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Benedetto Mondo

Benedetto XVI


Troppo spesso si dimentica che il contrario di relativismo è assolutismo.
Giulio Giorello 

Fu un evento, qualcosa di clamoroso, fuori da ogni attesa e dal tempo.
Le dimissioni di papa Benedetto XVI furono annunciate l’11 febbraio 2013 ed ebbero effetto alle ore 20:00 del 28 febbraio seguente. Esattamente dieci anni fa.

La data da lui scelta per quell’annuncio così dirompente nella storia della Chiesa, l’11 febbraio, memoria della beata Vergine di Lourdes, ci fece capire quanto la debolezza fa parte della verità dell’uomo, che la fragilità accolta e affrontata a viso aperto, assumendosi, quando occorre, anche gravi responsabilità, porta l’uomo ad assomigliare a quel suo Gesù, alla verità crocifissa per amore.

Si può affermare che sia stata questa l’ultima grande catechesi che ci ha lasciato in eredità.

Ratzinger è stato il primo pontefice a rinunciare al soglio pontificio in età moderna: l’ultimo era stato Gregorio XII, nel 1415, 598 anni prima, e l’ottavo papa nella storia dopo Clemente I, non si hanno certezze, Ponziano, Silverio, Benedetto IX, Gregorio VI, Celestino V e Gregorio XII. Rispetto a questi suoi predecessori, fu anche l’unico ad adottare, una volta dimissionario, il titolo di Papa emerito.

Resta nella storia anche la foto di un fulmine che colpisce la cupola di San Pietro nel giorno in cui il Santo Padre annunciava le dimissioni. Un’immagine simbolo che, come una veggente, ammoniva i fedeli degli ostacoli che sarebbero avvenuti successivamente.

A dare la notizia in anteprima mondiale fu la giornalista dell’ANSA Giovanna Chirri che seguiva, dalla sala stampa vaticana, il concistoro per alcune canonizzazioni. Un appuntamento che pareva affogare nella consueta routine per i vaticanisti e che, invece, ha mutato il corso della storia.

Chirri chiese conferma al Direttore della Sala Stampa vaticana, il quale confermò. Che cosa accadde in seguito è cosa nota e se ne è parlato a lungo dopo la scomparsa del Papa emerito, rievocando quel gesto inusitato, rintracciando le interpretazioni e, soprattutto, soffermandosi sull’anomalia dei due Papi, resa ancor più singolare per l’imprevista lunga convivenza tra due personalità così differenti tra di loro nel contesto di un’Istituzione Chiesa molto dilaniata al suo interno.

Peraltro, il destino ha voluto che la sopravvivenza di Benedetto per un periodo più duraturo del suo Pontificato creasse qualche problema non previsto nel momento della rinuncia.

Sulle dimissioni di papa Benedetto XVI, quindi, si è teorizzato tanto.

Al mondo l’11 febbraio 2013 spiegò che era

pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino.

Settimane dopo la sua morte giunge la notizia di lettere che Joseph Ratzinger scrisse al suo biografo Peter Seewald nove settimane prima della morte, il 22 ottobre 2022.

Il motivo centrale di quelle dimissioni, si legge nella lettera, fu l’insonnia, che lo avrebbe accompagnato ininterrottamente dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia, nell’agosto 2005, il primo viaggio in qualità di Santo Padre.

Come ogni Papa, anche Benedetto XVI nei suoi anni di pontificato ha colto il segno, o meglio i segni, dei tempi in cui ha esercitato il suo magistero. La cosiddetta “dittatura del relativismo”, che riportò nella Messa che ha presieduto prima di entrare nel Conclave che poi lo avrebbe eletto, è uno di questi.

Egli ha condannato e criticato quella forma di relativismo intesa come intrusiva, a tratti frivola e presuntuosa, che non ha avuto l’umiltà di riconoscere una dottrina, un credo, un pensiero come concreto.

Il relativismo, in nome della libertà individuale, respinge, per principio, la verità. Attesta a modo suo che non esiste, o meglio che ognuno ha la sua. E tanto potrebbe bastare. È il principio dell’individualismo, appunto.

Egli contestava chi da relativista sosteneva, in sostanza, che una verità assoluta non esiste, oppure, anche se esiste, non è conoscibile o esprimibile o, in alternativa, lo è soltanto parzialmente, appunto, relativamente; chi accettava che gli individui potevano dunque ottenere solo conoscenze relative, in quanto ogni affermazione concerne particolari fattori e solo in riferimento ad essi è vera.

La verità per Ratzinger non era un randello con cui colpire chi a quella verità non crede, ma un orizzonte verso cui dirigersi.

La verità per lui era come la stella polare, così vicina eppure così lontana; mentre ti sembra di poterla toccare con un dito, in realtà è sempre oltre. Esiste, la devi sempre sperare e la puoi anche intravedere, ma ti chiede un cammino di ravvicinamento che non deve mai avere fine; impone un viaggio interiore che è condizione stessa del desiderio che ne abbiamo.

Con il suo pensiero forte, Ratzinger ha valorizzato la vera laicità. L’uomo non può ignorare i suoi bisogni esistenziali e spirituali: il pericolo è che la scienza e la tecnologia diventino una “nuova religione” senza rimedio spirituale.

Egli è stato un teologo che si è fatto araldo del principio di laicità della società civile e dello Stato contro le pretese religiose: quelle di religioni teocratiche, ma anche quelle, insidiose, degli “assoluti” della cultura scientifica e della prassi tecnologica, che tendono a dominare la vita sociale e politica.

Il pensiero teologico di Benedetto XVI nasceva dalla concezione secondo cui Dio parla ai suoi fedeli attraverso la Chiesa, non solo tramite la Bibbia.

Egli non è stato un impreparato cantore di una laicità candida, senza oscure ambiguità o degenerazioni, ma ha coerentemente denunciato la sua trasformazione a neutralità, che prevede l’estromissione della religione e dei suoi simboli dalla vita pubblica, mediante il loro confinamento nell’ambito del privato e della coscienza individuale, considerata come mera espressione di sentimenti, aspettative, visioni del mondo, timori irrazionali, consolazioni ideali e retaggi culturali del passato.

In altre parole, l’individuo non può rimettere nella scienza e nella tecnologia un’aspettativa talmente definitiva ed assoluta da credere che il progresso scientifico e tecnologico possa spiegare qualsiasi cosa e replicare completamente a tutti i suoi bisogni esistenziali e spirituali.

Il Papato oggi nasconde le sue insicurezze, implorando il consolidamento dell’azione pastorale: come disse Papa Francesco, i sacerdoti sono custodi del gregge e devono avere lo stesso odore delle pecore loro affidate. Anche se per molti, una Chiesa con poca attenzione alla dottrina rischia di non essere più pastorale ma solo più ignorante.

In fin dei conti, Benedetto XVI era il papa che riusciva a parlare e a farsi capire anche con il silenzio. Intendeva il cristianesimo come la sola opposizione al relativismo del nostro tempo, un tempo spiritualmente scampato di mano alla Chiesa.

Forse, la vera ragione delle sue dimissioni sta proprio nel non essere riuscito a restituire a questo nostro tempo il rigore del Vangelo.

Ogni cosa che nel mondo esiste proviene da un’unica e sola potenza che è Dio e qualsiasi elemento si rivela e vede la sua genesi grazie al potere della creazione e ogni cosa genera dalla Parola di Dio: questo ci ha sussurrato nel tempo Papa Benedetto.

Perché dove esiste una visione relativista estremizzata ci si allontana dalla verità oggettiva, poiché l’unica via perseguibile diventa l’appagamento dei propri desideri per nutrire il proprio Ego. Ci si allontana dall’anima e dalla verità intima.

Ne consegue un finale composto da un vuoto morale, eredità di quel relativismo che si trasforma in totalitarismo quando la tolleranza tanto decantata, diviene regime se ci si discosta dal pensiero comune.

E oggi la parola regime ci deve ancora tormentare e terrorizzare. Ce l’ha indicato nelle sue parole, un uomo che ha difeso fortemente con la delicatezza di un saggio il nostro Occidente, la sua cultura, il suo ideale e la sua storia.

Credevano di poter trasformare le pietre in pane, ma hanno dato pietre al posto del pane. È in gioco il primato di Dio.
Papa Benedetto XVI

Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.

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