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Aspettando Galatea

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Aspettando Galatea di Vincenzo Cacace


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Olio su tela, cm.100×80

Muti… silenti testimoni di pietra… spoglie, desolate vestigia… bagliori di rosa, gialli brillanti ed arancio, nel cielo di lapislazzuli e turchese… sagome d’isole all’Orizzonte ed in tutto questo… figure che si affacciano dal sipario dei nembi, dagli anfratti e dalle crepe delle mura antiche… e… vi si confonde il Tempo… il mio personale tempo, sospeso tra un’Aurora e un Tramonto… volato via… forse perduto… caduto in una “mestica” di animica materia cromatica che si fa carne… nel tocco lieve, gentile, che applico su quello scenario o “sipario” che, al tempo, è anche “sudario” per quelle forme d’anima… in “transustanziazione” di creature informi in quel “Limbo” eidetico, un “oltre-pensiero” che io sempre ho tentato di esplorare, sfidando il limite imposto dal telaio di un’opera dipinta… e… ora, aspettando risposta al mio cercare, il pigmento si fa materia plasmabile da deporre sull’epidermide fatta di lino, in una sorta di ritorno alla maestria antica del “roseo sfumare”…

Chiusa nella dorata ampolla è quell’ora… rubata… imprigionata dall’ambizione di rendere immortale ogni desiderio ed estasi d’Amore… ritornando ad un’Arte “smascherata”… emendata dallo svilimento della cronaca infame… dei giorni “rammendati” dal praticato “mestiere” della sopravvivenza, mentre… è “desio” di sempre… esistere e… persistere nella ricerca del Respiro Eterno… per potersi abbandonare sereni alla convivenza con la Bellezza…

Ma… intanto… io, col mio volitivo annaspare… testardo, insisto nel condannarlo a morte… quel Tempo inesorabile e tiranno che, a sua volta, persiste… nel tenere i suoi due figli gemelli, separati…”Kairos”, chiuso nelle sue interne stanze, e “Kronos”, assetato a bere la linfa dei nostri giorni già esangui… mandato sulla Terra ad infliggere a noi esseri umani quel “limite” che, da epoche remote, abbiamo imparato a scandire con clessidre, meridiane, orologi ed ora più che mai… con “timer” digitali… sorta di copie sterili “clonate” in quella plastica… spesso utile… ma anche sintetica ed inquinante materia della nostra contemporaneità senza “anima”… orologio “oro-logos” di una solare dimensione… dove il tempo, la parola si orientano in quel principio assoluto…

Sveglia… pendola… orologio da taschino o da polso… pur nel suo meccanico ticchettio era per noi… l’unica cosa che rendeva il comune segnatempo più vicino al cuore dell’uomo… ed ora, mai e mai più, sentiremo in un dialogo tra innamorati quella poesia, colta da un grande attore nel rispondere ironico alla domanda dell’amata:

Totò come batte il tuo cuore!

e lui di rimando, togliendo l’orologio dal taschino del gilet:

… ma, no sciocchina… ascolta bene… è l’oriuolo!

Intanto, io continuo a frantumarli, quegli ibridi meccanismi a pila… che non resistono all’usura… fracassati dall’azione distratta del mio polso nel lavorativo fervore… orpelli estranei ed estranianti, che neanche richiedono la cura giornaliera del contatto umano… quelle semplici due dita opponibili e prensili sempre utilissime all’evoluzione umana che fanno ruotare la corona e ne ricaricano la molla… l’anima energo-dinamica e… poi, c’è il ticchettio… la parola ritmata del “danzante” bilanciere… dentro la “cassa” sormontata da una “cupola” di vetro… un micromondo ornato di rubini, perni, ganasce, rotelle dentate e strutture “lillipuziane”… miniaturizzate, metalliche, tornite e perfette… dove le ore del giorno e della notte hanno spazi di un esatto dodicesimo, misurato al minuto ed al secondo dalle lancette… “nobilitate” dal celestiale termine “sfere”… in un “quadrante”… perché esse… “nel girare in cerchio, alfin si quadrano”…

Ogni volta chiudo un “ciclo” e con esso il “periplo” mentale di ciò che l’Idea produce convivendo comunque con lo spreco… quel disavanzo di un tempo “orfano” perché privato della sua totalità e… quando essa… fiammella creativa della Psiche, ci abbandona… getto “questi” indegni compagni di viaggio… oggetti consumati rapidamente e… frantumati dell’oggi, nel cestino del rifiuto differenziale.

Guardo poi… quelle mie dita, private della funzione ricaricante la cronologia dei miei giorni… e mi rendo conto che sono le stesse a stringere il pennello e a riscattare l’altro decorrere… quello dal respiro più ampio… e forse animicamente più… infinito, del mio tempo interiore… quindi, come trasportato da un vento sidereo, mi ritrovo a ricordarmi, in geografie diversificate, sulla mia terrazza… ma che in un tempo lontano era una compensazione al… cortile della mia infanzia… e poi fu il sottotetto della mia adolescenza… e, infine, mi rivedo nel portico dei miei inizi d’artista dove “giocavo” bimbo anch’io con i miei figli… ed ora in quest’ultimo spazio… che si trasforma in “Aeropago”… dal quale vedo decollare nei miei dipinti, leggeri e alati, i miei più introspettivi pensieri… li coltivo ed aspetto come un paziente “colono” che diserba e cura il suo “orto”.

… aspetto rimestando colori, diluenti e agglutinanti nella mia tavolozza… aspetto ogni giorno e ogni sera… quando dipingo… il pennello è una “protesi” viva, essenziale… un prolungamento delle mie dita “immerse” per comando arcano della mente, nell’immenso mare del Tempo e… della Memoria… aspetto… che il “protoplasma”… la “grisaglia” preparata per raffigurare la mia concezione della Bellezza prenda “colore”… e Vita!

Come un rinato e mitico “Pigmalione” lo scultore dell’isola di Cipro… l’artista del Mito… esaudito da Afrodite… la cerco… quell’idea da render viva, ma non togliendo meramente il “superfluo” per innamorarmi poi di una beltà liberata dalle scorie della materia… una sostanza sì pura, ma che, purtroppo, nel venire alla vita… ritornerebbe nel mondo da quelle stesse scorie impure… invaso…

Non amo il giro dell’Orto Concluso!

Io… la cerco, sì… la mia “Galatea”… ma, in quella bellezza viva che ho già incontrato nella vita… intravedendola, non attraverso un canone della mente, ma con la libertà sincera delle emozioni, innamorandomi ogni volta di più e… scoprendola laddove essa ritrosa si nasconde, “inseguendola” ancora dietro ogni “angolo” del labirinto delle abitudini… luoghi incredibili e impervi, dove ancora essa si cela… dietro quel fuggire sempre impietoso della giovinezza… e in quel suo quotidiano ed umile affaccendarsi per essere pietra solida di costruzioni esistenziali e d’inaspettate armonie!

E… il mio pensiero la rincorre per rassicurarla… dicendole che Lei è l’Ideale modellato con i brandelli della nostra vita che voglio consegnare al rimanente Futuro… fissandolo come “caposaldo” nella memoria…

Certo… un piccolo contributo lanciato come un “messaggio in bottiglia” nelle cosmiche maree… un infinitesimo, sperduto atto di presenza, ma non una richiesta ad essere reintegrato in un sistema, in una forma… preferisco identificarmi in una libera allotropia ribollente e creativa… il mio sentimento, così come l’ho amorevolmente ma anche criticamente curato… è già molecola nel pulviscolo formante… della continua rinascita… ed è per diritto di quell’Umanità animata dalla scintilla del Divino… nella Memoria infinita dell’Universo…

Non mi sono affatto perso o naufragato ad “Ogigia” l’isola di Calipso… nella bellezza “rinchiusa” e “solipsistica” del Sé… perché la mia tela lo dice… essa mi rispecchia… ed il Bello rivelatosi del Noi è per me così vivo, inestinguibile, caldo… tenero… ed è… ora un “lume” immenso che rischiara il mio umano peregrinare…

Autore Vincenzo Cacace

Vincenzo Cacace, diplomato all'Istituto d'Arte di Torre del Greco (NA) e all'Accademia di Belle Arti di Napoli, è stato allievo di Bresciani, Brancaccio, Barisani, ricevendo giudizi positivi ed apprezzamenti anche dal Maestro Aligi Sassu. Partecipa alla vita artistica italiana dal 1964, esponendo in innumerevoli mostre e collettive in Italia e all'estero, insieme a Giorgio de Chirico, Renato Guttuso, Ugo Attardi, e vincendo numerosi premi nazionali ed internazionali. Da segnalare esposizioni di libellule LTD San Matteo - California (USA), cinquanta artisti Surrealisti e Visionari, Anges Exquis - Etre Ange Etrange - Surrealism magic realist in Francia, Germania e Italia.