Lo spettacolo, irriverente ed innovativo, ironizza con stile sul mondo dello show business
Ieri, 19 dicembre, ore 21:00, presso il Teatro Bellini di Napoli, è stato rappresentato con successo lo spettacolo ‘BeQuiet Talent Show – Christmas Edition’ da un’idea di Giovanni Block, scritto da Davide Santocchi, Giovanni Block e Luciano Labrano.
In scena, nel provare a mettere ordine, Giovanni Block, Matteo Florio, Ceppe Pasciano e Luciano Labrano, la giuria, Annarita Ferraro, Luca De Lorenzo e Adriano Falivene.
In “gara” Barabba Dr. Jazz & Dirty Bucks Swing Band, Ivan Dalia e Alfina Scorza, la valletta Massimiliano Nicosia, la band Francesco Lettieri e i Redditi di Cittadinanza, ovvero Francesco Sanarico, Francesco Garramone, Enrico Valanzuolo e Pasquale Benincasa, con la partecipazione straordinaria di Tony Tammaro ed Enzo Fischetti.
Regia Barbara Napolitano, aiuto Regia Marilìa Testa, scenografia Concetta Caruso, Angelica Simeone ed Emanuela Ferrara, costumi Valeria Malpeso, sound designer Stefano Formato, luci Sandro Carotenuto, management Tecla Meloni e Gianmarco Modena.
Lo show, in versione natalizia, arriva nella prestigiosa sala partenopea dopo sei anni di performance di laboratorio teatrale, ripetuti sold out e una puntata zero in TV su RAI 2 la scorsa estate. Un continuo work in progress, una sperimentazione incessante che trova follower anche sul web con spassosi video ormai divenuti virali.
‘BeQuiet Talent Show, l’unico talent che ti rende meno famoso di prima’ nasce dall’esigenza di salvaguardare l’umanità dal rischio di estinzione ormai incombente.
In seguito ad una stravagante proiezione astrale, il direttore artistico Giovanni Block viene catapultato nel 2070; il suo sé invecchiato gli comunica che il genere umano è dominato dalla notorietà e che non c’è posto per la normalità. L’unico modo per arginare il sistema è scardinarlo, creando un programma che inneggi all’anonimato, che destrutturi il senso comune della competizione stessa. Prende così il via il talent nel talent.
Un’operazione rischiosa che riesce in pieno. Merito anche dell’affiatamento del cast, della sinergia palpabile a vari livelli con la regia, forte del prezioso supporto di scenografa e costumista. Funzionale il gioco delle luci. Un plauso al Teatro Bellini, ancora una volta capace di scommettere su pièce innovative degne di attenzione.
La particolarità della serata, oltre alla formula collaudata che fa della sferzante ironia e della vivace parodia i suoi punti di forza, è la capacità di sorprendere gli spettatori con improvvisazioni al limite della programmazione in scaletta, equilibrata commistione di generi che mette in scena dinamiche prettamente televisive, fusione di linguaggi, ritmi serrati che sembrerebbero non appartenere al puro genere teatrale che va a sfociare anche nel cabaret. Il tutto contribuisce a creare, in quel meraviglioso contesto architettonico, una sorta di microcosmo che diviene specchio del contemporaneo.
Esasperati a dovere i meccanismi che regolano il quotidiano: l’esibizione, o piuttosto esibizionismo, di aspetti della vita che dovrebbero rimanere relegati nel privato, immortalati sui social con foto e video troppo spesso inopportuni, luci della ribalta puntate su situazioni futili e personaggi privi di spessore, invece che sui veri meritevoli di attenzione. O ancora, il lancio di hashtag assurdi che fanno, al contrario, tanto seguito provocando una corsa all’irragionevole aggregazione di quanti più utenti possibili su tematiche del tutto inconsistenti.
Il voler prepotentemente accostare alla propria immagine un qualsivoglia prodotto, fosse anche della semplice acqua minerale, pur di riuscire a venderlo a prezzi esagerati, ricorda, ad esempio, recenti fatti di cronaca che hanno alzato un polverone ottenendo, quindi, il clamore ricercato.
La disattenzione, il pressappochismo, la superficialità, la mancanza di ascolto, la frettolosità che mettiamo nel confronto con l’altro perché troppo presi da noi stessi e dai nostri schemi mentali che non ci rendono elastici nonostante, di contro, pretendiamo totale flessibilità da parte del nostro interlocutore.
Il pubblico, continuamente chiamato in causa, stimolato, coinvolto, risponde con trasporto. Che si tratti di un invito a scandire con il battito delle mani una canzone, canticchiare un motivetto, applaudire a comando grazie ad un uomo, da sempre nel cast del BeQuiet, Nicola Dragotto, applausometro con tanto di cartellone “applausi”, rispondere ad un quesito, accendere la torcia dei telefonini per accompagnare una melodia, tutto purché non resti immobile, ingessato in poltrona, ma sia parte attiva della rappresentazione.
La stessa regista viene sollecitata ad intervenire più volte dal direttore artistico perché dica la sua: non dimentichiamoci che si tratta della simulazione di una trasmissione televisiva registrata che prevede tagli di scene appositamente “sbagliate”, da rigirare fino ad ottenere il risultato desiderato.
Anche i testi della scaletta sono messi in discussione e gli autori rimbrottati per evidenziare come debbano, a volte, piegare il loro estro creativo in nome dello show business, scrivendo battute di dubbio effetto perché il target di riferimento non sarebbe in grado di cogliere riferimenti aulici o nessi nascosti.
Si spiegano, così, le incursioni video del presentatore TV che sciorina background artistico – culturali dei concorrenti indugiando, però, su caratteristiche assolutamente vuote di contenuto, piegandosi alle nuove regole imperanti, ormai prive di logica.
Sul palco si avvicendano ottimi artisti che ci regalano intense esibizioni: Alfina Scorsa canta un sensualissimo ‘Tanghero’, la band Barabba suona un travolgente rock and roll anni ’50, Ivan Dalia si esibisce con dolcezza al piano e i Dr. Jazz & Dirty Bucks Swing Band con la loro musica ci proiettano a New Orleans. Tutti vengono, però, bistrattati dalla giuria composta da tre sedicenti esperti, in realtà incompetenti che parlottano, incuranti della performance in atto: Djsukrist, prete corrotto e ammonitore, Parcella Bella, blogger ammaliatrice dalla critica facile, e Lele Mosina, produttore sfrontato e sprezzante.
Solo quattro le regole del gioco: il pubblico non ha diritto a votare; basta un semplice sì di uno dei giurati per vincere; i cantanti non hanno diritto di replica, devono tacere; le conoscenze sono un valore aggiunto.
Durante i loro interventi i giurati fanno leva su motivazioni infondate, inutili e irrazionali, come ad esempio un’umiliante bocciatura perché il candidato è troppo bravo e quel “troppo” dà emozioni così forti da avere una connotazione negativa, il rilevare la totale incapacità di saper ballare il tango anche se si tratta di una canzone o, ancora, il lamentare l’assenza totale del testo per una sola melodia. Del resto, da incompetenti, come potrebbero essere in grado di dare un parere ragionato e valido? Eppure quanto spesso succede nella realtà…
Nel dubbio se l’esaminato possa essere o meno dichiarato vincitore si lascerà la scelta finale al caso… Ma ne siamo proprio sicuri? È tutto pilotato! Lele Mosina, improvvisatosi giocoliere, rotea delle palline rosse e verdi in aria, su cui è scritto un sì e un no; sarà il candidato, di volta in volta, ad interromperlo con uno stop e la pallina caduta a terra, a seconda della scritta, definirà la sua sorte. Peccato, però, che Lele usi sempre e solo palline rosse, colore che denota, appunto, un rifiuto, manipolando il risultato.
Spiegherà poi, in poche ma efficaci battute, che gli esseri pensanti, capaci a loro volta di generar pensiero autonomo, sono da arginare perché pericolosi. Molto meglio prendere uno stolto senza attitudine ed esperienza e creare a tavolino un personaggio, renderlo famoso e solo dopo calarlo dall’alto sul palcoscenico, come si farebbe con una gru.
In questo modo il controllo è assicurato. Perché mai, invece, prendere in considerazione chi ha studiato al conservatorio? Quando mai nella vita la meritocrazia paga?
Quando ormai il penultimo concorrente è accompagnato all’uscita da un’inverosimile valletta, sciocchina e poco avvenente, che scimmiotta a dovere lo stereotipo della showgirl da trasmissione, arriva il turno di Enzo Fischetti, volto noto di RAI 2.
Con la disinvoltura e l’innata verve che lo contraddistinguono si spoglia per scoprire la divisa da arbitro di calcio e raccontarci esilaranti aneddoti dal retrogusto amaro sul suo passato in serie eccellenza.
Siamo ormai alla presentazione dell’ultimo concorrente, che, diversamente dagli altri, non è vestito in modo elegante ma da zampognaro. Terminato il suo coinvolgente intervento canoro viene però smascherato da Lele Mosina come Tony Tammaro. Sarà lui, il più grande cantante del mondo, il vincitore di tutti i talent, a meritare, finalmente, la pallina verde del giurato e a conquistare la vittoria del concorso in cui non conta “la conoscenza… ma le conoscenze”!
Il pubblico è in visibilio. La serata è ormai conclusa, ma Giovanni Block, nei saluti, ci invita a non lasciar la sala, perché Tony sta per presentarci il suo inedito natalizio, una canzone di Natale sulla delusione dell’uomo che ha ricevuto solo regali riciclati e “pezzottati”.
Il video ufficiale del brano, realizzato in diretta al Teatro Bellini, sarà pubblicato sulla sua fanpage Facebook alle ore 24:00 della vigilia di Natale.
Foto e video Teatro Bellini
https://www.facebook.com/TeatrobellinidiNapoli/videos/328037317808568/
Autore Lorenza Iuliano
Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.