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Coronavirus Lazio: test sierologici non sono business, nessun patentino

Alessio D'Amato


D’Amato: ‘Immorale chiedere soldi ai cittadini. Non consentiremo a nessuno di fare affari su queste questioni’

Riceviamo e pubblichiamo dall’Ufficio Stampa della Regione Lazio.

I test sierologici non sono e non possono essere un business da parte di privati, ma assumono valore solo se inseriti in analisi di sieroprevalenza o in indagini di sorveglianza di popolazione selezionati nell’ambito di specifici programmi quali sono quelli che si intendono attivare nel Lazio su tutto il personale sanitario e sulle forze dell’ordine, che vanno ripetuti in un arco temporale definito e lì dove necessario con verifica del test molecolare.

I singoli test commerciali effettuati fuori da protocolli nazionali e regionali non assumono alcun significato per il Servizio sanitario regionale e non sono validati dall’Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani che ha condotto la sperimentazione.

L’epidemia va contrastata innanzitutto sul territorio potenziando i servizi con le USCAR, Unità mobili – aperto il bando online sul portale della Regione Lazio che scade giovedì, e con il reclutamento di circa 600 infermieri.

Trovo immorale chiedere soldi ai cittadini, già costretti a tanti sacrifici, a volte anche centinaia di euro, senza alcuna validazione scientifica al di fuori di un contesto di analisi di sieroprevalenza addirittura pubblicizzando sui social test Covid come patentino di immunità. Non consentiremo a nessuno di fare affari su queste questioni.

Lo dichiara l’Assessore alla sanità e l’Integrazione Sociosanitaria della Regione Lazio, Alessio D’Amato.

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