Il supermercato è uno spaccato caleidoscopico della vita stessa…
Anche i Liberi Muratori, come tutti gli esseri umani, vanno al supermercato. E mentre sfilano dallo scaffale una bottiglia, un’insalata in busta, da allenati conoscitori di simboli quali sono, o dovrebbero essere, mentre vivono la propria esperienza d’acquisto riflettono sui nuovi riti del presente. O se preferite… del Kali Yuga.
Quali sono oggi gli spazi fisici d’aggregazione?
Le piazze, le Agorà, le Chiese?
La visione neoplatonica della città ideale è svanita. Ha preso il suo posto un sogno capovolto: il Super-Iper-Maxi Mercato: un non-luogo zeppo di attrazioni, di scaffali, di sollecitazioni al consumo. Una cornucopia del Nulla che ci bombarda di messaggi, di effetti, di musica e colori stimoli effondendo l’abbondanza quotidiana di articoli e di offerte speciali. Un ‘pieno’ quantitativo che non riempirà mai il vuoto di sensazioni, di emozioni e di pensiero.
Eccolo il nuovo santuario sconsacrato dove ci si aggira a un po’ inebetiti in cerca di un senso impossibile, di un po’ di socialità, di una pausa ansiolitica all’inquietudine. Qui l’archetipo della Grande Madre è sostituito da una blasfema parodia: la Vergine del Discount. Il cui più profondo e innominabile segreto è legato alle strategie di marketing. Al centro del culto, il mistero trinitario del ‘2 x 3’.
Non c’è soluzione di continuità tra la vita e il supermercato. Anzi, il supermercato è uno spaccato caleidoscopico della vita moderna. L’aveva capito negli anni il grande Brian Eno che negli anni 70 teorizzò e mise in pratica l’idea di una musica d’ambiente, una sorta di pittura o ‘tappezzeria musicale’ che fungesse da colonna minimalista degli ambienti di passaggio e di aggregazione.
Negli stessi anni Lucio Battisti, in Italia, incide ‘Supermarket’, un brano serrato di sola chitarra, eseguito da Lucio con l’accompagnamento percussivo delle sue scarpe che battono a ritmo contro un pezzo di legno.
Le parole descrivono una situazione di ‘non amore’ con una commessa del supermercato:
Supermarket giovedì tu lavori lì
direttore tu lo sai dimmi dove è lei
non c’è non c’è
ammalata forse è
comunque qui non c’è
Comprerò le banane, le banane comprerò
ma però
dove è andata stamattina non lo so
Scatolette colorate
carni rosa congelate
c’è di tutto intorno a me
ma lei non c’è, no.
Tutt’altra situazione quella che canta qualche anno dopo, nel 1978, con la stupenda ‘Perché no’. Una canzone che celebra la bellezza delle piccole cose. Ambientata lungo abbondanti versi, appunto in un Supermercato.
In un grande magazzino una volta al mese
Spingere un carrello pieno sotto braccio a te
e parlar di surgelati rincarati
far la coda mentre sento che ti appoggi a me…
Un amore semplice, autentico, che si esprime nella quotidianità dei gesti e delle parole.
Bruce Springsteen nel 2009 con ‘Queen Of The Supermarket’, nel raccontare un amore nato con una cassiera di un supermercato, ci mette più vigore ma non meno poesia.
I’m in love with the Queen of the Supermarket
As the evening sky turns blue
A dream awaits in aisle number two…
I’m in love with the Queen of the Supermarket
Though her company cap covers her hair
Nothing can hide the beauty waiting there
The beauty waiting there/
Sono innamorato della Regina del Supermercato
Mentre il cielo serale diventa blu
Un sogno aspetta nel corridoio numero due
Sono innamorato della Regina del Supermercato
Anche se il suo cappello aziendale le copre i capelli
Niente può nascondere la bellezza che è là in attesa
Nemmeno la poesia e la letteratura sono sfuggite alla forza ambivalente ed evocativa dello scaffale.
Ecco uno straordinario esempio del poeta poeta cileno Óscar Hahn:
Società dei consumi
Camminiamo mano nella mano nel supermercato
tra le file di cereali e detersivi
Procediamo di scaffale in scaffale
fino a raggiungere i barattoli di conserva
Esaminiamo il nuovo prodotto
pubblicizzato dalla televisione
E all’improvviso ci guardiamo negli occhi
e sprofondiamo l’uno nell’altra
e ci consumiamo
Il supermarket era grande e intricato come un labirinto: ci si poteva girare ore ed ore…
Come non citare infine Calvino e il suo ‘Marcovaldo al supermarket’. Un racconto fiabesco, ironico e surreale dove il protagonista si aggira nel labirinto di un supermarket e non potendosi permettere di acquistare nulla, si accontenta solo di riempire il proprio carrello per poi restituire la merce prima della chiusura, svuotandola tra le fauci di una gru.
Il supermarket era grande e intricato come un labirinto: ci si poteva girare ore ed ore. Con tante provviste a disposizione, Marcovaldo e familiari avrebbero potuto passarci l’intero inverno senza uscire. Ma gli altoparlanti già avevano interrotto la loro musichetta, e dicevano: – Attenzione! Tra un quarto d’ora il supermarket chiude! Siete pregati d’affrettarvi alla cassa! Era tempo di disfarsi del carico: ora o mai più.
Al richiamo dell’altoparlante la folla dei clienti era presa da una furia frenetica, come se si trattasse degli ultimi minuti dell’ultimo supermarket in tutto il mondo, una furia non si capiva se di prendere tutto quel che c’era o di lasciarlo lì, insomma uno spingi spingi attorno ai banchi, e Marcovaldo con Domitilla e i figli ne approfittavano per rimettere la mercanzia sui banchi o per farla scivolare nei carrelli d’altre persone. Le restituzioni avvenivano un po’ a casaccio: la carta moschicida sul banco del prosciutto, un cavolo cappuccio tra le torte. Una signora, non s’accorsero che invece del carrello spingeva una carrozzella con un neonato: ci rincalzarono un fiasco di barbera.
Autore Hermes
Sono un iniziato qualsiasi. Orgogliosamente collocato alla base della Piramide. Ogni tanto mi alzo verso il vertice per sgranchirmi le gambe. E mi vengono in mente delle riflessioni, delle meditazioni, dei pensieri che poi fermo sul foglio.