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Alle origini di Halloween

Samhain


Dal capodanno celtico alla festa delle zucche, nel segno di morte e rinascita

Siamo ormai alle porte di Halloween, una ricorrenza che nell’immaginario collettivo è legata alla cultura statunitense. Questo corrisponde al vero solo in parte. L’origine di questa festa è molto antica e riguarda molto più l’Europa che gli USA.

Dobbiamo infatti tornare indietro di millenni, probabilmente al VI secolo a.C., e spostarci in Irlanda, dove, proprio tra il 31 ottobre e il primo novembre si festeggiava Samhain, il capodanno celtico, momento che era considerato come non appartenente né al vecchio né al nuovo anno, tanto da farlo definire il “non giorno”.

Si trattava, dunque, di una simbologia sensibilmente differente da quella odierna, che ne conserva davvero pochi tratti, escludendo completamente quella che era la profonda spiritualità originaria. L’anno gaelico terminava con l’ultimo raccolto, con l’inverno ormai alle porte, ed era permeato da una visione fortemente ciclica del tempo, legata alle stagioni, alle fasi lunari, alla semina e alla mietitura.

Ciclicità, dunque, che si ricollega fortemente alla concezione di morte e rinascita della natura e, inevitabilmente, ai culti solari che caratterizzano tutte le culture sin dalla notte dei tempi, oltre ad essere comuni a tante ritualità iniziatiche.

Non a caso, le varie religioni, a partire dalla Mesopotamia, collocano la nascita della divinità il 24 dicembre, in concomitanza con il solstizio d’inverno, la notte più lunga dell’anno, quando il sole è al suo punto di Zenith più basso, che mantiene anche se in modo approssimativo per tre giorni, dopo dei quali comincia visibilmente a risalire.
Tre giorni appunto, quelli che passano dal 21 al 24 dicembre, o tra la crocifissione e resurrezione del Messia.

La nascita di Marduk, Tammuz, Mitra, Horus, dello stesso Cristo, coincidono proprio con il momento di simbolica rinascita del sole.

Ma testimonianze ancora più antiche di riti solari sono lo Stonehenge, i Dolmen e i Menhir, spesso perfettamente orientati rispetto a solstizi ed equinozi.

Tornando a Samhain, dunque, questo giorno era considerato, nella cultura celtica, come una sospensione del tempo in cui la dimensione dei viventi e quella dei defunti potevano entrare in contatto. Era la festa, come dicevamo, dell’ultimo raccolto, quella che, però, attraverso i falò, serviva anche a crearsi la protezione per l’inverno che era alle porte.

I culti pagani legati al sole furono poi mutuati anche dalla chiesa. In fondo possiamo considerare il capodanno celtico come un Natale pre-cristiano. Anche Pasqua, legata ancora oggi alle fasi lunari, si inquadra in un contesto di sincretismo religioso molto forte nel periodo paleocristiano. La stessa croce, simbolo antichissimo, fa riferimento alle stagioni, con i due bracci uguali che rappresentano gli equinozi, con gli altri due che invece segnano i solstizi.

Solo più tardi, quando le diverse carestie portarono gli irlandesi ad emigrare negli Stati Uniti, questa tradizione approda oltre oceano, dove viene elaborata, modificata fino a perdere, almeno apparentemente, qualsiasi contatto con i significati originari, diventando la festa consumistica e frivola che conosciamo.

La cinematografia e la serialità USA hanno poi riportato anche in Europa, dove era nata con tutt’altra funzione culturale, questa ricorrenza, sotto le nuove vesti dei festeggiamenti di Halloween.

Ma una delle cose più interessanti è il notare come questa tradizione che oggi ci sembra aliena, abbia, anche nelle nostre zone, delle sopravvivenze molto più legate alle origini che alla rielaborazione odierna.

Per chi, come me, proviene da una provincia rurale, i contatti con il capodanno celtico non sembrano tanto lontani. Sostanzialmente tutte le culture contadine segnano i momenti di festa e di spiritualità facendoli coincidere con i cicli dell’agricoltura. Il dibattito antropologico tra origine autonoma o somiglianza per diffusione forse non sarà mai risolto, ma le affinità sono comunque sorprendenti.

Dalle mie parti, come in tante altre parti del mondo, per la notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre si conserva la credenza che la separazione tra modo dei vivi e dei morti si annulli. I racconti delle lunghe sere d’inverno, anche qui accanto al fuoco, vuoi del camino, vuoi del braciere, fanno spesso riferimento a spettrali cortei di defunti che girano per le strade, o che verso l’alba si incamminano verso i cimiteri, dove tornare riposare per un altro anno.

Ancora, così come durante la notte di Samhain le popolazioni celtiche usavano lasciare fuori dalle porte cibo e latte per ingraziarsi gli spiriti, da noi, almeno fino a poco fa, era viva la tradizione lasciare la tavola apparecchiata, imbandita con le pietanze preferite dei propri cari defunti, con vino e liquori, nella convinzione che in quella notte sarebbero tornati. Le persone pronte a giurare di aver trovato la mattina di Ognissanti piatti e bicchieri vuoti, soprattutto tra gli anziani, sono ancora oggi molte.

Probabilmente tra qualche decennio non ne serberemo nessun ricordo, viviamo tempi che dimenticano molto rapidamente, ma altrettanto probabilmente saranno elaborate nuove modalità di celebrazione del sole, che, con l’eterno ritorno delle stagioni, continuerà ad essere suggestiva metafora della vita.

Che possiate festeggiare Ognissanti o Halloween, che siate affascinati dallo Samhain celtico o infastiditi da zucche e maschere, buona rinascita a voi!

Autore Pietro Riccio

Pietro Riccio, esperto e docente di comunicazione, marketing ed informatica, giornalista pubblicista, scrittore. Direttore Responsabile del quotidiano online Ex Partibus, ha pubblicato l'opera di narrativa "Eternità diverse", editore Vittorio Pironti, e il saggio "L'infinita metafisica corrispondenza degli opposti", Prospero editore.

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