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Comunque sia, è reato – I risvolti non solo penali del Calippo Tour

Calippo Tour


Tutto nasce, ovviamente, sui social, quelle piattaforme di visibilità e apparente successo a colpi di filtri.

È lì che inizia questa storia, tra un selfie e l’altro, tra un post sponsorizzato, la visibilità ad ogni costo e un’opportunità che sembra alla portata di tutti: essere visti, essere amati, essere ricchi senza muovere un dito.

Con buona pace delle femministe che da anni denunciano la mercificazione del corpo delle donne, il sistema social lo hanno ormai ridotto a una merce che può essere comprata e venduta, consumata e scartata, come un oggetto qualsiasi.

Non è più l’anima a fare la differenza, ma la visibilità, magari ben vestita e ben truccata, quella che ti fa sentire un po’ più ‘importante’ in un mondo che valuta tutto in base ai like e ai follower.

Eppure, dietro alla promessa di una fama istantanea, dietro alla possibilità di fare soldi facili, si nasconde qualcosa che spesso non viene raccontato.

Parliamo dei cosiddetti Calippo Tour e Chinotto Tour, due presunti esperimenti social che, dietro il velo di un ‘tour esclusivo’ inventato per ‘fare conoscenze e dare gioia ai ragazzi’, da ragazze che vendono intimità, nascondono molto di più.

E si inizia da Instagram e Telegram per giungere a piattaforme come OnlyFans, dove il corpo delle ragazze è esibito in cambio di denaro, in un gioco che si rifà alla più antica delle professioni, ma con una maschera più moderna: quella di un business legittimo e alla moda.

Le Iene, con il loro stile, hanno sollevato il velo su questi ‘tour’, mostrando come funzionano dietro le quinte. L’inviato si è finto un ‘interessato’ per capire come e, passo dopo passo, ha smascherato una serie di pratiche ambigue.

Prima ha dovuto iscriversi ad un canale Telegram, poi ha dovuto sottoscrivere un abbonamento a OnlyFans; una somma  non eccessiva ma che è solo l0inizio di un percorso sempre più costoso.

Alla fine, l’inviato non ha nemmeno visto video né, tantomeno, la ‘lista d’attesa’ per il tanto acclamato incontro a cui si partecipa dopo essere stati scelti o estratti ad una lotteria.

Nasce un dubbio legittimo: è una truffa?

Se è vero che l’idea di una truffa si nutre di aspettative non mantenute, le ragazze sarebbero le prime colpevoli. Chiedere denaro imponendo un percorso a pagamento a chi, speranzoso di essere il fortunato vincitore, alla fine si troverà davanti all’ennesimo contenuto da sbloccare in dollari, è la descrizione del reato di cui all’articolo 640 del Codice penale.

Viceversa, se il Tour fosse reale come sbandierato dalle protagoniste, saremmo di fronte a banalissima prostituzione. Non c’è nulla di nuovo in tutto ciò: l’industria del sesso, in fondo, esiste da sempre, ma oggi ha preso strade più sofisticate.

Peraltro, in questa ipotesi, ci dobbiamo chiedere se le giovani agiscano da sole oppure si appoggino ad organizzazioni, agenzie e piattaforme che, ovviamente, non prestano certo la loro attività a titolo gratuito o solo per il piacere di regalare visibilità a qualche ragazza.

Se, infatti, le partecipanti fossero davvero parte di un sistema che le utilizza, o del quale sono partecipi, il vero problema sarebbe un altro: la consapevolezza degli organizzatori insieme e, sempre, a quella delle giovani protagoniste che, chissà, potrebbero avere concordato il tutto associandosi con i fornitori degli indispensabili servizi digitali.

Ergo; se dietro queste pratiche ci sono agenzie consapevoli e compiacenti, che spingono o collaborano con le ragazze, c’è una chiara ipotesi di sfruttamento, che rimane una forma di abuso.

L’idea di vendere un corpo giovane, anche sotto la forma di ‘visibilità’ è proprio la mercificazione che da sempre viene combattuta e penalmente punita, ma che ora si camuffa con il sorriso e l’illusione del successo.

Ma anche se si trattasse semplicemente di agenzie che si occupano di gestire le immagini, le strategie di marketing, e i contenuti delle ragazze, i termini del problema resterebbero gli stessi.

E, in ogni caso, dobbiamo chiederci chi sta guadagnando veramente.

La risposta non è mai quella che ci si aspetta. In un mondo che finge di evolversi, la verità è che non siamo mai stati così regrediti. La vendita del corpo, oggi, si fa attraverso un click, attraverso la pubblicazione di un’immagine, e chi ci guadagna, alla fine, non sono certo le ragazze.

Un ultimo pensiero va ai presunti truffati, gli aspiranti protagonisti dei video promessi come traguardo del tour. Il sesso online, ormai, è diventato il nuovo passatempo per chi non ha il coraggio di guardarsi allo specchio e vedersi per quello che è.

Non c’è più il confronto, la ricerca, il sentimento, ma solo una transazione economica che, alla fine, non dà né piacere né soddisfazione. Un click, pochi euro, e un po’ di finta intimità.

Chi cerca sesso online e paga per esso non solo tradisce il concetto stesso di intimità, ma si fa beffa anche della propria dignità. Non si tratta di una conquista, ma di una triste resa. E quando la transazione finisce, resterà solo il vuoto, e la consapevolezza che ciò che è stato acquistato non è mai stato reale.

Pinocchio venne messo in prigione per essersi fatto truffare; il giudice lo fece per dare una soddisfazione ai ladri. Sarebbe una pena interessante da infliggere anche oggi a certe ‘vittime’.

Autore Gianni Dell'Aiuto

Gianni Dell'Aiuto (Volterra, 1965), avvocato, giurista d'impresa specializzato nelle problematiche della rete. Di origine toscana, vive e lavora prevalentemente a Roma. Ha da sempre affiancato alla professione forense una proficua attività letteraria e di divulgazione. Ha dedicato due libri all'Homo Googlis, definizione da lui stesso creata, il protagonista della rivoluzione digitale, l'uomo con lo smartphone in mano.

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