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Castel dell’Ovo, perché si chiama così

Castel dell'Ovo a Napoli


Da dove prende il nome il più antico Castello della città di Napoli, elemento principe del panorama del golfo partenopeo

Castel dell’Ovo, che si erge a baluardo del golfo di Napoli e sorge sull’isolotto di Megaride, propaggine naturale del Monte Echia, oggi è oggi collegato alla terraferma tramite un ponte, mentre un tempo vi era unito da un sottile istmo di roccia.
Qui i greci provenienti dalla vicina Cuma fondarono la città di Parthènope, in onore dell’omonima sirena, che la tradizione vuole si fosse spiaggiata proprio in quel luogo, lasciandosi morire per non essere riuscita a sedurre Ulisse.

Dai suoi spalti e dalle sue terrazze si gode una stupenda vista del golfo, che offre al visitatore un panorama mozzafiato.

Molti e famosi gli inquilini dell’isolotto, tra cui il militare e politico romano Lucullo, noto, tra l’altro, per i celebri ed abbondanti banchetti che duravano ore, detti, appunto, ‘luculliani’.

Costui possedeva terreni fino alla zona flegrea e qui aveva posto una dipendenza della sua favolosa Villa, di cui si conserva ancora la Sala delle Colonne, successivamente inglobata nel Castello.

In seguito, divenne un convento di monaci basiliani, che poi, adottarono la regola benedettina.

Si deve a Ruggero il Normanno la conformazione architettonica attuale, che gli consentì di essere usato più come baluardo difensivo che come abitazione, subendo migliorie nei secoli venturi, anche perché, nel frattempo, le strategie difensive belliche erano cambiate.

Durante il regno degli Spagnoli e dei Borbone, oltre che avamposto divenne una prigione, in cui furono reclusi anche il filosofo Tommaso Campanella e i giacobini della Rivoluzione del 1799.

Al momento è chiuso al pubblico fino a data da destinarsi per lavori di ristrutturazione, ma, in genere, nelle grandi sale è possibile organizzare, previa autorizzazione, mostre, convegni e manifestazioni.

Presso lo splendido maniero possono essere effettuati anche servizi fotografici e filmati per uso strettamente personale, legati a cerimonie, come matrimoni, comunioni, cresime, battesimi…

Alla sua base sorge il porticciolo turistico del Borgo Marinari, animato da ristoranti e bar, sede storica di alcuni tra i più prestigiosi circoli nautici napoletani.

Ma come mai questa roccaforte ha un nome alquanto bizzarro?

Perché è legato ad un racconto che ha come protagonista il sommo poeta Publio Virgilio Marone.

L’autore di capolavori inarrivabili come l’Eneide e le Bucoliche soggiornò a Napoli su invito del Magister Civium, che corrispondeva alla nostra attuale carica di Sindaco. Fu chiamato come consulente per i lavori di bonifica che urgevano per la mancanza di cloache e per le zone paludose, infestate da roditori ed insetti apportatori di pestilenze.

Oltre alla bonifica delle aree palustri, Virgilio avanzò lo scavo di una lunga galleria che da Mergellina portava a Bagnoli, quella che oggi i napoletani chiamano ‘La Grotta’.

Anche ma non solo per questi successi ‘ingegneristici’, i napoletani, vedevano nel vate mantovano una sorta di potente mago ed indovino, capace di eseguire le più brillanti astuzie, come speciali talismani per proteggere la città.

Cominciò così a circolare la voce che egli avesse nascosto nelle fondamenta della rocca una caraffa di vetro ricolma d’acqua, appesa ad una gabbia, all’interno della quale vi era un uovo, che aveva il potere di mantenere in piedi la fortezza.

La sua eventuale crepa non solo avrebbe provocato il cedimento della fortificazione, ma anche una serie di rovinose sciagure.

Ecco perché il luogo in cui venne conservato l’uovo fu tenuto nascosto e serrato da pesanti chiavistelli, così da renderlo inaccessibile, poiché, come lo stesso Virgilio pare avesse dichiarato

e da quell’ovo pendevano tutti li facti e la fortuna di Castel Marino.

Da qui il nome Castrum Ovi, Castel dell’Ovo.

I napoletani da sempre sono legati a questa leggenda. Durante il regno della Regina Giovanna I, e precisamente nel 1370, in seguito ad un sisma, il castello, subì ingenti danni per il crollo dell’arcone che collega i due scogli sul quale è costruito e, si diffuse la notizia della rottura dell’uovo ad opera di un soldato che, nell’allontanarsi dal maniero, lo aveva preso in custodia.

Per evitare che tra la popolazione si diffondesse il panico per le presunte future catastrofi che avrebbero colpito Napoli, la sovrana dovette giurare di aver sostituito l’uovo e, finalmente, la cittadinanza si tranquillizzò.

Intanto, il castello è ancora in piedi e speriamo ci rimanga per ancora tanto, tanto tempo…

Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.

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