L’autore. Intenso, crudo, violento, impetuoso. È lo stile con cui Efraim Medina Reyes descrive episodi, pensieri, stati d’animo e ricordi. Una donna che all’inaffidabile Rep preferirà la stabilità e la sicurezza di un amore tiepido, abbandonando il passato e lo squallore della Colombia. È una rappresentazione tutt’altro che bucolica e tradizionalista, quella che Efraim Medina Reyes offre della sua terra: un ritratto autentico, disincantato, a tratti crudo e spietato, che l’autore oppone criticamente ai racconti mistificati serviti con manierismo e ricercatezza dalla letteratura sudamericana classica, contro cui si scaglia impietosamente.
Una certa ragazza. Sarà l’esperienza amorosa con una certa ragazza, e soprattutto la sua perdita, a mettere a nudo tutti i limiti e le insufficienze del protagonista, consegnandolo ad una atroce disperazione, al tormento del rimorso e del rimpianto, al disprezzo di sé. Una sconfitta attraverso la quale passerà il doloroso percorso di crescita ed autocoscienza di Rep. Con lui l’autore esplora i più oscuri meandri dell’uomo che fu un tempo, e lo fa con ironia, a volte, con cinismo e sofferenza, altre volte. Si prende in giro e si prende sul serio, espone con ostinata convinzione la parte opposta di sé, quello scetticismo sentimentale che ridimensiona razionalmente la donna amata, mentre le grida impetuosamente il proprio amore.
“L’amore non è una fregatura, Toba. L’amore è un limite e ci misura”. L’amore che amplia gli orizzonti e poi li sfuma, l’amore che costringe ad affrontarsi, a scoprirsi inadeguati, incompleti eppure tragicamente disposti alle rinunce. C’era una volta l’amore ma ho dovuto ammazzarlo è una lettura per chi ha qualcuno da ricordare o da dimenticare; per chi ancora non sa che basta un soffio, una disattenzione, un battito di ciglio, per perdere qualcuno.
Roberta Di Mauro