Era un campione di umanità, con l’amore, la riconoscenza e fedeltà nel nome della squadra di una regione che tanto gli ha donato
Dopo vani tentativi di rianimarlo, Gigi Riva, campione del calcio italiano conosciuto in tutto il mondo, dalle 19:10 del 22 gennaio 2024 prosegue il suo viaggio verso un piano di esistenziale di ordine superiore.
Perverrà sempre la luce della leggenda umana, che ha attraversato la sua vita, indissolubilmente legata alla Sardegna e alla squadra che tanto profondamente hanno inciso il suo cuore di amore, fedeltà e riconoscenza.
Nasce a Leggiuno, in provincia di Varese. Dopo la morte prematura dei genitori, prima il padre, per incidente sul lavoro, e poi la madre, di cancro, cresce in tre diversi collegi e inizia, giovanissimo, a lavorare nella fabbrica di ascensori di proprietà di Ernesto Fasani, dirigente dell’associazione Calcio Legnano.
Coltiva la passione per il calcio, partecipando a tornei giovanili locali durante i quali viene notato dai dirigenti del Laveno Mombello, squadra dell’omonimo comune, che, nel 1960, lo introducono nel calcio ufficiale, dove emerge da vero goleador, portando in rete 66 palloni in due soli anni.
Nel 1962 entra nel Legnano ed è notato dai dirigenti del Cagliari, in trasferta di gioco con base proprio a Legnano, che lo ingaggiano con un interessante contratto.
Dopo avere rifiutato l’offerta decisamente più conveniente dal Bologna, nel 1963 Gigi si trasferisce a Cagliari per il campionato 1963 – 1964.
Molti i successi che seguono, distinguendo Gigi quale protagonista che poi porterà il Cagliari allo scudetto nel 1970.
Rombo di Tuono, soprannome attribuitogli da Gianni Brera nel 1970 dopo la doppietta di reti nella partita Inter – Cagliari, molto amato da Gigi per essere davvero rappresentativo del gioco potente ed efficace nell’andare sotto porta per segnare, arriva in Sardegna dopo un volo Milano – Cagliari con scali intermedi Genova e Alghero, convinto di rimanerci il meno possibile e andarsene, chiedendo scusa a tutti.
La Sardegna, in quel tempo, è un’isola dal paesaggio incontaminato, abitata da persone di antica tradizione contadina e minatori, con lo stadio Amsicora che contiene un campo con una distasa di sabbia chiara invece dell’erba.
Eppure, a poco sono servite le lusinghe dell’Avvocato Gianni Agnelli, ammiratore del gioco di Gigi, per portarlo alla Juventus, come neppure quelle dell’Inter e del Milan.
Contratti milionari sempre rifiutati, coerentemente alla propria filosofia di vita caratterizzata dalla semplicità e, soprattutto, dall’amore per un luogo sentito ‘suo’, nato un poco alla volta, maturato nel tempo e poi radicatosi profondamente in lui.
Nel giugno 1974 disputa la sua ultima partita, Italia – Argentina, 1-1, nel campionato del mondo tenutosi in Germania Ovest.
Conquistato da una terra e la sua gente, il suo cuore viene inciso da un indelebile sentimento che lo trattiene senza rimpianti, quasi fosse un tradimento lasciarla dopo averla vissuta con intensa partecipazione e senso di appartenenza ad una origine ormai propria.
Sono molti gli insegnamenti che possono trarsi dal campione sportivo, ma è l’uomo che ‘fu’ a distinguerlo per l’umanità con la quale ha vissuto.
Una fedeltà riconoscente ai valori più semplici, ma che sono i più profondi, leali, veritieri, trasmessi dalle persone accanto alle quali si cammina un giorno qualsiasi fuori dallo stadio.
È dalle forme più semplici dell’esistenza umana che sorge l’umiltà, che è la virtù per la quale si riconoscono i propri limiti, rifuggendo da ogni forma di sopraffazione, orgoglio, superbia, prevaricazione.
E non quella che viene fraintesa da coloro che si ritengono superiori rispetto ad altri per uno status, facendone una questione di posizionamento sociale di ordine maggiore, guardando dall’alto verso il basso con il mezzo sorriso commiserante, che rivela un sottile piacere di non essere parte di quella bassa estrazione.
Sono i valori per i quali lui ha vissuto, che giustificano la ragione alla rinuncia delle offerte plurimilionarie più volte ricevute.
La semplicità di un grande campione sentita propria in nome del valore dell’umiltà delle persone che vivono al di là di ogni forma di artificiosa superiorità, per riempire il cuore di un amore che non può essere tradito, perché nulla può pregiudicare la virtù in essa racchiusa.
Grazie Gigi per non abbandonarci tramandandoci il tuo riservato intimo vissuto, quale riflessione.
La tua vita ha affermato quanto non sia una grande squadra che fa grande un calciatore, ma un grande uomo che rende grande uno sport.
Auspichiamo che ciò funga da rinnovato insegnamento che penetri le coscienze degli sportivi che verranno.
Corri Rombo di Tuono, corri…
Buon Viaggio…
Autore Adriano Cerardi
Adriano Cerardi, esperto di sistemi informatici, consultant manager e program manager. Esperto di analisi di processo e analisi delle performance per la misurazione e controllo del feedback per l’ottimizzazione del Customer Service e della qualità del servizio. Ha ricoperto incarichi presso primarie multinazionali in vari Paesi europei e del mondo, tra cui Algeria, Sud Africa, USA, Israele. Ha seguito un percorso di formazione al Giornalismo e ha curato la pubblicazione di inchieste sulla condizione sociale e tecnologia dell'informazione.