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Apuane, accordo ARPAT – UniFirenze per studio inquinamento da marmettola

marmettola


Al via il progetto speciale finanziato con 500mila euro dalla Regione: tecnologie di avanguardia per individuare le zone di provenienza e i percorsi sotterranei

Riceviamo e pubblichiamo da Agenzia Toscana Notizie.

Con l’obiettivo di assicurare il costante rafforzamento delle attività di salvaguardia del distretto apuo-versiliese rispetto all’impatto derivante dall’attività estrattiva, la Regione Toscana ha affidato ad ARPAT un nuovo progetto speciale cave per individuare le zone di provenienza della marmettola – le polveri di marmo prodotte dalle attività estrattive – e comprenderne i percorsi sotterranei.

Al fine di strutturare questa attività e sulla scorta di un accordo di ricerca congiunto, stipulato tra ARPAT e il Dipartimento di Scienze della Terra, DST, dell’Università degli Studi di Firenze, è stata individuata una figura di ricercatore per indagini sul campo e in laboratorio, con l’obiettivo di definire le modalità con cui la marmettola si trasmette nel sottosuolo sino ad impattare gli acquiferi e le sorgenti carsiche.

La ricerca dovrà misurarsi con l’estrema complessità di un acquifero carsico come quello apuano.

L’impiego di tecnologie di avanguardia come, ad esempio, analisi micromorfologiche e microchimiche con microscopio elettronico e l’analisi isotopica della marmettola e delle diverse tipologie di marmo apuano, potrà consentire di individuare le zone di provenienza delle polveri che intorbidano ad ogni piena le sorgenti carsiche apuane.

Grazie alla mappatura delle situazioni accertate di inquinamento da marmettola nelle grotte e nei sistemi carsici delle Alpi Apuane ed all’impiego di test, da parte del gruppo di ricerca del DTS coordinato da Leonardo Piccini sarà possibile comprenderne anche i potenziali percorsi sotterranei nelle acque sotterranee.

Monia Monni, Assessore regionale ad ambiente, economia circolare, difesa del suolo e protezione civile, ha dichiarato:

Esprimo grande soddisfazione per l’avvio di un progetto di ricerca importante che ho fortemente voluto per aumentare il grado di conoscenza tecnico-scientifica su un sistema carsico estremamente complesso come quello delle Alpi Apuane.

Per questo desidero ringraziare sentitamente ARPAT e l’Università di Firenze. Questa ricerca sarà determinante anche per supportare la seconda parte del nuovo progetto speciale sulle cave voluto e finanziato da Regione Toscana che prevede risorse regionali pari a 500mila euro nel triennio 24/26 a favore di ARPAT con l’obiettivo di aumentare da subito le attività di controllo in campo.

Il Direttore di ARPAT, Pietro Rubellini, ha precisato:

Compito scientifico dell’Agenzia è quello di indagare sulle reali cause di questi effetti –  anche al fine di dare giusto riconoscimento a quelle aziende che si sono impegnate e si impegnano a rispettare le prescrizioni sulle attività estrattive.

I risultati della ricerca consentiranno di effettuare controlli mirati, già in atto da parte di ARPAT in collaborazione con le Forze dell’ordine, finalizzati alla verifica dei sistemi di contenimento, trattamento e smaltimento della marmettola in cantiere.

Le attività estrattive rappresentano una delle più importanti attività economiche del distretto apuo-versiliese e sono autorizzate con prescrizioni da parte di ARPAT, coerentemente con la legge regionale toscana 35/2015, specificamente finalizzate al contenimento dell’inquinamento derivante da marmettola.

Infatti, uno dei problemi relativi ai residui del taglio del marmo in cava riguarda il trasporto dei residui stessi da parte delle acque d’infiltrazione negli acquiferi profondi fino alle sorgenti, che vengono utilizzate a fini acquedottistici.

Questi residui sono costituiti quasi esclusivamente da carbonato di calcio che trasportato in sospensione può provocare criticità di distribuzione acquedottistica ai fini della potabilità delle acque.

Ogni attività imprenditoriale estrattiva deve rispettare alcune prescrizioni, tra cui l’obbligo di contenere e raccogliere la marmettola che produce durante l’attività in cava, e adottare anche processi produttivi per impedire che la stessa si infiltri nelle fratture carsiche eventualmente incontrate, entrando in contatto con le falde acquifere.

Tuttavia, in questi anni ARPAT, nelle attività di controllo, ha riscontrato significative quantità di marmettola nell’acquifero carsico apuano.

Il fenomeno di inquinamento da marmettola potrebbe, in parte, essere riconducibile anche alla rimobilizzazione di vecchi accumuli a causa degli effetti del cambiamento climatico, cui sono imputabili eventi estremi caratterizzati da piogge localizzate intense e di breve durata.

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