Agosto 2008
Abbiamo lasciato Çanakkale alle 9:00 di questa mattina. Il viaggio è durato quasi 5 ore in pullmann attraversando la Turchia delle città di Lapseki, Biga, Bandirma, Karacabey.
Ele ancora deve riprendersi dalla febbre. L’aria condizionata e le salviettine imbevute al limone hanno reso il caldo sopportabile, ma forse hanno peggiorato la sua salute.
Varie le soste in paesi e luoghi che difficilmente vedono un numero elevato di viaggiatori. A quanto pare nessuno dei compagni di viaggio è non-turco. Qualche studente, un paio di famiglie in vacanza, vari anziani che durante le soste cacciavano “tovagliolate” di cibo. Stoffe varie e di diversa grandezza si dispiegavano ad ogni sosta, mostrando di volta in volta le diverse pietanze. Hanno offerto del thè anche a noi. È stato un momento per entrare in un contatto differente con la gente di questa terra. Persone semplici che si presentano con sorrisi gentili sui volti.
La stanza al settimo piano del Karavansaray ha una vista su Bursa spettacolare. Ai nostri piedi si stende come un tappeto dagli innumerevoli dettagli. Sono proprio questi a rendere unici. Sono i dettagli che spingono alla scoperta del non conosciuto. Si è spinti ad entrare nella trama tessuta nel corso dei tempi, strati sovrapposti di idee e arti giunte fino ad oggi come un ricco tappeto disteso sulle pendici del monte Uludag, montagna che per la propria maestosità fu chiamata dai romani Olimpo.
La città è famosa per le terme e per le vacanze invernali, nonché per essere il luogo d’origine della dinastia degli Osmanli, fondatori dell’impero Ottomano. Il giardino che circonda il sepolcro di Osman Gazi e del figlio Orhan ci ha dato riposo e sollievo dal caldo. Osman prese Bursa il 6 aprile 1326 dopo 9 anni di assedio. La città divenne così la capitale del nascente impero. Chi si proclamò sultano estendendo il proprio dominio fino alle porte di Costantinopoli fu il figlio di Osman, Orhan I Gazi.
Bursa è un gioiello. Presenta opere difensive tutte intorno che andarono distrutte nel 1855 e ricostruite nel 1868 dal sultano Abdul Aziz. Il centro storico rassomiglia ad un paese delle nostre Alpi. I mercati sono vari e tutti comunicanti, tanto da dare l’impressione di entrare in un unico grande bazar che corre per tutta la città antica, con tanto di caravanserragli. La Ülü Camii è la moschea principale, costruita nel 1396 per volontà di Yildirim Beyazit. L’esterno è imponente e nasconde la delicatezza del suo interno con i decori e le calligrafie che corrono lungo le pareti. I caratteri arabi fluidi e precisi, netti nel definire forme e simboli, catturano lo sguardo per poi, poco alla volta, entrare nell’anima. Ti senti riempire.
Usciti ci siamo fermati per un thè al çay beheçesi lì vicino.
Perché Bursa? Per due motivi: il primo perché questa città è stata la culla dell’Impero Ottomano, il secondo perché qui è nato l’Iskender kebab, Iskender kebabi o kebapi in turco. Un piatto con tocchetti di pane coperti di pezzi di carne di agnello insaporita con varie spezie, accompagnata da una salsa allo yogurt, pomodoro e burro. Davvero meritevole. Questa varietà di kebab nacque nel 1867 per opera di Iskender Effendi di cui, appunto, porta il nome e la cui tomba è ancora venerata da tanti.
Parchi e giardini colorano l’interno dei suoi confini, mentre montagne boscose la cingono di verde. Per questo motivo oggi è soprannominata “Yesil Bursa”, la “Verde Bursa”.
Un tempo, però, era “Hüdavendigar”, il “Dono di Dio”. E tale è, un dono degli dei.
Fondata dal re di Bitinia Prusia I nel 202 a.C. le fu dato il nome di Prusa. Divenuta romana dopo l’annessione della Bitinia tra le province dell’impero nel 76 a.C., ne seguì le sorti fino alla sua caduta per poi passare nel XIV secolo sotto gli Ottomani, divenendo capitale dell’impero fino alla presa di Costantinopoli nel 1453.
Un gioiello, come si diceva. Non si cammina per le sue strade, si passeggia. Si riacquista il senso del lento, dell’assaporare il piccolo mondo attorno senza esserne travolti. Si respira un’aria completamente diversa da Istanbul e dalle altre città che abbiamo visitato.
I giardini, i parchi, il castello e la fortezza con la loro imponenza, il ponte Irgandi con le botteghe dai muri gialli e i tetti di maioliche, i palazzi e le moschee, le tombe dei primi ottomani e i bazar sono armonizzati tra loro, dando continuità ai sensi. Il mercato della seta è un mondo che ne richiama altri, tutti in equilibrio con la vita che gli scorre intorno e che l’attraversa. Ha al suo interno il koza han, il caravanserraglio in cui sono ospitati vari negozi di sete e, al centro del cortile, una moschea del XV secolo. Attraversiamo le vie improvvisate del mercato, inebriati dai colori che in ogni angolo dipingono uno spicchio di cielo.
Vari i caravanserragli con i loro locali e sale da thè. Tante le fontane. Fiori all’occhiello le terme e il teatro Karagoz, il teatro delle ombre che secondo la tradizione ha avuto origine qui a Bursa per poi diffondersi in tutto l’impero. L’opera delle ombre, degli “altri sé” dalle forme mutevoli e libere di fondersi in nuove. Si crea la magia con quella parte di realtà a noi ignota, la parte capace di fermare la luce e di imbrigliarla in confini mutevoli. Questa magia in questo luogo diviene arte.
La scoperta di Bursa ci ha condotto alla piccola altura, dove la moschea costruita in onore di Emir Sultan incanta con i suoi legni, il suo cortile e la storia delle sue ricostruzioni.
Bursa è ricca di storia, arte, cultura – c’è un parco dedicato proprio alla cultura, il Kültür Parkı, con il museo archeologico e la casa di Atatürk – estremamente viva e dinamica, ma con il tempo scandito da un lento divenire. È tutto un andare lento e riposarsi, fermarsi e socchiuse gli occhi. Stare qui è come bere lentamente un bicchiere d’acqua limpida e fresca dopo aver sofferto la sete. Ti trasmette un senso di piacere e appagamento.
Questa è Bursa: un gioiello degli Dei che riempie e appaga e disseta sotto le sue ombre.
Autore Fabio Picolli
Fabio Picolli, nato a Napoli nel 1980, da sempre appassionato cultore della conoscenza, dall’araldica alle arti marziali, dalle scienze all’arte, dall’esoterismo alla storia. Laureato in ingegneria aerospaziale all'Università Federico II è impiegato in "Leonardo", ex Finmeccanica. Giornalista pubblicista. Il Viaggio? Beh, è un modo di essere, un modo di vivere!