Appuntamento il 12 ottobre al Centro Congressi Federico II
Riceviamo e pubblichiamo.
Il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli e la Fondazione Muto ETS, presentano il convegno di studi dal titolo ‘La sanità italiana: omogeneità e differenziazione’.
L’obiettivo dell’iniziativa è quello di affrontare il tema dell’autonomia differenziata, mettendo in luce le potenziali ripercussioni che essa può avere sugli assetti del sistema sanitario italiano.
L’evento si tiene giovedì 12 ottobre 2023, dalle 10:00 alle 17:00, presso l’Aula Magna del Centro Congressi Federico II, situato in via Partenope, 36, a Napoli.
Ad aprire i lavori della giornata saranno la presenza ed i saluti di Roberto Muto, Presidente della Fondazione Muto ETS, di Vincenzo De Luca, Presidente della Regione Campania, del Sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, del Rettore dell’Università Federico II, Matteo Lorito, e del Presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli, Bruno Zuccarelli.
I contributi tecnici si concentrano su questioni decisive per il prossimo futuro e che stanno alimentando un acceso dibattito a livello scientifico, tecnico e politico.
Particolare attenzione è riservata alle criticità emerse nell’attuazione dell’art. 116, co. 3 della Costituzione, in relazione alla tenuta del principio di eguaglianza, della coesione territoriale e della garanzia dei diritti fondamentali.
Due le sessioni previste: quella mattutina, intitolata ‘Servizio Sanitario Nazionale e differenziazione’, è presieduta e introdotta da Sandro Staiano, Presidente dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti e Coordinatore dell’Osservatorio sul Regionalismo Differenziato. Le relazioni inquadreranno i profili ordinamentali del regionalismo differenziato, con riferimento al settore della sanità.
Spiega Staiano:
Il settore sanitario è quello che corre i maggiori rischi di disarticolazione, con la conseguente perdita dei suoi caratteri connotativi che, oltre ad aver retto a lungo, lo hanno reso migliore di altri in Europa.
Frammentando il SSN, attraverso un eccesso di ruolo riconosciuto alle Regioni, o ad alcune Regioni, perderemmo numerosi vantaggi. Il settore della sanità, in passato, è stato già ampiamente segnato dalla dislocazione di potere verso le Regioni e questo processo non ha dato sempre i frutti sperati.
Attraverso l’autonomia in materia sanitaria è stato possibile per alcune Regioni di perseguire proprie politiche sanitarie, di puntare tutto sulle privatizzazioni dei servizi e di indebolire in maniera consistente la medicina territoriale, con conseguenze molto gravi per il SSN.
Consideriamo, ad esempio, quanto è accaduto in Lombardia durante la pandemia, dove il sistema, più che in altre realtà, non è stato in grado di reggere l’impatto del Covid. Oggi, un’ulteriore dislocazione dei poteri sarebbe incomprensibile.
La sessione pomeridiana, intitolata ‘Il futuro del servizio sanitario: visioni a confronto’, è moderata da Ottavio Ragone, Direttore de “La Repubblica Napoli”.
Tra gli esperti di diverse discipline che interverranno ai lavori, Renato Balduzzi, Professore ordinario di diritto costituzionale e di diritto pubblico comparato all’Università Cattolica del Sacro Cuore e già Ministro della Salute dal 2011 al 2013, che nel suo intervento cercherà di rispondere alle domande:
Sino a che punto la sanità è differenziabile giuridicamente nei diversi territori regionali senza che venga leso il diritto alla salute?
L’esistenza dei LEA, i livelli essenziali di assistenza sanitaria, e le loro specificazioni nei decreti sugli standard ospedalieri e su quelli territoriali, sono garanzia sufficiente per la sopravvivenza del Servizio sanitario nazionale?
Anna Maria Poggi, Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Torino, affronta, invece, le prospettive della differenziazione e spiega come questa possa diventare rischiosa, soprattutto per alcune regioni, in assenza delle giuste premesse.
Le due Regioni che hanno chiesto l’autonomia differenziata sono Veneto e Lombardia, ed entrambe si trovano nel primo quartile di garanzia dei livelli essenziali di assistenza.
Ciò significa che, secondo i dati riportati nel Report GIMBE 2023, riescono a garantire ai residenti sul loro territorio quasi il 90% dei livelli essenziali di assistenza previsti a livello ministeriale.
Se viene meno la leva centrale della redistribuzione da parte dello Stato vi è da chiedersi quali garanzie avranno i cittadini delle Regioni che riescono a soddisfare il 60% o meno dei livelli assistenziali.
Tra queste vi sono la Puglia, 67,5%, la Valle d’Aosta, 63,8%, la Calabria,59,9%, la Campania, 58,2%, e la Sardegna, 56,3%. Come lo Stato potrà allocare risorse alle Regioni che, al momento, forniscono poco più del 50% di servizi di quanto invece dovrebbero garantire?
Il d.d.l Calderoli è condivisibile, dunque, nella parte in cui subordina il regionalismo differenziato alla fissazione dei livelli essenziali, ma rimane il tema delle risorse con cui questi si finanzieranno.
Partendo da queste domande il convegno rappresenta un’importante opportunità per comprendere meglio le dinamiche in atto nel settore sanitario italiano e per stimolare un dialogo costruttivo tra esperti, professionisti e istituzioni.