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Babbo Natale non esiste, ma quanto ci piacciono le fake news?

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Babbo Natale


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Mi spiace essere una cattiva persona, ma il titolo di questo articolo è purtroppo veritiero; so già che qualcuno adesso penserà che sia antipatico ma, prima o poi, doveva pur essere detto.
Babbo Natale ha origini molto antiche, con radici che si intrecciano tra figure storiche, tradizioni religiose e folklore.

Sembra derivi direttamente da San Nicola di Myra, un Vescovo del IV secolo noto per la sua generosità verso i poveri e i bambini e che viene celebrato il 6 dicembre in molte culture europee: il prototipo del moderno Babbo Natale.

In tal senso, il nome Santa Claus deriva dall’olandese Sinterklaas, abbreviazione di Sint Nicolaas, San Nicola. Gli immigrati olandesi portarono questa tradizione negli Stati Uniti nel XVII secolo.

Nella letteratura ‘A Visit from St. Nicholas’, noto anche come ‘Twas the Night Before Christmas’ del 1823, attribuito a Clement Clarke Moore, è uno dei primi testi a descrivere Santa Claus come un uomo allegro, che vola su una slitta trainata da renne e porta doni ai bambini la notte di Natale, mentre la rappresentazione di Babbo Natale come un uomo corpulento, barbuto e vestito di rosso è stata influenzata da artisti come Thomas Nast, illustratore americano del XIX secolo.

Nella versione originale fumava la pipa, accessorio che oggi sarebbe vietato dal politically correct.

Purtroppo, non esiste alcuna prova scientifica che un signore vestito di rosso voli su una slitta trainata da renne per distribuire regali ai bambini del mondo; eppure, l’idea persiste con forza, tramandata di generazione in generazione e, ahinoi, è la prova che le fake news non sono un fenomeno nuovo.

Ma questa è una fake a fin di bene, un mito che porta gioia, magia e, ovviamente, enormi benefici economici da quando, almeno dal 1931 la matita di artisti come Haddon Sundblom, lo ha reso il protagonista delle campagne pubblicitarie della Coca-Cola. Da allora, il mito è diventato un pilastro della cultura natalizia e del consumismo.

Perlomeno da allora, Babbo Natale non è solo una storia: è un’intera economia. Brand, aziende e settori interi si affidano a questa figura per vendere prodotti e servizi. Dai giocattoli ai film natalizi, dagli spot pubblicitari alle esperienze immersive nei villaggi di Babbo Natale, il mito genera miliardi di euro ogni anno.

Conclusione?

Il mito diventa manipolazione, e ci piace questo tipo di mito anche se, da oggi, riflettendo dopo queste mie parole, qualche convinto antiamericano, anti capitalista e anti multinazionali potrebbe rivedere le sue posizioni.

Se il caso di Babbo Natale ci fa sorridere, altre fake news possono avere conseguenze devastanti. Dall’infodemia durante la pandemia, alla disinformazione sui social media che influenza elezioni politiche, il problema delle bufale sta diventando una delle sfide più difficili da affrontare.

Eppure, il meccanismo psicologico è lo stesso: raccontare una storia che tocca emozioni profonde, come la paura, la speranza o l’indignazione.

Cosa possono fare le aziende per combattere questo fenomeno? Innanzitutto, assumere un ruolo attivo nella verifica delle informazioni e nella promozione della trasparenza.

Aziende come Facebook, Google e Twitter hanno introdotto strumenti per segnalare contenuti falsi, anche se, spesso, si tratta di iniziative insufficienti o tardive.

Le imprese hanno però una responsabilità che va oltre: devono educare i loro utenti e consumatori. Campagne di sensibilizzazione sulla verifica delle fonti, investimenti in partnership con fact-checker e il supporto a progetti educativi sono strategie fondamentali.

Un altro fronte è quello del marketing. Le aziende devono essere consapevoli del potere delle loro narrazioni. Creare campagne pubblicitarie che sfruttano false notizie, anche solo implicitamente, può minare la loro credibilità nel lungo termine. Invece, il marketing etico può diventare un potente alleato nella lotta contro la disinformazione.

Il caso di Babbo Natale ci insegna che alcune narrazioni false possono avere un impatto positivo, se usate per scopi nobili o simbolici. Tuttavia, nel mondo reale, la proliferazione di fake news ha conseguenze ben più gravi.

Le aziende, come attori chiave della comunicazione globale, hanno il dovere di bilanciare creatività e responsabilità, promuovendo una cultura dell’informazione autentica.

Forse non possiamo eliminare del tutto le fake news, ma possiamo certamente imparare a raccontare storie vere, che siano altrettanto potenti e coinvolgenti. Anche senza slitte volanti e renne magiche.

Autore Gianni Dell'Aiuto

Gianni Dell'Aiuto (Volterra, 1965), avvocato, giurista d'impresa specializzato nelle problematiche della rete. Di origine toscana, vive e lavora prevalentemente a Roma. Ha da sempre affiancato alla professione forense una proficua attività letteraria e di divulgazione. Ha dedicato due libri all'Homo Googlis, definizione da lui stesso creata, il protagonista della rivoluzione digitale, l'uomo con lo smartphone in mano.