Apro gli occhi e inquadro il soffitto. Che ora è? Sbircio il cellulare e realizzo che sono le tre e quaranta. Che faccio? Tento una disperata contorsione su me stessa e riaffondo la faccia nel cuscino: una strategia che da ragazza ha sempre funzionato. Niente. Non riesco a riaddormentarmi. Esasperata, prendo a calci le lenzuola e digrigno i denti.
Mi alzo, sconfortata. Tolgo le barricate che ho fatto alla porta della mia stanza per evitare che Achille la sfondi, prima della sveglia naturale. Sveglia naturale che, naturalmente, auspicavo si manifestasse alle nove del mattino almeno. Achille, il gatto di casa, contrariato mi concede uno sguardo truce dall’occhio destro, mentre attraverso il soggiorno. Stavolta ho svegliato io lui… Croccantini? Ma no. Dorme già di nuovo.
Apro il frigorifero speranzosa di trovare lì dentro le risposte che il sonno non ha prodotto. Mi viene incontro una folgorazione: c’è del gelato in freezer. Un po’ meno arrabbiata mi siedo su una sedia e guardo fuori: una finestra aperta sulla strada vuota. Lentamente, gusto come se non vi fosse domani, un cucchiaino alla volta, vaniglia e cioccolato.
Non sento più niente. Non c’è l’angoscia dei primi giorni, niente speranza di ricominciare. Sono svuotata. Ho pianto davanti allo schermo della TV vedendo sfilare le bare; ho fatto finta di essere allegra guardando mia madre inciampare sui tasti del telefono per fare la sua prima videochiamata; ho guardato i primi passi di mio nipote senza poterlo acchiappare un minuto prima che cascasse; ho assistito all’ansia da primo esame di mio figlio, preoccupato più che reggesse la connessione che della sua preparazione… è una lista pericolosamente infinita e banale. Una lista che condivido con i più fortunati della terra. Quelli che possono preoccuparsi di cose che non riguardano la loro sopravvivenza e la loro sicurezza.
Proprio guardando quella strada vuota ripenso alle lunghe conversazioni avute in queste settimane con chi non riesce a governare l’ansia e la paura. Persone perse nella propria angoscia di vivere. Chi non è più capace di alzarsi la mattina, chi ha paura di fare la spesa, di morire, di essere travolto dalla malattia della testa, prima che da quella del corpo. Amici che non escono più nemmeno per andare a buttare la spazzatura. Vite governate dal caos assoluto del panico. Sono molti di più di quello che potremmo pensare.
Si tratta di una specie variegata: persone che vivono sole, senza nemmeno la consolazione di un Achille che rompa i coglioni e la monotonia della giornata, ma anche persone circondate da familiari ai quali non riescono a spiegare perché si sentono così affranti.
In un racconto del 2016, Pazienti inGattiviti – Guarire dall’ansia, ho dedicato pensieri e pagine. Si tratta di una scrittura acrobatica, che si occupa di argomenti drammatici con toni leggeri. Un libro che mi ha dato tanta soddisfazione perché ha aiutato delle persone a vivere meglio per un po’. Fosse stato anche solo il tempo della lettura.
Finito il gelato, rifatto al contrario il percorso, ripristinate le barricate, mi sono riaddormentata. Appena sveglia, ho chiamato gli amici di ExPartibus, raccontando loro che mi avrebbe fatto piacere regalare a qualcuno che ha bisogno di sorridere delle proprie angosce, qualche momento di leggerezza.
Ed eccolo qui, il mio piccolo regalo per voi. Sperando che possa servire a farvi stare se non meglio, almeno “distratti” dall’incubo che stiamo vivendo. A volte quello che conta è il viaggio, più che la sua destinazione.
Con amore.
Barbara
Scarica il libro libro Pazienti inGattiviti – Guarire dall’ansia
Disegno in copertina di RGK Bogard
Per approfondimenti:
Intervista
Recensione
Autore Barbara Napolitano
Barbara Napolitano, nata a Napoli nel dicembre del 1971, si avvicina fin da ragazza allo studio dell’antropologia per districare il suo complicato albero genealogico, che vede protagonisti, tra l’altro, un nonno filippino ed una bisnonna sudamericana. Completati gli studi universitari si occupa di Antropologia Visuale, pubblicando articoli e saggi nel merito, e lavorando sempre più spesso nell’ambito del filmato documentaristico. Come regista il suo lavoro più conosciuto è legato alle dirette televisive dedicate a opere teatrali e liriche. Come regista teatrale e autrice mette in scena ‘Le metamorfosi di Nanni’, con protagonisti Lello Arena e Giovanni Block. Per la narrativa pubblica ‘Zaro. Avventure di un visionauta’ (2003), ‘Il mercante di favole su misura’ (2007), ‘Allora sono cretina’ (2013), ‘Pazienti inGattiviti’ (2016) ‘Le metamorfosi di Nanni’ (2019). Il libro ‘Produzione televisiva’ (2014), invece, è dedicato al mondo della TV. Ha tenuto i blog ‘iltempoelafotografia’ ed ‘il niminchialista cinematografico’ dedicati alla multimedialità.