorso tracciato archeometricamente che la ricollega all’Antica Regalità, sfociante nelle Unzioni Messianiche.

Pur nella sua impulsività, a volte gioiosa, altre volte rabbiosa, Cristina si trattiene, non “sbandiera” questo suo retaggio, se non a qualche “intimo” molto particolare. Alcune lettere alla sua protetta Ebba Sparre…svendute, dopo la sua morte, insieme ai suoi beni da Pompeo Azzolino erede del Cardinale Decio, conservate oggi in una collezione privata, la dice lunga su questo argomento. Inoltre se si potessero aprire allo studio, alla consultazione degli storici, gli Archivi Vaticani, troveremmo certamente altre notizie interessanti, visto che, anche il Papa Alessandro VIII comprò per un “tozzo di pane” la splendida biblioteca ed i carteggi annessi.

Cristina ha un retaggio che, non è disposta a far passare in second’ordine. Continuerà non avendo mai rinunciato al titolo di regina, a richiedere collocazioni consone al suo Status. A questo valore ella si abbarbica convintamente, riuscendo anche a farlo “passare” attraverso vie segrete, fino all’orecchio degli interessati più prossimi: i regnanti più potenti sul piano secolare e spirituale, cioè il Trono e l’Altare! Attraverso il legame sentimentale, il Cardinale Decio Azzolino esercita un controllo continuo dei suoi percorsi e delle sue relazioni, ed alla fine ne sarà l’erede universale.

Oggi le trame, intrighi, interessi svariati, relazioni, possono essere rinverdite da chiunque, attraverso una vasta letteratura storica, utilizzando quel grande aiutante della memoria di sistema che è Internet, ma…dentro la Storia, ci rendiamo conto, viaggiano espressioni del Pensiero, impulsi animici, pulsioni del Sentimento… ed allora proviamo a decifrarne anche un’altra, la cui essenza forse è rimasta “congelata” dentro lo scaffale delle “definizioni” di una scientificità utilissima nel catalogare ma che impone come  “draconiana misura” e… forse troppo spesso, un tetto chiuso, definito, sulle aspirazioni umane alla conoscenza. C’è invece un desiderio di confrontarsi con la profondità del “cielo stellato” e con l’offerta di un’enorme varietà di rotte, di tracciati, atti a percorrere l’Infinito.

Perché il Regno di Napoli?

Una donna singolare, dalla complessa personalità ispiratrice di artisti e letterati. Esistono di lei molti ritratti, sia iconografici che letterari. Tra questi un’accurata descrizione fatta al Duca di Guisa; un ritratto di Cristina, una vera apoteosi, quasi una “dichiarazione” in cui la stima altissima è adornata da un sentimento più profondo. È riferita di rimando da padre Mannerschied, confessore del nobile spagnolo Antonio Pimentel del Prado, ambasciatore del re di Spagna presso la Corona svedese…e dice testualmente: “Ella è molto educata e piacevole, parla otto lingue ed il francese particolarmente bene, come se fosse nata a Parigi ; il suo Sapere, supera quello della nostra Accademia e della Sorbona messe insieme; è estremamente dotata sia per la Pittura, sia per le altre cose e conosce gli intrighi di Corte meglio degli stessi cortigiani. In sintesi ella è una creatura straordinaria.” Concentriamo la nostra attenzione su quest’ultima definizione: “creatura straordinaria” e…rapportiamola ad un tempo che cerca di uscire dalla “cupezza” della Controriforma vestendosi del fasto e della bizzarria del Barocco (dal termine spagnolo “barrueco” cioè contorto, irregolare, grottesco, bizzarro). Raso e sete rigonfie di vento paludano le figure della iconografia del secolo XVII. C’è in tutti i campi un’attesa di avvenimenti “straordinari”, per cui è comprensibile che, una una regina dal comportamento così imprevedibile, insolito, venisse vista ed inserita come funzionale ad ogni sommovimento della realtà e di ogni sistema costituito. Anni di scismi, di guerre trentennali e di predicazioni apocalittiche in tutta Europa, inquisizioni e profezie annunciate in maggior parte da mistici spagnoli… e la Spagna era ancora in quel preciso momento, larga parte dell’Europa stessa e del Globo; questi segnali dunque tornando alla nostra analisi, influenzano le menti, anche quelle dei governanti più scettici e… fanno prendere a quelli più razionali le opportune contromisure. Comportamenti come quelli di Cristina che, abdica, si converte, che afferma cose, poi si contraddice, si concede amori ed anche di genere “diverso”, sfugge al sacramento del matrimonio, organizza e partecipa a cenacoli e gruppi di studio in veste attiva e da patrocinatrice, attirano l’attenzione ed il sospetto che, tutto ciò faccia parte di un disegno più ampio, indirizzato a risolversi in un sommovimento ed un cambiamento epocale.

Alcuni studiosi sostengono che ella si prodigasse per “incarnarsi” come Grande Mediatrice, “fulcro” di una riconciliazione tra mondo cattolico e mondo protestante e quindi determinare un nuovo assetto europeo. Ed in tali ragioni potrebbe accreditarsi la presenza di alcune figure che, attraverso la diplomazia e gli aspetti mondani, cercherebbero di capire o di indirizzarne per quanto possibile con una donna di tal fatta, con le arti del linguaggio, le direttive o le sue stesse mire segrete.

Antonio Pimentel del Prado, potrebbe essere uno di questi, visto che, certamente entrarono intimamente in questo rapporto ed a pieno titolo anche le romanticherie di un innamoramento pur breve. Ma… chi è effettivamente quest’uomo?

È spagnolo perché nasce in una terra con giurisdizione spagnola. Infatti nasce a Palermo che è possedimento della Corona di Spagna, ma… Palermo è in Sicilia ed è con Napoli un vicereame spagnolo; egli è dunque un Italiano ed è parte di quella nobiltà non di corte ma latifondista, terriera, locale, dell’Italia meridionale; il suo nome corretto, per esteso è… don Antonio Fonseca Pimentel del Prado. Fonseca è ormai da generazioni un cognome nobiliare del regno di Napoli e di Sicilia che, però non ha come abbiamo visto un re proprio ma è governato da un “vicerè” spagnolo.

Sono molti i nobili del vicereame discendenti di antiche casate che vedrebbero volentieri Cristina, discendente degli angioini con il loro emblema gigliato sedere sul trono… e c’è anche un momento in cui la Francia e Mazarino sono favorevoli; fino a quando la disilludono con un cambiamento di rotta e… nozze dinastiche tra Francia e Spagna favoriscono il potenziamento della Casa di Borbone. Un altro Giglio, ma non puro come il suo che discende dai Merovingi e dall’illuminato Renato d’Angiò il “buon Renè” amante come lei delle Arti e del Sapere. Quest’altro è il giglio capetingio, lo stesso di Filippo il Bello, despota, traditore proprio della “Croce Gigliata”, colpito dalla “maledizione” di Jaques Burgundus de Molay, lanciata dal rogo degli Alti Dignitari dell’Ordine Templare. Ma questa è altra storia, anche se, per certi versi attinente.

Nobili dunque che, esprimono gradimento nei suoi confronti. Grandi famiglie; i Sangro, principi di Sansevero e di Casacalenda, i d’Aquino, i Caramanico, i Fonseca ecc. molti imparentati tra loro e con i “gigli” nello stemma, quelli più antichi dei blasoni che si vanno formando con nuove egemonie.

Qui devo aprire necessariamente una parentisi sulla “diversità” del Giglio Merovingio, simbolo che rappresenta, la prima Unzione Sacra di un re europeo. Una proclamazione pontificale che “unge” come discendente, figlio di Davide un discendente di Meroveo, cioè Clodoveo re dei Franchi Salii. Un “atto” che si ripeterà con Carlo Magno incoronato per il Sacro Romano Impero. La madre di Carlo è Bertrada di Laon, nota come Berta la “Piedona”, moglie di Pipino il Breve e discendente merovingia.

L’atto dell’Unzione è il riconoscimento di una discendenza “messianica” o il conferimento della stessa trasmesso da Mani Sacre, in questo caso da un Pontefice o come è sempre stato nella linea dinastica del Giglio, da un profeta, vertice supremo della religione. La linea del Giglio va da Jesse in poi, fino a Boaz nonno di Davide, poi a Salomone ecc. e…gigli erano gli enormi capitelli (sei cubiti) che reggevano le architravi del tempio di Salomone. La linea di una regalità Sacra.

Sarà un caso che, Antonio di Sangro e suo padre il Principe di San Severo, nonno del più noto Raimondo siano tra questi e nella linea delle discendenze, tra coloro che invitano Cristina a sedersi sul trono di Napoli?

È una nobiltà antica, tra le più antiche d’Europa, che vanta Sangue Reale discendendo da Re Unti, “Messianici”. Ma… qui mi fermo, per tornare a Cristina.

In uno degli ultimi viaggi scende a Sud, a visitare i templi greci.

In quale terra dunque, era più adeguato, naturale, immaginare di realizzare una rinascita dell’Arcadia? Dove il fiume Alfeo che, si getta nelle viscere della terra, in Grecia, riemerge dentro le acque del fiume Sebeto, se non a Napoli, come narra la tradizione ripresa da Jacopo Sannazzaro, autore dell’Arcadia, dalla quale prende il nome la sua ‘Accademia’. Dove le Accademie scientifiche e filosofiche, i cenacoli alchemici ed esoterici, le fucine degli argentieri, i laboratori degli orafi producono “energia”, dispensata ed inviata per le vie d’Europa, come già ha fatto Giordano Bruno, e tanti altri, se non a Napoli; quella Napoli misterica, egizia, greca dalla quale il Santinelli (Fra Crasellame Chinese) che sta alla sua corte ha preso tanto. In quella città del Sole, trono d’Apollo circondato da Muse, ninfe satiri, pastori. Terra dove il Bosco Parrasio non sia circoscritto ma si estenda a perdita d’occhio, oltre l’Orizzonte ed essere realmente reale. Vedere Evandro pascolare le sue greggi, un Paradiso, un’Arcadia più vicina al senso dell’Origine.

Chissà se tutto questo non sia passato per la sua mente, mentre de Fonseca suggeriva dolcemente anche dei modi più terreni per realizzare tutto questo. Abilmente e da perfetto doppio-giochista, mandato in missione dalla Spagna, poteva benissimo essere al contempo, latore di un altro progetto che, aveva a sua volta in se, qualcosa d’altro; un interesse più personale, forse un connubio stabile in cui come si suol dire, “mettere cappello”? Ma…fallisce! Cristina non solo è imprevedibile ma è anche “assoluta”… quindi, assolutamente sola, con le sue aspirazioni e ragioni non solo speculative ma anche imperative. Ella prende da ogni progetto soltanto ciò che serve alla sua originalissima personalità. Ma… è l’elemento mobile ad un tavolo dove tutti giocano seduti, fortemente ancorati ai loro privilegi.  Tutta l’energia e la sua brillante intelligenza si esauriscono in una serie di tentativi; si rialza, riassetta la postura…ogni volta viene rimessa all’angolo; emblematico segnale che, la riaccosta amaramente alla funzione Sacra… perché, Tempo e Storia hanno altri appuntamenti, in cui chiedono il conto, rapporti di forza tra le nazioni dell’epoca.

Sotterraneamente, una “briciola” le viene riconosciuta. Nonostante, dicerie e scandali di cui è protagonista. Questo fa pensare. Tutto questo riguardo, per una regina senza terra, facilmente emarginabile, anche per la saltuarietà di ogni sussistenza. Ogni volta deve lottare, puntando i piedi a terra, ricordando a tutti il suo diritto per farsi riconoscere gli appannaggi.

Una dorata “precarietà”!  Mantiene tutta la vita, una corte, interessando menti colte e geniali ed un’offerta continua di collocazione degna. Quest’ultima gli viene negata solo dall’alto, dai suoi Grandi Pari, cioè dai rappresentanti di Politica e Religione.

Cristina è sepolta in S.Pietro. Onore che pochi hanno avuto. Imbalsamata, vestita con un abito di broccato bianco, “gigliaceo” e… con una maschera d’argento sul viso, scettro tra le mani, corona di metallo smaltato sul capo; reminiscenze egizie integrate nella “traditio” cristiana? Indosso il suo mantello decorato con centinaia di corone “gigliate” bordato d’ermellino; guanti di seta e stivali di stoffa molto eleganti. Il suo corpo, estratti gli intestini, conservati in un’urna separata è posto in tre bare, una di cipresso, una di piombo e l’ultima di quercia, come un… Papa! Ed a fianco ad un pontefice oggi ella riposa; accanto a Giovanni Paolo II, un altro grande attivista per il cambiamento del mondo!

Certo, abbiamo fatto un altro tipo di ragionamento; prendendo, risultanti “misteriche” ed alcuni interrogativi che producono il “misterioso” e le abbiamo confrontate, assiomaticamente con dati storici, basandoci su compresenze contigue. Ma… il punto è un altro. Il terreno sul quale ci muoviamo è molto “fertile” ed ogni volta che scaviamo, balza fuori un “reperto” singolare. Così di Cristina si parlerà ancora a lungo, come per ogni altro personaggio dal confine o dal contorno indefinito, tra misteriosofia e cruda realtà. Basti pensare a cosa si è realizzato seguendo i sogni perenni dell’Umanità, archetipici suggerimenti, realizzati, altri irrealizzati e quindi probabili, altri forse irrealizzabili ma, capaci di dare spinta ai nostri passi futuri. “Umbra et Lux”.

L’ombra non è solo la notte ma… una placenta dove crescono e si alimentano sogni e progetti. E… la Luce non è solo dispensatrice della visibilità diurna, ma… per il ricercatore di Verità è un fenomeno accecante che, spinge a reclinare il capo chiudendo le palpebre, per ritrovarla, invece, interiormente come una purificante “catarsi”.

Autore Vincenzo Cacace

Vincenzo Cacace, diplomato all'Istituto d'Arte di Torre del Greco (NA) e all'Accademia di Belle Arti di Napoli, è stato allievo di Bresciani, Brancaccio, Barisani, ricevendo giudizi positivi ed apprezzamenti anche dal Maestro Aligi Sassu. Partecipa alla vita artistica italiana dal 1964, esponendo in innumerevoli mostre e collettive in Italia e all'estero, insieme a Giorgio de Chirico, Renato Guttuso, Ugo Attardi, e vincendo numerosi premi nazionali ed internazionali. Da segnalare esposizioni di libellule LTD San Matteo - California (USA), cinquanta artisti Surrealisti e Visionari, Anges Exquis - Etre Ange Etrange - Surrealism magic realist in Francia, Germania e Italia.