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Carlo Magno e La Chanson d’Aspremont

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Rolando - disegno di Daniela La Cava
Rolando - disegno di Daniela La Cava


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L’investitura di Rolando in Aspromonte

Tra i più famosi poemi epico cavallereschi conosciuti, un posto d’onore è ricoperto da ‘La Chanson de Roland’, celebre opera medievale che narra le vicende dell’eroe Rolando o Orlando, nipote prediletto di Carlo Magno e valoroso combattente.
L’epoca carolingia, però, non rifulge solo tra le pagine di questa famosa raccolta di canti, né si confina nei territori compresi tra la Francia e la Britannia che tanto hanno ispirato racconti epici e cavallereschi.

Esiste un volume, inspiegabilmente meno conosciuto, che racconta della discesa di Carlo Magno in Calabria e dell’investitura cavalleresca del giovane nipote Rolando: ‘La Chanson d’Aspremont’!

La narrazione si svolge nel territorio calabrese compreso tra i monti dell’Aspromonte, “Quel grande dito puntato contro il cielo” come lo definì lo scrittore calabrese Corrado Alvaro, e le città dello Stretto.

In questo scenario naturale si intrecciano le vicende belliche dell’esercito franco, guidato da Carlo Magno, a cui faranno seguito alleati provenienti da varie regioni d’Europa, tutti in marcia contro gli invasori saraceni.

Se ‘La Chanson de Roland’ ci presenta un cavaliere armato di spada e dell’olifante, il corno che soffierà allo stremo delle forze prima di abbandonarsi al sonno eterno, ‘La Chanson d’Aspremont’ ci mostra un Rolando ancora fanciullo, che brama di diventare cavaliere e combattere al fianco dello zio Carlo; desiderio che si concretizzerà grazie al suo coraggio, scappando dalla torre in cui il Re lo aveva confinato per tenerlo lontano dalla guerra finché non avesse raggiunto l’età giusta per combattere.

Fortunatamente Rolando riesce a fuggire e arrivare sull’Aspromonte in tempo per salvare il Re suo zio, uccidendo il feroce nemico: un atto eroico che verrà premiato con l’investitura!

La tradizione medievale, infatti, prevedeva che il vincitore spogliasse di armi e destriero il guerriero sconfitto, come fossero trofei di guerra, e sarà così anche per Rolandino: la vittoria ottenuta gli permetterà di ricevere l’olifante e la spada Durlindana appartenuti al saraceno sconfitto.

La novità introdotta nella narrazione del duello risiede nel modo in cui il ragazzo dimostra il proprio valore salvando il monarca: non con l’uso di una spada, perché Rolando non è ancora un cavaliere e non può brandirla, ma grazie ad un’arma improvvisata.

A differenza degli altri combattenti muniti di spada, infatti, Rolandino si batte con un bastone di legno sotto gli sguardi ammirati dei guerrieri al seguito di Carlo, i quali vedono in quel ragazzo il suo degno successore.

Un esplicito richiamo all’episodio biblico della lotta tra il pastorello Davide e il gigante Golia, che riporta le gesta di un ragazzo, munito di sassi e fionda anziché di elmo e spada, trionfare sui soldati. Rolando, come Davide, sconfigge il terribile gigante armato solo di fede e del proprio coraggio.

Composto nel sec. XII al tempo della dominazione normanna quando la città di Reggio portava il nome di Risa, il poema riconduce all’eterna lotta tra pregiudizi e identità culturale che sfocerà in un sanguinario sterminio, motivato unicamente dalla volontà di sottomettere l’esercito rivale alla propria fede.

Attraverso il racconto delle gesta dei cavalieri, i poemi epici diventano uno strumento nelle mani della chiesa per rivendicare la supremazia del cristianesimo sulle altre religioni, in particolare sui seguaci di Maometto, etichettati come infedeli e miscredenti.

È un momento cruciale per la letteratura epica perché letterati e trovatori si ritrovano a sintetizzare il pensiero di culture diverse fuse tra loro. L’insediamento dei normanni nel Sud Italia, infatti, non ha imposto la lingua e la cultura dei nuovi dominatori, ma ha fuso le loro tradizioni con le culture autoctone, spogliandosi sempre più della purezza ideologica caratteristica della civiltà nordica.

Gli dei che affiancavano celti e norreni scomparvero improvvisamente, a favore di angeli inviati dal Dio dei cristiani, che vegliavano su chi aveva scelto di ricevere il battesimo e invocava il loro aiuto.

Autore Daniela La Cava

Daniela La Cava, scrittrice, costumista, storica del Costume. Autrice di volumi sulla storia del costume dal titolo "Il viaggio della moda nel tempo". Collabora con terronitv raccontando storie e leggende della sua terra, che ha raccolto nel volume "Calabria: Echi e Storie di una Terra tra due Mari".