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Cortile Nostalgia, di Giuseppina Torregrossa

'Cortile Nostalgia', di Giuseppina Torregrossa


Titolo: Cortile Nostalgia
Autore: Giuseppina Torregrossa
Editore: Rizzoli
Collana: Scala Italiani
Prezzo: € 19,00

Giuseppina Torregrossa vive tra Roma e Palermo, ha tre figli e un cane.
Il suo primo romanzo è ‘L’assaggiatrice’, 2007, cui sono seguiti ‘Il conto delle minne’, 2009, Manna e miele, ferro e fuoco’, 2011, ‘Panza e prisenza’, 2013, e ‘La miscela segreta di casa Olivares’, 2014.

Per Rizzoli ha pubblicato Il figlio maschio (2015), ora disponibile in Vintage.

Una storia familiare ambientata negli anni che seguono il dopoguerra fino ad arrivare al 1978 in una Palermo povera ma ospitale, nel quartiere dell’Alberghiera dove c’è la suggestiva piazzetta Cortile Nostalgia, così chiamata proprio perché vi si respira il rimpianto del luogo natio troppo distante.

Immigrati da paesi lontani che cercano una vita migliore, come Mamma Africa, che, con i suoi manicaretti, “adotta” l’intero rione, coccolando e curando con parole affettuose e dolcetti gustosi i cuori feriti dalla malinconia. E, soprattutto, Palermo, la città che accoglie, avvolge, fa sentire a casa.

Come in tutti i suoi libri anche in ‘Cortile Nostalgia’ Giuseppina Torregrossa ti fa toccare con mano l’amore per la sua città, ricama i colori come in un quadro di Guttuso e ti fa sentire i sapori delle leccornie preparate da Mamma Africa con le spezie venute da lontano.

Un racconto dell’Italia negli anni dal dopoguerra al terrorismo, passando per la contestazione giovanile alle lotte femministe, alla mafia. È una bella storia corale, calda, che sa di sentimenti, di nostalgia, di radici che non si potranno mai estirpare, di bene taciuto e nascosto nel cuore, perché se non hai ricevuto amore non sai darlo. Una storia che ha il sapore della vita vera.

Lo stile della scrittura è bello e fluido; il libro si legge tutto d’un fiato. L’uso del siciliano è funzionale alla narrazione, ti permette di entrare nelle atmosfere regionali dell’epoca.

Ritrovi la vita di quei tempi nei racconti di Maruzza bambina, ma soprattutto in quelli degli anni giovanili, quando una ragazza diventava grande senza l’aiuto della famiglia, i percorsi fondamentali di crescita erano tabù e non si poteva parlarne con la mamma e si scopriva la vita per sentito dire attraverso i racconti tra amiche.

Maruzza era felice che il padre fosse tornato. Giocava tranquilla in piazzetta, il pranzo lo trovava regolarmente in tavola, la casa era più pulita del solito, ché Melina nelle faccende non si risparmiava.

All’età di tredici anni il suo aspetto cominciò a mutare. Il grasso le si depositò sui fianchi facendole perdere l’innocenza, e i peli spuntarono ispidi e sfrontati tra le cosce infantili.
La ragazza si trovò spaesata a osservare il suo corpicino che come un ramoscello a primavera si ricopriva di gemme. Bisognosa di rassicurazioni tentò di avvicinarsi alla madre, perché l’aiutasse a capire quella indesiderata trasformazione e ricomponesse con le sue abili dita da sarta lo strappo nella sua vecchia cara identità.

Fu allora che Melina arretrò come spaventata di fronte a un precipizio e innalzò di molti metri il muro di riserbo che da sempre la teneva al riparo da ogni forma di intimità.

Mario Mancuso, orfano di guerra, vive con la zia Ninetta fino all’età di tredici anni, quando lei lo lascia solo per andar via in cerca d’amore. Il ragazzo, affamato d’amore, si avvicina a Melina, una giovane che, come lui, ha sofferto per essere stata ignorata da quella famiglia senza calore da cui è scappata. Si dice che quando si ha sete ci si ferma alla prima fontana che si trova.

Si sposano in gran segreto e tengono nascosto il loro legame, perché lui, carabiniere, ha contratto matrimonio senza aver chiesto ed ottenuto il permesso del comando, cosa allora in uso. Vivono quindi lontani, come due estranei, con un legame non consumato finché lui, tornato in licenza a Palermo, può stare finalmente con la sua Melina; peccato però che non sappia come trattare in intimità questa giovane moglie che non sa cosa sia l’amore.

L’arrivo di Maruzza, la loro bambina, non cambia le cose. La piccola sarà continuamente in cerca di affetto dato che la giovane madre, appena sedicenne, è essa stessa bisognosa di attenzioni ed incapace di darne alla figlia.

La bimba cresce con Zia Ninetta che, nel frattempo, è tornata in città per poi scappare nuovamente. Maruzza trascorre la sua infanzia desiderando invano un bacio, un abbraccio, un gesto di tenerezza da quella madre rigida e presa solo dai doveri.

Fortunatamente nel Cortile Nostalgia dove anche Maruzza corre e si intrattiene, c’è mamma Africa pronta a dispensare amore. Con gli anni Mario riuscirà a trasferirsi e a vivere con le sue due donne, ma, a legare i tre sarà solo ormai la nostalgia e un ideale di famiglia.

Maruzza diventerà grande con la speranza di andare via da quel luogo, ma le fate di Cortile Nostalgia, senza che se ne accorga, hanno legato indissolubilmente anche lei a quel luogo.

Trama
A Palermo c’è una piazzetta abitata dalla magia, dove ogni notte sette fate, una chiù bedda di n’autra, rapiscono i passanti per condurli verso luoghi lontani e poi riportarli a casa, storditi dalla meraviglia, alle prime luci dell’alba. È in questo cortile che vive Mario Mancuso, nel cuore dell’Albergheria, tra le abbanniate dei mercanti di Ballarò e i rintocchi del campanile di Santa Chiara. Orfano, ha conosciuto solo l’affetto di zia Ninetta, che però lo abbandona al primo giro di vento, inseguendo i propri sogni.

L’incontro con Melina è la sua occasione per ritrovare in una nuova famiglia il calore che il destino gli ha negato. Per lei, bella e infelice, quel ragazzo rappresenta la libertà da due genitori che l’hanno educata più alle privazioni che all’amore.
Lo sposo però deve partire per Roma, dov’è stato assegnato come carabiniere semplice, così le nozze sono celebrate in fretta e furia, e con la stessa voracità vengono consumate. Forse soltanto un figlio può colmare la distanza tra marito e moglie, sempre in bilico tra tenerezza e passione; ed è così che nasce Maruzza.

A legarli sarà una sottile nostalgia, la stessa che gli abitanti della piazzetta, di Paesi e colori diversi, curano ogni sera con i piatti cucinati dalla donna che tutti chiamano Mamma Africa e che sembra avere lo stesso dono delle sette fate.

Con un romanzo corale e pieno di vita, Giuseppina Torregrossa racconta la necessità innata di essere accolti in un abbraccio: quello di una madre, un marito, un amico, o una città che sappia tenere aperte le porte anche nella notte.

Autore Elisa Santucci

Divoratrice di libri e sperimentatrice culinaria.

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