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Canto e musica come strumenti di trascendenza

trascendenza


Nel suo libro ‘La musica nel mondo antico’ il musicologo Curt Sachs afferma che

la musica ha avuto inizio con il canto

e il musicologo francese Jules Combarieau, nel suo ‘La musica e la magia’ rileva che non solo la musica, ma anche la magia ha avuto inizio con il canto, da cui, ad esempio, l’origine del termine “incantesimo”.

Per andare ancora più indietro nel tempo, il Vangelo di Giovanni ci dice che

al principio fu il verbo

e la Genesi che

all’uomo fu dato il potere di nominare tutte le cose, e quello sarebbe stato il loro nome.

L’Enuma Elish, il poema babilonese della creazione, per comunicarci che cielo e terra non erano ancora stati creati, si esprime con queste parole:

Quando nell’alto il cielo non aveva ancora un nome e la terra in basso non era ancora stata chiamata con il suo nome.

Così pure il Tao Tê Ching:

Senza nome è l’inizio del cielo e della terra, con il nome è la madre di ogni cosa.

All’inizio dei tempi, ci dice Sachs, gli strumenti musicali vennero utilizzati come mere “maschere della voce”, cioè per deformarla, modificarla o coprirla fino ad ottenere l’effetto voluto.

Gli sciamani di tutte le latitudini della terra utilizzano comunque la musica e il canto per creare quel ponte che consente loro di visitare il mondo dei morti e altri mondi diversi da quello della realtà ordinaria. Inoltre, ci dice Mircea Eliade, essi ereditano il loro potere attraverso una prova iniziatica di morte e resurrezione consistente in uno “smembramento”.

Uccelli di metallo, spiriti celesti e ctoni, animali, demoni o forze telluriche fanno a pezzi e dilaniano lo Sciamano, il quale sente di vivere questa esperienza anche in senso corporeo e crede, talvolta, di essere trascinato in fondo all’abisso che conduce al Mondo dei Morti.

Quando si reintegra e riacquista la coscienza di sé, una profonda trasformazione si è prodotta in lui. Egli non sarà mai più quello di una volta: adesso ha il Potere della Veggenza, può comunicare con gli spiriti dei trapassati ed entrare in contatto con forze ed entità sottili, conosce l’uso delle Medicine, delle erbe e degli Incantesimi, è depositario dei segreti della Vita e della Morte ed ha accesso a mondi differenti dal nostro.

Vorremmo ora sottolineare il ruolo fondamentale della musica e del canto come veicoli, ponti, che consentono agli uomini l’accesso al Mondo dei morti e possono stabilire un contatto con il mondo sottile degli spiriti e degli dèi.

Il canto serve allo sciamano per evocare o disperdere gli spiriti e al medicine-man per far rimarginare le ferite mentre il triplice suono del tamburo degli Sciamani Tungusi apre e chiude le porte che conducono al cielo e agli inferi. Alcune tribù di aborigeni australiani credono anche che gli stregoni conoscano un canto che ha il potere di uccidere chi lo ascolta.

Da sempre il canto e la musica sono stati il mezzo con il quale il mago rapisce o conquista l’anima della persona amata e fa percepire agli altri ciò che egli vuole che essi vedano, sottoponendoli, appunto, ad un incantesimo.

Il musicologo Marius Schneider riferisce che alcune tribù africane credono che l’ombra proiettata dal corpo umano possegga una sua delicata melodia, che è poi la melodia dell’anima dell’uomo che la proietta.

Più diffusa è la credenza che l’essenza sottile di un essere vivente, di un luogo o di un evento, possa essere racchiusa in un suono o in una melodia che lo rappresenta. Basti pensare ai Mantra individuali che, nella meditazione trascendentale degli induisti, vengono affidati in segreto dal maestro ai discepoli, perché li ripetano per trovare se stessi.

Così gli egiziani parlavano di un nome o di un suono segreto per ogni uomo e credevano che chi ne fosse venuto a conoscenza avrebbe avuto, sull’anima di quell’uomo, potere di vita e di morte.

Schneider riporta anche che nei chiostri di alcuni Monasteri del XII secolo, Gerona e Cugat del Vallée, sono stati scolpiti animali ed altri simboli che rappresentano suoni ed intervalli musicali “congelati”, cosicché, chi ne conosca il codice segreto, contemplando quei luoghi, può evocare in sé un canto gregoriano “nascosto” nella pietra.

La musica rende così possibile il contatto con il mondo dei morti, con quello degli Dei e dei Demoni, e interviene nelle iniziazioni e nei rituali legati sia alla medicina omeopatica che alla magia generativa, raccolti, caccia, siccità. In tutti questi casi la musica ha la funzione di un medium, di un tramite, di un ponte tra il mondo individuale e un mondo trans-personale che esiste in una dimensione spazio-temporale diversa da quella della vita di ogni giorno.

Attraversare questo “ponte” significa, in ogni caso, “uscire da se stessi”, o perché si è posseduti da un Dio, da un Demone o da uno Spirito, o perché si abbandona parzialmente o completamente lo stato di coscienza ordinaria e il corpo, per accedere a mondi a esperienze che il senso comune definirebbe allucinatorie.

Nel suo libro ‘Musica e Trance‘, Gilbert Rouget distingue tra due tipi di Trance, da transis, passaggio, che corrispondono a due modi diversi in cui la musica e il canto possono funzionare da ponte, nel senso suddetto:

1. Una trance “identificatoria”, che consiste nell’esperienza di essere abitati, posseduti o visitati da uno spirito o da un dio ed è preceduta e seguita da movimenti spesso scomposti del corpo. Può avvenire alla presenza di molte persone, talvolta coinvolte nell’esecuzione della musica e del canto che producono la trance ed è caratterizzata da una sovrastimolazione sensoriale, seguita da una totale amnesia del soggetto coinvolto. È il caso del candomblé brasiliano, del Voudu africano e haitiano e dei Tarantolati italiani.

2. L’Estasi e la Trance Sciamanica che invece possono avvenire nel silenzio o essere provocate dal canto, dal battito di un tamburo o da un mantra ripetuto più volte. Sono caratterizzate dall’immobilità assoluta e dalla privazione di stimoli sensoriali, spesso avvengono in solitudine, sono accompagnate da esperienze allucinatorie e da una diversa percezione dello spazio e del tempo. Chi prova questa esperienza ha l’impressione di viaggiare e visitare i mondi sottili, celesti o inferi, o di trasferirsi in un animale, in una pianta oppure in un oggetto. È il caso dei viaggi sciamanici e degli yogin in stato di intensa meditazione.

Rouget osserva che non è possibile rintracciare caratteristiche comuni tra le musiche da Trance proprie delle varie civiltà, né negli strumenti musicali, né negli intervalli e nei tempi utilizzati. Due sole caratteristiche sono ricorrenti: delle rotture di ritmo e un accelerando-crescendo-calando-accelerando della musica. La stessa musica, inoltre, così come lo provoca, può far recedere lo stato di Trance.

Già i Greci avevano una loro classificazione delle possibili esperienze di trance, che essi chiamavano Mania, ed il capostipite dei musicisti e dei cantori dell’antica Grecia, Orfeo, era noto per il suo viaggio agli Inferi, nel vano tentativo di sottrarre l’amata Euridice alla dimora di Ade, e per il suo potere di addomesticare tutti gli animali con il canto.

I tipi di Mania secondo i Greci erano quattro:
la mania mantica, ispirata da Apollo, che dava il dono della profezia ed era legata al modo musicale detto “dorico”;
la mania telestica, una vera trance identificatoria, ispirata da Dioniso e legata al modo Frigio e all’aulos, una specie di flauto. La trance telestica era anche usata a scopo curativo e si credeva che il malato potesse guarire facendosi possedere proprio da quel Dio che lo rendeva infermo, perché incollerito o offeso. Ci si rivolgeva in tal caso ai sacerdoti di Esculapio, che indicavano il canto appropriato al Dio da evocare;
la mania poetica, ispirata dalle Muse;
la mania erotica, ispirata da Eros ed Afrodite.

Esisteva anche un “canto di guarigione” caratteristico di Apollo ed Esculapio, il Peana. Paeon o Paean era originariamente il nome del dio che guariva le malattie e divenne in seguito un appellativo di Apollo. Tale canto seguiva di solito la trenodia ed era il canto della resurrezione. Veniva anche usato in guerra, per ottenere la vittoria in battaglia, nei banchetti o per impetrare il favore degli Dei a proposito di questioni importanti. Il canto in onore di Dioniso che lo celebrava come dio della vigna, era invece il Ditirambo.

Questo potere della musica di fare da ponte tra il mondo degli uomini e quello degli dei, tra il mondo dei morti e quello dei vivi e di facilitare le “esperienze trasformatrici” proprie delle iniziazioni, veniva spiegato dai pitagorici con il fatto che il microcosmo musicale era strettamente connesso con i sette pianeti e con le loro distanze.

Le sette note venivano infatti identificate con i sette pianeti e gli intervalli musicali ammessi con le loro distanze. Gli stessi strumenti musicali venivano fabbricati con particolari materiali e rispettando criteri e misure che dovevano garantire l’equilibrio tra i quattro elementi o la predominanza di uno di essi, conferendo poteri magici allo strumento così costruito. Nella visione pitagorica, quindi, la musica imitava l’armonia degli astri e, in tal modo, essa rendeva possibile stabilire un contatto tra sacro e profano.

Questo modo di concepire la musica, del resto, non è solo patrimonio del pitagorismo, ma è caratteristico di molte culture, presenti e passate. Vasto è il gioco delle corrispondenze tra il microcosmo musicale e il macrocosmo, tra il mondo dei suoni e i luoghi dell’anima, siano essi pietre, piante, animali, parti del corpo, fenomeni atmosferici o astronomici, oppure eventi significativi legati alla nascita alla vita ed alla morte di ogni essere vivente.

Il mondo moderno sembra aver perso completamente ogni percezione di questo potere della musica. Tuttavia, si potrebbe sostenere che, tra i due tipi di mania, di trance, che abbiamo esaminato, almeno uno sopravviva nel mondo moderno: nei concerti rock e nelle manifestazioni di massa avviene ancora qualcosa di molto simile a ciò che avveniva alle menadi nelle loro possessioni dionisiache. La “possessione di massa”, in fondo, non è così lontana dall’“enthousiasmos” dionisiaco.

Il tipo di trance che invece nessuno sperimenta più è quello utilizzato dagli sciamani per viaggiare nel mondo dei morti e contattare spiriti e dèi, conservando in seguito memoria della loro esperienza. Il nostro razionalismo ci impedisce di considerare in alcun modo queste esperienze come reali. Ma, posto che esse invece lo siano, dovremmo giungere alla conclusione che il livello di coscienza dell’uomo moderno sia inferiore rispetto a quello dell’uomo arcaico, contrariamente a ciò che comunemente si crede.

 

Autore Alessandro Orlandi

Alessandro Orlandi (1953) matematico, museologo, curatore per 20 anni dell'ex museo kircheriano, musicista, saggista ed editore della Lepre edizioni, è autore di numerosi articoli e libri riguardanti la matematica, la museologia scientifica, la storia delle religioni, la tradizione ermetica, l’alchimia, le origini del Cristianesimo e i Misteri del mondo antico.

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