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Correva l’anno… una storica intervista a Franco Battiato

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Un suono discende da molto lontano,
Assenza di tempo e di spazio
Nulla si crea, tutto si trasforma
La luce sta nell’essere luminosi
Irraggia il cosmo intero
Cittadini del mondo
Cercano una terra senza confine
La vita non finisce
È come il sogno
La nascita è come il risveglio
Finché non saremo liberi
Torneremo ancora
Ancora e ancora
Torneremo ancora – di Franco Battiato e Juri Camisasca

Correva ahimè l’anno 1982. In quel periodo ero il giovanissimo direttore editoriale della rivista musicale La 440 Hertz. Fu così che quando il maestro tenne un concerto nella mia città ebbi la fortuna di conoscerlo e di intervistarlo.

Franco Battiato

A quel tempo, come si evince dalle sue stesse dichiarazioni, Battiato si era già staccato dalla scuola di Gurdjieff per intraprendere un cammino sufico. Da allora Franco Battiato è sempre stato un punto di riferimento della mia ricerca iniziatica. E lo è anche oggi che continua ad operare, dopo la scomparsa fisica, in una dimensione disincarnata.

Ecco, per la gioia di tutti gli appassionati, la trascrizione di quel vecchio e caro articolo.

La 440 Hertz

Ho incontrato Franco Battiato ad Ancona, nei quartieri della Fiera della Pesca, in una serata qualsiasi della sua carriera di musicista in giro per l’Italia. L’ho scovato come un cercatore d’oro può scovare una pepita, separandola con un setaccio dalla sabbia, dai detriti, dal fango limaccioso, dal resto.

Per raggiungerlo ho scavalcato organizzatori di provincia in violenta crisi di identità convinti di essere stati “scavalcati” dal sottoscritto, solo perché non mi ero rivolto a loro ma al tour manager di Battiato, per ottenere l’incontro fatidico, con l’«artista».

Forse erano convinti di aver affittato oltre all’esibizione di Battiato, anche i Suoi pensieri a le sue parole o le Sue decisioni o il suo ufficio stampa.

Consiglio loro vivamente una rapida seduta di psicanalisi. Già prima mi ero imbattuto in un botteghino con prezzi decisamente non giù: seimila lire al biglietto. Pensavo che per quella cifra si potesse almeno sperare di aver dritto ad una sedia, a un pancaccio o almeno a un giaciglio di paglia. Niente di tutto questo.

Mi sono trovato in un enorme hangar-magazzino, edificato per chissà qualche padiglione fieristico, con un bel camion posteggiato vicino al palco (c’è rimasto per tutta la durata dello spettacolo). Non c’era una sedia neanche a pagarla in sterline d’oro.

In compenso, l’acustica era pessima e si è potuto sentire «qualcosa», solo grazie ai miracoli dell’ottimo tecnico, Leo Toniolo, e alle virtù chiaroveggenti degli eroici simpatizzanti di Battiato, che hanno restaurato, con abili esercizi mnemonici, i punti in cui le risonanze impazzite del locale non permettevano di seguire con sufficiente chiarezza le parole e la musica dello spettacolo.

È un vero peccato che dopo anni di brutte esperienze di palasport, palestre, capannoni e spazi destinati per tutto tranne che per suonare, si continui ancora a strumentalizzare l’entusiasmo e la gioia degli appassionati dei concerti, canalizzandoli in simili trappole musicali.

Sono queste, operazioni veramente senza scrupoli che denotano un enorme scorrettezza e una mancanza assoluta di professionalità e di serietà de parte dei sopra menzionati organizzatori che, per una volta tanto, sarebbe più giusto definire “organizzieri” per rispetto a quelli che lavorano con un certo impegno nel loro stesso campo.

Comunque, nonostante questi episodi danteschi, sono riuscito a raggiungere Battiato prime dello spettacolo, in un improvvisato camerino all’interno della sala del concerto. Lo trovo addossato a una parete seduto compostamente, le gambe accavallate. Apparentemente sembra esprimere une certa nobile timidezza.

Ecco il testo dell’intervista:

Hertz. Battiato per favore, aggiornami sulle tue ultime produzioni musicali.

B. Ho appena finito di registrare un LP con Milva, scrivendo le musiche insieme con Giusto Pio, le parole da solo, come al solito.

Hertz. Quali sono state le premesse di questo incontro? È avvenuto per caso?

B. Per caso mica tanto, diciamo che Milva, dopo che ha visto un mio filmato televisivo dal vivo, ed era già molto tempo che seguiva la mia storia, mi ha telefonato e mi ha detto che aveva voglia di fare qualcosa insieme a me. Ci siamo incontrati un po’ di volte e poi abbiamo deciso di dare il via a questa operazione.

Hertz. Può sembrare strano questo incontro di Milva proveniente da esperienze brechtiane, teatrali o ex leggere con un uomo come te che è sempre vissuto immerso nelle tendenze culturali più d’avanguardia.

B. Poteva sembrare strano questo incontro, ma oggi decisamente non più, perché io mi sento aperto a esperienze nuove, diverse. Lo stesso credo sia avvenuto per Milva; ci siamo incontrati a mezza strada.

Hertz. Passiamo adesso a una domanda sui retroscena intellettuali delle tue composizioni, in una canzone, precisamente Magic Shop, citi René Guénon e l’esoterismo. Dimmi l’hai fatto perché lo dovevi citare, come fatto di raffinatissimo estetismo culturale, per sberleffo o che altro?

B. No, non lo cito per sberleffo; Guénon l’ho letto come tutte le cose che si leggono un po’ per dovere ma da giovane mi era piaciuto, anche se è un intellettuale dell’esoterismo. Il vero esoterismo è meno intellettuale. Direi che in questo campo mi richiamo soprattutto alla tradizione araba, specie turca, specialmente ai danzatori Dervisci.

Hertz. Ritorniamo ai piccoli misteri delle tue canzoni e dai motivi da cui trai alimento e ispirazione. Il fatto ad esempio di ricollegarti di continuo al mondo arabo ti porta comunque a tentare una sintesi con la tradizione cristiano-italica o ti suggerisce un rifiuto radicale in favore di una diversa via o concezione della vita, ad esempio islamica?

B. Beh, è un po’ debolina la nostra tradizione. C’è la differenza sostanziale del totale fraintendimento che c’è stato della religione cristiana, cioè di rendere umana l’immagine di Dio per cui uno si immagina che dopo morto c’è questo signore con la barba bianca che ti dice: «Beh, fa niente se hai peccato». Senza contare i danni che la religione cristiana ha combinato riguardo al sesso o a tante altre cose…

Hertz. O perlomeno «cattolica» se non «cristiana», non trovi?

B. Certo Cristo è grandissimo, non c’entra lui con tutto quello che ho detto. Ripeto: è stato completamente frainteso tutto.

Hertz. Tu una volta hai detto una frase: “Il segreto delle mie canzoni è testi solidissimi e musiche facili”. Che ne dici, riconfermi?

B. Sì, un po’ è vero. La cosa che ho sempre detestato nella concezione politica della cosiddetta difesa della povera gente, o emancipazione dal bisogno, è che si è sempre fatto coincidere la volgarità con la povertà. Invece non è vero. Non è detto che una persona povera debba essere volgare e truculenta…. se poi i miei arrangiamenti sono raffinati e non snob, e per raffinatezza intendo gusto sottile, non grossolano, allora va bene.

Hertz. Battiato, qual è la geografia della tua anima?

B. lo mi sento medio orientale, con grandi radici tra Praga e Vienna. Sono una specie di lsaac Singeer della musica, un ebreo errante. Certamente mi sento anche Palestinese. La mia comunque vuol essere una strada «povera». Come quella dell’alchimista che si ferma davanti alla bottega del ciabattino per imparare. Più grandi si è, più si nasconde l’esoterismo, Questo è l’esoterismo vero.

Hertz. Dice una favoletta zen: “Un millepiedi cammina tranquillo quando, ad un certo punto, spunta un rospo e gli domande: «Come fai a camminare millepiedi, come fai a mettere in ordine, in fila senza sbagliare una dopo l’altra le tue mille zampe?». Allora il millepiedi si blocca perplesso a pensare e non cammina più”. Tu come fai a continuare senza pensare a come fai?

B. Questa non è male, mi piace. Mah… esistono i centri che vanno per conto loro no? Come quando sei disattento, pensi ad altre cose ma certe tue funzioni importanti continuano. Come l’energia creativa.

Hertz. Gurdjieff direbbe che cosi facendo rimandi la scoperta, l’individuazione del centro di gravità permanente.

B. Per adesso sì.

Due domande al tecnico del suono.

Hertz. Leo Toniolo ci vuoi illustrare la strumentazione del palco?

T. La chitarra è una Telecaster, fatta in un kit con un buon circuito di preamplificazione. Ha degli effetti dell’lbanez, molto belli (chorus, phasing, distorsore, frangler), un delay sempre dell’lbanez (naturalmente esterno) e un compressore. Le tastiere sono il massimo che si possa avere: Oberheim, in contrasto c’è una vecchia e ottima tastiera Farfisa, filtrata in sintetizzatore, la stessa che Battiato usava dodici anni fa. Poi c’è una Casio programmabile, un 2006 che è sempre all’altezza della situazione, un piano elettrico Wurlitzer, un vibrafono maestoso Musser, una vecchia Ludwig, molto ben sonorizzata dal batterista, perfetta come accordatura, un basso stereofonico Rickenbacker.

Hertz. Stasera abbiamo notato dei grossi problemi di acustica, ovviamente legati alle assurde condizioni ambientali: un capannone di vetro e ferro, uno scatolone antiacustico.

T. lo, a dirti la verità, ho fatto un’indagine prima con un analizzatore di spettro il risultato, che mi ha dato è una curva stranissima, ma ho eliminato frequenze dai 100 ai 500 Hertz ed anche dai 2000 ai 4000 Hertz, anche se ho dovuto sacrificare, purtroppo la timbrica della voce di Battiato. Certo non si può continuare a fare concerti in simili ambienti, Stavo raccontando prima a qualcuno che al mio paese, Nove, vicino Vicenza, hanno fatto un intervento nella palestra, con del materiale acustico, un contro soffitto, e sono riusciti a eliminare dei buoni sette – otto secondi di ritardo eco. Prima non si poteva neanche parlare.

Intervista a Battiato su La 440 Hertz

Autore Hermes

Sono un iniziato qualsiasi. Orgogliosamente collocato alla base della Piramide. Ogni tanto mi alzo verso il vertice per sgranchirmi le gambe. E mi vengono in mente delle riflessioni, delle meditazioni, dei pensieri che poi fermo sul foglio.