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Cozze e Povertà

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Zuppa di cozze


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La zuppa di cozze del Giovedì Santo: origine, curiosità e ricette

La zuppa di cozze napoletana rappresenta uno dei capisaldi della cucina tradizionale. La sua storia viene da lontano, nella fattispecie dal tempo di Ferdinando I di Borbone.

Un monarca godereccio e amante del buon cibo, soprattutto ghiotto di pesce, di frutti di mare, in particolare di cozze, che si faceva comprare, ma che non disdegnava pescare lui stesso, magari nelle acque sotto Posillipo, e che spesso faceva cucinare, in maniera ricercata e suntuosa, dietro sue indicazioni, dai cuochi di corte: la ricetta prese il nome di “Cozzeche dint’à connola“.

Il Frate Domenicano Gregorio Maria Rocco, molto noto sia tra il popolo che a corte, che si prodigava a Napoli e provincia in opere di assistenza e apostolato per alleviare la sofferenza di poveri ed emarginati e combattere il vizio in tutte le sue forme, rimproverò il sovrano per le sue abitudini alimentari, che sconfinavano, spesso, in veri e propri “peccati di gola”, riuscendo a farsi promettere che avrebbe limitato i pasti “peccaminosi”, almeno durante la Settimana Santa.

Il monarca, per non rinunciare alle sue cozze tanto gradite, ordinò ai cuochi di cucinargli, il giovedì santo, prima di recarsi a via Toledo per lo struscio di rito, i molluschi con una preparazione meno ricca e si fece servire in tavola la zuppa di cozze con pomidoro e salsa forte di peperoni.

La ricetta si diffuse velocemente al di fuori del palazzo reale, prima tra la borghesia e poi tra tutto il popolo. Chi ne aveva i mezzi lo fece seguendo la ricetta del Re fatta con l’ingrediente principale di qualità pregiata, chi, invece, non poteva permettersele, le sostituiva con quelle di basso costo o con le lumache di mare, dette “ciammarruche, o con ciò che riusciva a reperire ai due dei mercati più folcloristici della città, quello “ncopp ‘e mura”, sulle mura, e quello del Borgo Sant’Antonio Abate, che vede tutt’oggi protagonista il pesce del Golfo e i prodotti di mare. Da qui il nome “zuppa di cozze e povertà“.

Come ogni festività che si rispetti, anche Pasqua porta con sé quel mix di sacro e profano, che è tipico della tradizione partenopea. Per quanto riguarda il lato cristiano, il giovedì sera, dedicato all’Ultima Cena, si celebra la Messa in Cena Domini, Messa della Cena del Signore, che dà solenne inizio al Triduo Pasquale, e che vede celebrare il rito della lavanda dei piedi, ripetendo quello che Gesù stesso fece con gli Apostoli.

Era consueto, inoltre, recarsi in chiesa facendo lo “struscio“, ossia camminando per le strade della città in compagnia di amici e parenti, approfittando della piacevolezza delle serate primaverili, per finire nella zona tra Porta Capuana e Porta Nolana, a ridosso della Stazione Centrale a gustare la famigerata “zuppa“.

In piena pandemia le restrizioni imposte sono tante, le messe si possono celebrare solo in totale protocollo anti-Covid, di struscio neanche a parlarne perché siamo in zona rossa, ma la zuppa di cozze… beh quella non ce la possono vietare ed è per questo che vi riporto di seguito la famosa ricetta di Porta Capuana, affinché ognuno di noi possa prepararla in casa e onorare la tradizione!

Ingredienti:
1 kg e 1/2 di cozze ben pulite, 2 spicchi di aglio, 500 gr. di pomodori pelati, olio extra vergine di oliva, prezzemolo, sale, pepe, freselle spezzettate, salsa forte di peperoni detta ‘o rrusso.

Procedimento:
In una pentola capiente soffriggete l’aglio con l’olio, aggiungete i pelati e abbondante prezzemolo, aggiungete la salsa forte di peperoni, che avrete fatto riscaldare a parte a fuoco lento. A metà cottura aggiungete le cozze, già ben spazzolate e pulite, coprite e fatele rinvenire a fuoco vivace. Fate cuocere per 10′, l’acqua delle cozze allungherà il sugo.

In piatti belli capienti mettete le freselle spezzettate, versateci sopra prima le cozze, poi il sugo e una spolverata di prezzemolo tritato.

A Napoli ogni giovedì santo vanno rispettate tre cose: la Cena Domini, lo struscio e la zuppa di cozze!!! E se anche quest’anno alcune forme cambiano, la sostanza della nostra storia è immutabile, come la bellezza delle tradizioni. E per quelle non c’è pandemia che tenga.

Autore Rosmunda Cristiano

Mi chiamo Rosmunda. Vivo la Vita con Passione. Ho un difetto: sono un Libero Pensatore. Ho un pregio: sono un Libero Pensatore.