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Città Infida

Città infida


Già da tempo ho sviluppato l’idea che le nostre città siano divenute infide. E lo affermo per il fatto che non siano accoglienti per la vita all’aperto dei nostri ragazzi. Le città mi sembrano che non siano più evolute come il Comune o il Centro di un Principato. Ma si siano stese, a partire dallo sviluppo industriale, in accampamenti per le Masse Operaie.

Di fatto, si son conformati, adeguandosi man mano ai tempi, quartieri dormitorio ad elevata deprivazione sociale. Intendendo per deprivazione la condizione in cui l’Uomo non si trovi nella possibilità di fruire di servizi che, caratterizzando la societas della sua città, gli diano la possibilità di svilupparsi come elemento della civitas, esercitando, così, il suo ruolo di civis nelle conformazioni sociali che vorrà.

Ma per quanto la Massa Operaia, dopo la crisi della funzione sindacale e la trasformazione della Fabbrica di Cose in Azienda di Beni e Servizi, sia stata rinominalizzata in Forza Lavoro, la civitas nel suo estendersi ha sempre più rarefatto, diluendoli, spazi e servizi non solo all’Uomo Lavoratore, bensì anche alle Persone da lui dipendenti, figli compresi.

Architetture grigie, dure e spigolose, ombre ed oscurità diurne, selve metalliche ed impervi cumuli di rifiuti hanno reso sempre più impenetrabile alla Vita quella che avevamo imparato a definire Giungla Urbana.

Per quanto si sia cercato di modificarne l’impatto, anche visivo, non è cambiata la caratteristica delle Città che così continuano a nascondere pericoli, ad esporre rischi, alimentando quell’idea di inganno che ne caratterizza l’infidità.

E, percorrendole, non sembra scorgersi né residui di Masse né frammenti di Forze, se non la desolazione delle cose che così divengono i confini dell’esistere, capaci e capienti contenitori della sofferenza.

Comunque, oggi la dimensione urbana è sempre più metropolitana. Identificandosi con la crescita dei maggiori centri che si arricchiscono di servizi alla pendolarità piuttosto che di servizi alla residenza. Connotandosi di ambizione funzionale più per l’apparato produttivo che per tutti gli altri.

Ma questa caratterizzazione dell’ambiente che diviene, così, generazione dopo generazione l’unico ambiente in cui muoversi che impatto ha sull’Uomo?

E l’Uomo che si asseconda a questo ambiente che Uomo è?

Diversamente, l’Uomo che si oppone a questo ambiente chi è?

Autore Alfredo Marinelli

Alfredo Marinelli è Professore di Oncologia presso l’Università Federico II di Napoli, nonché docente e componente del board scientifico dell’Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale “Luigi De Marchi” di Roma. Oltre che di pubblicazioni scientifiche è coautore di testi universitari per Mcgrow Hill et al. È componente del Grande Oriente d’Italia – Massoneria Universale. Profilo ed attività presenti su www.Linkedin.com

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