Oggi è quasi intuibile per ciascuno di noi che cosa voglia dire essere cittadino del villaggio globale digitale, vale a dire di un mondo sempre più facile da raggiungere grazie alla tecnologia digitale e del quale, prendiamone atto, ormai ci siamo assuefatti e ci siamo abituati a vivere.
Ammettiamo anche che è comodo, decisamente utile e rappresenta una comfort zone, nonostante i pericoli che nasconde e le perplessità che desta per la sua invasività nella sfera personale e per l’ormai indifendibile privacy.
Sono passati meno di trent’anni dalla nascita di quello che è considerato il primo social, classmates.com cui poco dopo si affiancarono i primi blog nel 1997, Google l’anno successivo e mySpace nel 1999.
Dal 2002 circa il web 2.0 ha permesso a tutti di interagire e, da allora la vita sociale si è sempre più trasferita per ciascuno di noi sulla rete.
Già dai primi anni del nuovo secolo si era aperto il dibattito sul concetto di cittadinanza digitale ed ancora non è chiaro se la definizione vuole porre l’accento sul concetto di appartenenza a pieno titolo a una comunità o se, invece, vuole rimarcare l’esistenza all’interno della rete e l’intreccio di relazioni virtuali, per partecipare alla vita sociale e politica.
Nell’ultimo periodo è di moda il concetto di ‘transizione verso il digitale’ e vengono attuate politiche per agevolare il processo di riorganizzazione e innovazione delle pubbliche amministrazioni, il cosiddetto e-government.
Vengono altresì sviluppati programmi con l’obiettivo di promuovere una società dell’informazione inclusiva, i cui benefici sociali ed economici possano essere allargati a tutti.
In tutto questo contesto si deve prendere atto dell’esistenza di un divario digitale, digital divide, non solo tra generazioni nate con lo smartphone in mano, ma anche per zone geografiche.
Indispensabile, quindi, lo studio a livello globale di misure per favorire l’accesso telematico non solo alla rete, ma anche ai servizi e a un’informazione chiara.
Uno degli scopi si vorrebbe fosse anche quello della partecipazione attiva dei cittadini alla vita delle istituzioni all’interno del nuovo quadro sociale determinato dalla rivoluzione tecnologica.
Purtroppo, dobbiamo prendere atto che, in questo momento, la prevalenza della dimensione social e ludica della rete, rende tale percorso estremamente arduo e pone inquietanti interrogativi per le nuove generazioni che pare stiano andando in questa direzione e demandino la loro education, il termine inglese per istruzione appare il più adeguato in questo senso, agli strumenti tecnologici che, sicuramente, sono più intuitivi e di più facile uso ed accesso, ma che limitano lo sviluppo del pensiero critico.
Su questo punto si consiglia la lettura di ‘Demenza Digitale’, un testo dello psichiatra tedesco Manfred Spitzer che descrive un quadro non certo roseo per gli attuali giovani e una società realmente da Grande Fratello nel quale vivranno le future generazioni che saranno formate da due categorie di individui: da un lato la grande maggioranza, che scrolla e, dall’altro, una élite minoritaria, che deciderà i contenuti da mettere online e gli algoritmi che li veicoleranno sui nostri terminali.
Già viviamo in comunità virtuali, anche solo un gruppo di WhatsApp, dai quali essere esclusi può portare a patologie quali le fobie derivanti proprio dall’essere messi fuori dalla community.
Se ben usata, la rete rappresenta una grande opportunità di arricchimento e di crescita, sia personale che collettiva. Tuttavia, l’analfabetismo digitale può essere una piaga che creerà non pochi problemi sulla strada di una digitalizzazione sana.
Stiamo probabilmente per vivere, se non è già iniziato, un cambiamento culturale globale nel quale i concetti di identità non sono più quelli di una volta, dati da elementi ben individuati statici, bensì necessariamente dinamici, in evoluzione, che si muovono di pari passo alla velocità della rete e dei suoi strumenti tecnologici e, non ultima, dalla valutazione sociale altrui.
Non dimentichiamo che, comunque, viviamo in una realtà aperta nella quale la privacy, come prima accennato, diviene un concetto fluido ed
evanescente, che potrebbe svanire.
I cittadini digitali del villaggio globale virtuale sono in fase di sviluppo e consolidamento anche con le metamorfosi dell’essere umano che esisteva prima della rivoluzione digitale.
Autore Gianni Dell'Aiuto
Gianni Dell'Aiuto (Volterra, 1965), avvocato, giurista d'impresa specializzato nelle problematiche della rete. Di origine toscana, vive e lavora prevalentemente a Roma. Ha da sempre affiancato alla professione forense una proficua attività letteraria e di divulgazione. Ha dedicato due libri all'Homo Googlis, definizione da lui stesso creata, il protagonista della rivoluzione digitale, l'uomo con lo smartphone in mano.