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Conciliazione vita-lavoro, condannato Ispettorato lavoro di Firenze

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Maria Grazia Maestrelli


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Ricorso della Consigliera regionale di parità Maria Grazia Maestrelli

Riceviamo e pubblichiamo da Agenzia Toscana Notizie.

Conciliare vita familiare e lavorativa è un diritto e il datore di lavoro ha il dovere di garantirlo. Per la sua violazione l’Ispettorato del lavoro di Firenze è stato condannato con una sentenza da considerarsi un unicum nella materia delle pari opportunità, perché riconosce la conciliazione vita-lavoro un vero e proprio diritto soggettivo.

Una sentenza che è anche antesignana rispetto all’obbligo imposto dalla recentissima Direttiva europea che introduce l’equilibrio fra attività professionale e vita familiare, imponendo a tutti gli Stati membri di adeguarvisi entro il 2020.

Il Tribunale del lavoro di Firenze ha infatti accolto il ricorso presentato della Consigliera regionale di parità della Toscana, Maria Grazia Maestrelli, volto all’accertamento della discriminazione collettiva a danno di 83 dipendenti dell’Ispettorato del lavoro di Firenze.

Le due avvocatesse Lucia Secchi Tarugi, anche Consigliera di Parità della provincia di Siena, e Daniela Cantisani, che hanno patrocinato il ricorso, hanno evidenziato una violazione che è stata riconosciuta e sanzionata ordinando al direttore del’Ispettorato di rimuovere gli ordini di servizio interni che non rispettavano l’ultimo contratto collettivo nazionale della Funzione Pubblica che concede flessibilità oraria ai dipendenti genitori di ragazzi sotto i 16 anni.

In 14 infatti erano dovuti ricorrere al part-time dopo l’apertura di un procedimento disciplinare contro una dipendente. Il giudice ha anche obbligato l’Ispettorato a mettersi a un tavolo con le rappresentanze sindacali per adeguare l’orario agli strumenti di conciliazione vita-lavoro.

Ha detto la Consigliera di parità Regione Toscana Maria Grazia Maestrelli:

La sentenza conferma una situazione che il mio ufficio denuncia da anni riguardo agli effetti negativi della mancata concessione delle misure di conciliazione vita-lavoro e il pregiudizio che di conseguenza sono costrette a subire le lavoratrici madri, purtroppo di sovente, costrette per tale ragione ad arrendersi ad un obsoleto retaggio culturale che impone alle donne di scegliere fra la famiglia e il lavoro.

È prioritario che chi ha il compito e l’obiettivo di adoperarsi per l’affermazione dei principi di parità, pari opportunità e non discriminazione in ambito lavorativo sia per primo in grado di conoscere e riconoscere quali sono e devono essere le buone prassi organizzative da mettere in atto affinché le garanzie richieste dalla legge trovino riscontro efficace nelle condizioni di lavoro.

Fa specie constatare che sia proprio l’Ispettorato del lavoro a non esser stato capace di adottare al suo interno quelle risapute ed elementari misure, segnatamente per la famiglia e per le pari opportunità, che servono ad assicurare una migliore conciliazione dei tempi vita-lavoro, in particolare alle madri lavoratrici.