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Bugli al LuBeC di Lucca: ‘Autonomia regionale’

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Vittorio Bugli


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L’Assessore partecipa all’incontro sulla governance del patrimonio culturale e sulle sfide della prossima programmazione europea settennale

Riceviamo e pubblichiamo da Agenzia Toscana Notizie.

C’è fame di innovazione, anche nel settore della cultura e del turismo: innovazione digitale, innovazione nei musei, archivi ed open data. E l’innovazione – quella legata alla tecnologia, alla scienza ma non solo, quella anche che ha a che fare con la gestione dei beni culturali – si crea e si aiuta con i fondi europei.

Ne ha parlato l’Assessore alla presidenza della Toscana Vittorio Bugli oggi, 4 ottobre, al LuBeC di Lucca, il convegno internazionale sui beni culturali che da quindici anni anima ad ottobre la città.

Bugli ha partecipato ad un incontro in particolare sulla governance del patrimonio culturale e sulle sfide della prossima programmazione europea settennale, quella che partirà nel 2021.

Accenna l’Assessore:

Dobbiamo stimolare una modernizzazione diffusa e lo stiamo già facendo. La Toscana è ricca di beni culturali e già facciamo molto per valorizzarli. Possiamo però ancora migliorarci.

E lancia due proposte: una richiesta al Governo per coordinare l’offerta dei beni culturali, già parte del pacchetto di regionalismo differenziato e rafforzato presentato nel 2018 su dieci materie, e il sostegno all’innovazione dal basso.

Spiega Bugli:

Provo a fare un esempio: in Toscana ci sono tantissimi beni culturali, fatti di luoghi e iniziative che fanno capo ora allo Stato, ora alla Regione, ora agli Enti Locali.

Se però decidiamo, anno per anno, di concentrarci tutti su uno o pochi temi, con la proposta di regionalismo la Regione potrebbe coordinare tutti, ovviamente in comune accordo, per centra re l’offerta.

Ma l’innovazione si fa anche da basso e va aiutata.

Prosegue l’Assessore:

I toscani hanno sempre avuto la capacità di confrontarsi e costruire, sul confronto, nuovi progetti. Ci sono luoghi bellissimi nelle campagne o sulle colline e montagne della nostra regione che oggi rischiano di spopolarsi.

Ma grazie alla tecnologia, grazie anche alle connessioni ad internet a grande velocità che con risorse europee stiamo portando anche laddove il mercato ha scelto di non investire e grazie alle idee e all’impegno anche di giovani residenti che ci vivono quei luoghi possono tornare a crescere invertendo il trend, impostando progetti innovativi.

È il caso ad esempio delle cooperative di comunità. La Regione ha avviato un anno fa questa esperienza, finanziata con un milione e duecentomila euro.

Racconta Bugli:

E sono nate ventiquattro cooperative. Molte sono costituite da giovani, specialmente donne, e con i loro progetti che parlano di cultura e di turismo portano innovazione e potenzialità a questi territori dove sono presenti preziosi beni culturali e paesaggistici da valorizzare.

Possono diventare motore di sviluppo e incrociare ulteriori risorse che arrivano dalla Regione e dall’Unione Europea.

L’appuntamento al LuBeC è stato anche l’occasione per ricordare qualche numero su come la Toscana sta usando i fondi europei. Nell’attuale programma avviato nel 2014 e che si concluderà nel 2020, la Toscana, solo per quanto riguarda il FESR, il Fondo per lo sviluppo regionale utilizzato in buona parte per aiutare le imprese ad innovarsi, ha già impegnato 617 milioni di euro su 792 a disposizione. È il 79 per cento, miglior risultato dopo la provincia autonoma di Trento, venti punti percentuali sopra la media di tutte le regioni.

Quanto alla spesa certificata, la Toscana ha utilizzato 243 milioni ed anche in questo caso è sopra sia alla media italiana sia a quella delle regioni più sviluppate. Di tutte le risorse programmate, 291 milioni sono destinati a ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione: sono stati finanziati 2.228 progetti ed attivati 366 milioni di investimenti privati che hanno permesso la creazione di 1929 posti di lavoro.

Per la riduzione del divario digitale sono stati impiegati invece 79 milioni: quarantatré hanno consentito di portare la banda larga, e dunque collegamenti veloci ad internet, in oltre 76 mila edifici di borghi e piccoli paesi.