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Bullismo e suicidio

Bullismo


Dalla voce di un insegnante

Una lettera straziante di un professore tratta da ‘La parola ai giovani’ di Umberto Galimberti, ed. Feltrinelli.
Dopo il tentato suicidio di una dodicenne un insegnante così scrive a tutti i suoi studenti:

Allora io adesso vi dico una cosa. E sarò un po’ duro, vi avverto. Ma ho questa cosa dentro ed è difficile lasciarla lì.

Quando la finirete di mettervi in due, in tre, in cinque, in dieci contro uno?

Quando la finirete di far finta che le parole non siano importanti, che siano solo parole, che non abbiano conseguenze, e poi di mettervi lì a scrivere quei messaggi – li ho letti, sì, i messaggi che siete capaci di scrivere -, tutte le vostre “troia di merda”, i vostri “figlio di puttana”, i vostri “devi morire”?

Quando la finirete di dire “Ma sì, io scherzavo” dopo essere stati capaci di scrivere “Non meriti di esistere”? Quando la finirete di ridere, e di ridere così forte, quando passa la ragazza grassa?

Quando la finirete di indicare con il dito il ragazzo “che ha il professore di sostegno”? Quando la finirete di dividere il mondo in fighi e sfigati? Che cosa deve ancora succedere, perché la finiate? Che cosa aspettate? Che tocchi al vostro compagno, alla vostra amica, a vostra sorella, a voi?

E poi voi. Voi genitori, sì. Voi, che i vostri figli sono quelli capaci di scrivere certi messaggi. O quelli che ridono così forte. Quando la finirete di chiudere un occhio? Quando la finirete di dire “Ma sì, ragazzate”?

Quando la finirete di non avere idea di cosa diavolo ci fanno otto ore al giorno i vostri figli con quel telefono? Quando la finirete di non leggere neanche le note e le comunicazioni che scriviamo sul libretto personale?

Quando la finirete di venire da noi insegnanti una volta all’anno (se va bene)? Quando inizierete a spiegare ai vostri figli che la diversità non è una malattia o un fatto da deridere?

Quando inizierete a non essere voi i primi a farlo, perché da sempre non sono le parole, ma gli esempi, gli insegnamenti migliori?

Perché quando una ragazzina di dodici anni prova a buttarsi di sotto, non è solo una ragazzina di dodici anni che lo sta facendo: siamo tutti noi. E se una ragazzina di quell’età decide di buttarsi non lo sta facendo da sola: una piccola spinta arriva da tutti quelli che arrivano lì e non hanno visto, non hanno fatto, non hanno detto.

E tutti noi, proprio tutti, siamo quelli che quando succedono cose come questa devono vedere, fare e dire. Anzi, urlare. Una parola, una sola, che è “Basta!”

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Autore natyan

natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.

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