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Capone, UGL: ‘Puntare sulla sanità e valorizzare gli infermieri’

Paolo Capone - Segretario Generale UGL


‘È il momento di agire di conseguenza’

Riceviamo e pubblichiamo.

La pandemia dovrebbe averci insegnato l’importanza fondamentale del sistema sanitario, pilastro della società, che ci garantisce il bene primario: la salute.

Eppure, dopo due anni di lotta conto il virus, portata avanti in prima linea ed a costo del proprio benessere personale, in alcuni casi della vita, sul fronte della valorizzazione del personale sanitario ci sono ancora fortissime problematiche.

È quanto sostiene il Segretario Generale dell’UGL, Francesco Paolo Capone per il quale:

Alcuni numeri a chiarire l’entità della situazione: nel generale fenomeno dell’aumento delle dimissioni volontarie dei dipendenti nel periodo post pandemico – a fronte di rischi maggiori è cresciuto il numero di lavoratori, specie quelli meno valorizzati, che hanno ritenuto più conveniente ritirarsi a vita privata – si è notato un massiccio incremento degli operatori sanitari, soprattutto infermieri, che hanno deciso di abbandonare la professione.

Nel 2021 le dimissioni volontarie nel settore sanitario sono salite del 44% rispetto al 2020. Pochissimi i no-vax, la maggior parte ha accusato uno stress eccessivo, turni massacranti, salari non adeguati, a volte aggressioni da parte degli utenti, un mancato riconoscimento della propria professionalità a fronte di un impegno e di un pericolo drasticamente aumentati a causa del Covid.

A farne le spese, oltre agli infermieri stessi, anche i pazienti. Come testimonia l’appello delle associazioni che rappresentano i malati cronici, oncologici, con gravi patologie o con disabilità che hanno denunciato in una petizione al Governo come servano più infermieri, specializzati e in numero sufficiente per poter mettere in atto una migliore sinergia tra reti ospedaliere e territori, specie per coloro che necessitano di assistenza continua.

Ma non solo: ci è stato spiegato molte volte che uno dei maggiori pericoli derivanti dalla pandemia consisterebbe in un sovraccarico del sistema sanitario – e nei periodi peggiori ci siamo andati molto vicino – che impedirebbe di poter garantire assistenza e cure adeguate a tutti i cittadini, non solo i malati di Covid o quelli cronici, ma anche le vittime di incidenti o malanni improvvisi, più o meno gravi, ma comunque tali da dover essere affrontati in ospedale.

Certo, non è questione che si risolve a breve, al momento occorre tamponare stabilizzando i precari, puntando sui vaccini e le norme di distanziamento per evitare un peggioramento dell’emergenza, ma occorre un vero piano a lungo termine per la sanità, fatto di maggiore disponibilità di strutture e contemporaneamente di formazione ed assunzione di tutto il personale necessario, medico e infermieristico, formazione che richiede anni di studi.

Per colmare finalmente le carenze, di posti letto e di organico, che penalizzano operatori e pazienti, valorizzando adeguatamente dal punto di vista economico e del trattamento lavoratori tanto essenziali per tutta la comunità.

La pandemia ci ha costretto ad aprire gli occhi su un problema che già era presente e che ora conosciamo purtroppo tutti molto bene, è il momento di agire di conseguenza.

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