Arriva finalmente nelle sale Benur L’ultima fatica cinematografica di Massimo Andrei, salutata da pubblico e critica come migliore sorpresa dell’ultima edizione del Festival Internazionale del Cinema di Roma.
Eppure, almeno agli addetti ai lavori, le potenzialità del talentuoso attore e regista napoletano non dovrebbero essere sconosciute. La sua prima fatica dietro la camera, Mater natura, di cui è autore assieme a Silvia Ranfagni, si aggiudicò il premio della Critica al Festival di Venezia nel 2005.
La sceneggiatura di Benur è di Gianni Clemente, che ha adattato per il grande schermo il suo spettacolo teatrale Ben Hur, ma il tocco di Andrei, la sua personalità sono evidenti, a partire dal finale, meno amaro della versione originaria.
Ne viene fuori un altro piccolo capolavoro, impreziosito dai contributi di altissime professionalità, basti citare le musiche originali di Nicola Piovani.
La trama di Benur. Sergio è uno stuntman disoccupato che prova a sbarcare il lunario facendosi fotografare, in costume da centurione, dai turisti che visitano il Colosseo. Vive con sua sorella Maria, delusa dall’amore, che prova ad arrotondare le magre entrate del fratello facendo da ‘voce calda’ per una chat erotica telefonica. Fino a quando non fa irruzione in questa incolore routine Milan, un immigrato clandestino bielorusso che con la sua intraprendenza e il suo spirito di iniziativa finirà per sconvolgere le loro vite.
Abbiamo contattato telefonicamente Massimo Andrei perché ci raccontasse del film Benur, in attesa di incontrarlo per una videointervista.
Benur è un film che fa molto ridere, pur affrontando argomenti molto delicati. Lo faccio come al mio solito, con lo stile irriverente che mi contraddistingue, senza però scadere nell’aggressività. Si può far ridere anche parlando di miseria. Pur non volendo proporre un paragone, lo hanno già fatto dei grandissimi, penso a Totò, in Miseria e Nobiltà, o anche a Chaplin. Poi, del resto la miseria è diversa dalla miserabilità. Così, come la risata amara è nella tradizione della commedia all’italiana, quella nobile, dei Germi, Scola, Monicelli, tanto per fare qualche nome. Autori che subito dopo la produzione neorealista hanno portato il nostro cinema all’estero come modello da imitare. In Benur gli elementi della commedia all’italiana ci sono proprio tutti. I risvolti psicologici, momenti poetici, ma anche il dialetto usato in modo forte, crudo, violento, aggressivo. Ed ovviamente affronta una problematica sociale, quella degli immigrati, non visti come sbarco, quando arrivano, ma dal punto di vista dell’integrazione. Come vivono, lavorano, si sposano. Che dimostrano di essere più intraprendenti degli italiani, che ormai si sono seduti, che non hanno più spirito di iniziativa. Hanno più entusiasmo, anche per le piccole grandi conquiste, l’appartamento preso in affitto, la macchina comprata, il lavoro a tempo indeterminato. Insomma, ce l’ho messa tutta, ci sono tutti gli ingredienti della autentica commedia all’italiana, adesso spero nella risposta del pubblico.
Autore Pietro Riccio
Pietro Riccio, esperto e docente di comunicazione, marketing ed informatica, giornalista pubblicista, scrittore. Direttore Responsabile del quotidiano online Ex Partibus, ha pubblicato l'opera di narrativa "Eternità diverse", editore Vittorio Pironti, e il saggio "L'infinita metafisica corrispondenza degli opposti", Prospero editore.