Una parabola su moralità e fiducia nella società contemporanea
Dopo anni trascorsi a lavorare sui set di vari registi – Luca Miniero e Paolo Genovese, Vincenzo Terracciano, Massimo Andrei, Riccardo Milani – e a scrivere soggetti e sceneggiature che poi altri hanno portato su grande e piccolo schermo, Alessandro Giglio ha esordito dietro la macchina da presa con ‘Black Parthenope‘, un film ambizioso e intrigante arrivato in sala a inizio giugno del 2022.
Un giallo ai limiti dell’horror… ma con lo sguardo a Hitchcock.
Il lavoro ha avuto una gestazione di parecchi anni e le difficoltà sono state molteplici dato gli affascinanti ma impervi luoghi in cui è stato girato: Napoli sotterranea, quelle viscere cittadine da cui partiva il Munaciello per palesarsi nelle case dei partenopei. Dalla leggenda del Munaciello prende spunto ‘Black Parthenope‘, per diventare anche una parabola su moralità e fiducia nella società contemporanea.
Alessandro Giglio, che si era fatto conoscere e apprezzare come regista nel 2009 con l’originale e divertente corto ‘Papà, fattene una ragione!‘, ci ha parlato del suo film, della fatica di questo esordio, di Napoli e del Cinema napoletano e dei progetti futuri.
Hai fortemente voluto questo film. Qual è stata l’idea da cui è partito tutto?
Cercavo una storia da ambientare a Napoli e una sera, insieme al mio amico Fabio, siamo andati in visita ad uno degli accessi della Napoli sotterranea, quello di Sant’Anna di Palazzo.
Un anziano signore, la guida, ha iniziato a raccontare le origini del Monaciello. Da quel giorno non ho fatto altro che pensare alle viscere della città…
Il Munaciello in ‘Black Parthenope‘ assume un valore, a suo modo, identitario, quasi una figura protettiva. Volendo fare una connessione tra leggende napoletane potremmo dire che il Munaciello fa da custode e protegge quell’uovo incastonato sull’isolotto di Megaride, nelle segrete del Castel dell’Ovo, e dalle cui sorti dipende il destino di Partenope. Al di là della leggenda, cosa vedi nella figura del Munaciello? Cosa rappresenta nella storia che hai voluto raccontare?
Sono d’accordo con la tua esposizione. Nella storia, lascio interpretare allo spettatore chi sia il Munaciello, proprio come nella leggenda: Lui è quello che si vuol credere…
Per un esordio in un lungometraggio dietro la macchina da presa si può dire che sia stato un lavoro piuttosto impegnativo sotto diversi punti di vista: quali sono le maggiori difficoltà che hai incontrato nelle varie fasi di lavorazione, dalla genesi creativa alle riprese?
Moltissime! Quelle durate anni, alla ricerca di fondi, sono paragonabili a faticose scalate, dove ogni volta la vetta si allontanava sempre di più! Invece sulla produzione, per comprendere al meglio il progetto bisogna ricordarsi che è un film indipendente, quindi un budget molto basso, che però andava gestito al meglio in una location complicatissima. Parliamo di quasi quaranta metri sottoterra per la maggior parte della lavorazione, con poco tempo a disposizione.
In primis non potevo permettermi di fare straordinari e non volevo affaticare la troupe, già chiamata ad una prova particolare.
Una delle cose che ci ha dato più difficoltà era la comunicazione a distanza. Sottoterra non solo con il campo base in superficie, ma anche a pochi metri di distanza, le radio non hanno ricezione. I cellulari poi, inutilizzabili. Inoltre, in alcune zone, fuori dai circuiti turistici, dovevamo utilizzare le mascherine – in anticipo sui tempi! -, per la polvere depositata da decenni…
Per farsi un’idea c’è il backstage girato da Luciano Russo, dove si può comprendere meglio il valore del progetto.
Il cast di ‘Black Parthenope‘ è eterogeneo e di ottima qualità: Giovanni Esposito e Nicola Nocella svestono i panni comici dimostrando una bravura impressionante e le due protagoniste femminili, Jenna Thiam e Marta Gastini, sono sorprendenti in interpretazioni che hanno richiesto anche un notevole sforzo fisico. Da sottolineare, poi, il cameo di Gianluca Di Gennaro. Bravo anche Maziar Farouzi. Avevi già in mente loro come attori? Come sono avvenute le scelte?
Con Giovanni, sono legato da un’amicizia e una stima che dura da anni. Devo dire che però, il suggerimento di affidargli un ruolo drammatico è stato della mia coproduttrice, Silvana Leonardi. Alla proposta, non ho avuto un attimo di esitazione e Giovanni altrettanto.
Nocella, poi, non lo scopro io.
Marta Gastini, invece, mi è stata suggerita dalla nostra casting, Yasmin Hadjeres: è stato qualcosa di speciale lavorare con lei. Una professionista di altissimo livello.
Maziar Farouzi, un altro attore straordinario, che invece, mi ha confessato a metà lavorazione di soffrire di claustrofobia!
Gianluca di Gennaro era presente già in fase di sceneggiatura, ci conosciamo da tempo e poi lavorando insieme ad un film, ‘Cobra non è’ di Mauro Russo, gli ho parlato di ‘Black Parthenope’. Anzi, è stato proprio Gianluca a mettermi in connessione con Jenna Thiam. Che attrice! Il suo curriculum parla da solo… Si è creato un rapporto di grande fiducia, tra di noi.
Voglio ringraziare anche Gianluca Passarelli e sopratutto Giorgio Pinto che interpreta il Munaciello.
Oltre agli attori, ho avuto il privilegio di lavorare con professionisti di grande spessore, con alle spalle set importanti e questo mi ha dato l’opportunità di sfruttare al massimo le risorse a disposizione.
Mistery, noir, giallo, horror… ‘Black Parthenope‘ è un film di genere, ma, a dire il vero, è complicato, quasi riduttivo identificarlo con un’etichetta. Come lo definiresti?
Ti ringrazio. Sono d’accordo con te, è tutte queste cose e per alcuni risulta spiazzante, diciamo più per la critica che per gli spettatori.
Il film è stato girato in inglese o, per meglio dire, in inglese, francese, italiano e napoletano e poi doppiato per una versione in italiano. Lo avevi già deciso in fase di scrittura oppure è stata una scelta della produzione a dimostrazione della fiducia per la distribuzione internazionale dell’opera?
Sì, ho sempre pensato ad una storia che potesse essere esportata, infatti la versione italiana, purtroppo, non restituisce al meglio allo spettatore l’atmosfera ed il lavoro degli attori, mi sarebbe piaciuto uscire al cinema nella versione originale sottotitolata.
‘Black Parthenope‘ è un unicum nel panorama cinematografico napoletano che pure negli ultimi anni è in pieno fermento e in continua attività… ma nonostante l’immenso patrimonio storico-culturale della città nessuno si era ancora lasciato ispirare da misteri e leggende partenopee per fare un film e girarlo per la quasi totalità nelle sue affascinati viscere. Da regista e da spettatore che opinione ti sei fatto di questa florida stagione cinematografica all’ombra del Vesuvio?
È qualcosa di speciale, sono molto felice per tutte le nuove generazioni di napoletani che vogliono fare questo mestiere, difficilissimo soprattutto in Italia.
Personalmente sono dovuto andare via da Napoli giovanissimo, all’epoca si faceva pochissimo cinema in città. Sulle leggende e misteri napoletani, ci sarebbe tantissimo da fare…
Quando si parla di Napoli, a prescindere dall’argomento e da chi ne parla, si tende inevitabilmente ad esagerare, nel bene ma in special modo nel male. Da napoletano che non vive nella propria città ormai da molti anni come vedi la città in questo momento storico?
L’argomento meriterebbe una chiacchierata a parte! Ho vissuto sulla mia pelle la diffidenza che si ha nei nostri confronti. Il nostro modo di affrontare così generosamente la vita, l’orgoglio delle nostre origini, la nostra ribellione – molte volte fatta male! -, il sorriso che, nonostante tutto, non ci manca mai, forse suscitano un’invidia inconscia… per me essere napoletano è una delle cose più belle che mi potesse capitare! Anzi consiglio a tutti di essere un po’ napoletani!
Cosa ci si deve aspettare in futuro da Alessandro Giglio? Hai già le idee chiare per il prossimo film?
Ho fatto moltissimi sacrifici per poter esordire e non ringrazierò mai abbastanza Silvana Leonardi ed Enzo Di Marino della Wam, capofila del progetto, che hanno creduto da subito in me. Poi Nicola Grispello, della Volcano Picture, e Davide Squillace e Massimo Abbatangelo della Think Mgmt, che hanno prodotto il film.
‘Black Parthenope’ è entrato per ben due volte nella top ten del box office e, per un film indipendente, sono numeri importanti, ma averlo fatto per me già è una vittoria. Per il futuro, ho un progetto a cui tengo moltissimo, scritto con Giovanni Mazzitelli e Mara Fondacaro, una trilogia, ma, purtroppo, per una serie di ragioni non possiamo dire altro…
Autore Paco De Renzis
Nato tra le braccia di Partenope e cresciuto alle falde del Vesuvio, inguaribile cinefilo dalla tenera età… per "colpa" delle visioni premature de 'Il Padrino' e della 'Trilogia del Dollaro' di Sergio Leone. Indole e animo partenopeo lo rendono fiero conterraneo di Totò e Troisi come di Francesco Rosi e Paolo Sorrentino. L’unico film che ancora detiene il record per averlo fatto addormentare al cinema è 'Il Signore degli Anelli', ma Tolkien comparendogli in sogno lo ha già perdonato dicendogli che per sua fortuna lui è morto molto tempo prima di vederlo. Da quando scrive della Settima Arte ha come missione la diffusione dei film del passato e "spingere" la gente ad andare al Cinema stimolandone la curiosità attraverso i suoi articoli… ma visto i dati sconfortanti degli incassi negli ultimi anni pare il suo impegno stia avendo esattamente l’effetto contrario. Incurante della povertà dei botteghini, vagamente preoccupato per le sue tasche vuote, imperterrito continua la missione da giornalista pubblicista.